Dopo poche settimane, il telescopio spaziale Webb sta già rivoluzionando l’astronomia
Grazie a un intenso lavoro di analisi dei dati prodotti dal mega-telescopio, gli astronomi hanno già potuto fare entusiasmanti scoperte su galassie, stelle, esopianeti ma anche su oggetti celesti molto più vicini, come Giove
di Jonathan O’Callaghan/Quanta Magazine
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Non appena il presidente Joe Biden ha presentato la prima immagine del James Webb Space Telescope (JWST) l’11 luglio scorso, Massimo Pascale e il suo gruppo sono entrati in azione.
Coordinandosi su Slack [uno strumento per lo scambio istantaneo di messaggi scrittiusatosoprattutto in ambito aziendale, NdR.], Pascale, astrofisico dell’Università della California, Berkeley, e 14 collaboratori si sono divisi i compiti. L’immagine mostrava migliaia di galassie in una porzione di cielo grande come un puntino, alcune ingrandite perché la loro luce si fletteva intorno a un ammasso centrale di galassie. Il gruppo si è messo al lavoro per esaminare l’immagine, sperando di pubblicare il primo documento scientifico del JWST. “Abbiamo lavorato senza sosta”, ha detto Pascale. “Era come una escape room.”
Tre giorni dopo, pochi minuti prima della scadenza giornaliera su arxiv.org, il server dove gli scienziati possono caricare le prime versioni dei documenti, il gruppo ha presentato la sua ricerca. Hanno mancato il primato di rapidità per 13 secondi, “il che è stato piuttosto divertente”, ha commentato Pascale.
I vincitori, Guillaume Mahler dell’Università di Durham nel Regno Unito e colleghi, hanno analizzato la stessa prima immagine del JWST. “C’è stato il puro piacere di poter prendere questi dati straordinari e pubblicarli”, ha sottolineato Mahler. “Se possiamo farlo velocemente, perché dovremmo aspettare?”
La “sana competizione”, come la definisce Mahler, mette in evidenza l’enorme volume di dati scientifici che stanno già arrivando dal JWST, pochi giorni dopo che gli scienziati hanno iniziato a ricevere i dati dal mega-telescopio, atteso da tempo, che rileva i raggi infrarossi.
L’alba del tempo
Una delle tanto decantate capacità di JWST è quella di guardare indietro nel tempo fino all’universo primordiale e osservare alcune delle prime galassie e stelle. Il telescopio, lanciato il giorno di Natale del 2021 a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, ha già individuato la più lontana galassia conosciuta.
Due gruppi hanno trovato la galassia analizzando separatamente le osservazioni del JWST per l’indagine GLASS, uno degli oltre 200 programmi scientifici previsti per il primo anno di permanenza del telescopio nello spazio. Entrambi i gruppi, uno guidato da Rohan Naidu dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, in Massachusetts, e l’altro da Marco Castellano, dell’Osservatorio Astronomico di Roma, hanno identificato nei dati due galassie particolarmente remote: una così lontana che JWST rileva la luce emessa 400 milioni di anni dopo il big bang (a pari merito con la galassia più antica mai osservata dal telescopio spaziale Hubble), e l’altra, soprannominata GLASS-z13, vista come appariva 300 milioni di anni dopo il big bang. “Sarebbe la galassia più distante mai trovata”, ha sottolineato Castellano.
Entrambe le galassie sembrano estremamente piccole, forse 100 volte più piccole della Via Lattea, eppure mostrano tassi sorprendenti di formazione stellare e contengono già un miliardo di volte la massa del Sole, cioè più di quanto ci si aspetti per galassie così giovani. Una delle giovani galassie mostra persino tracce di una struttura a disco. Saranno effettuati ulteriori studi per scomporre la loro luce e ricavarne le caratteristiche.
Anche un altro programma per l’universo primordiale ha rivelato “galassie incredibilmente distanti”, ha dichiarato Rebecca Larson, astronoma dell’Università del Texas a Austin e membro del programma Cosmic Evolution Early Release Science (CEERS). A poche settimane dall’inizio dell’indagine, il gruppo ha individuato una manciata di galassie risalenti ai primi 500 milioni di anni dell’universo, anche se Larson e i suoi colleghi non hanno ancora reso noti i risultati esatti. “È meglio di quanto immaginassi ed è solo l’inizio”, ha spiegato Larson.
Altre galassie primordiali si nascondono nell’immagine dell’ammasso di galassie presentato dal presidente Biden e studiato da Pascale e Mahler. Chiamato SMACS 0723, l’ammasso è così pesante da deflettere la luce degli oggetti più lontani, facendoli emergere. Pascale e Mahler hanno trovato fino a 16 galassie remote che sono state ingrandite nell’immagine; la loro età esatta non è ancora nota.
Il telescopio ha osservato da più vicino una galassia distante nell’immagine, una macchia di luce che risale a 700 milioni di anni dopo il big bang. Con il suo spettrografo, JWST ha rilevato elementi pesanti, in particolare l’ossigeno, nella galassia. Ora gli scienziati sperano che il telescopio trovi un’assenza di elementi pesanti in galassie ancora più antiche, a riprova del fatto che queste galassie contengono solo stelle di Popolazione III, le prime stelle ipotizzate nell’universo, che si pensa fossero mostruosamente enormi e composte interamente da idrogeno ed elio. (Solo quando queste stelle sono esplose hanno forgiato elementi più pesanti come l’ossigeno e li hanno riversati nel cosmo.)
“Stiamo cercando galassie in cui non si vedono elementi pesanti”, ha aggiunto Andy Bunker, astrofisico dell’Università di Oxford. “Potrebbe essere una ‘pistola fumante’ per la prima generazione di stelle formate da idrogeno ed elio primordiali. In teoria dovrebbero esistere. Dipende se sono abbastanza luminose.”
Struttura galattica
Per gli scienziati che cercano di capire la struttura delle galassie e come si formano le stelle al loro interno, JWST ha già fornito dati di grande impatto.
Un programma di osservazione, guidato da Janice Lee del NOIRLab della National Science Foundation, in Arizona, cerca i giovani siti di formazione stellare nelle galassie. Per conto del gruppo di Lee, JWST ha osservato una galassia distante 24 milioni di anni luce, chiamata NGC 7496, le cui giovani regioni di formazione stellare sono state finora avvolte nell’oscurità; gli strumenti di Hubble non erano in grado di penetrare la spessa polvere e il gas che circondano queste regioni. JWST, invece, è in grado di vedere la luce infrarossa che rimbalza sulla polvere, permettendo al telescopio di sondare i momenti in cui le stelle si sono accese e la fusione nucleare si è innescata nei loro nuclei. “La polvere si illumina davvero”, ha chiarito Lee.
L’aspetto più notevole è che NGC 7496 è una galassia normale, “non una galassia da poster”. Eppure, sotto l’occhio vigile di JWST, improvvisamente prende vita e rivela i canali in cui si stanno formando le stelle. “È semplicemente fenomenale”, ha dichiarato.
John Barentine, astronomo dell’azienda che si occupa di conservazione del cielo scuro Dark Sky Consulting, in Arizona, ha invece fatto una scoperta più serendipica in una delle prime immagini di JWST. L’immagine del telescopio della nebulosa Anello Meridionale, a 2500 anni luce dalla Terra, ha mostrato una notevole nitidezza. Di lato, è apparsa un’intrigante galassia vista di profilo (un punto di osservazione unico per studiare il rigonfiamento centrale della galassia), in precedenza erroneamente identificata come parte della nebulosa stessa.
“Abbiamo questa macchina incredibilmente sensibile che rivelerà in modo serendipico cose che non sapevamo nemmeno di cercare”, ha detto Barentine. “In quasi tutte le immagini scattate da Webb, vale la pena di curiosare sullo sfondo.”
Un occhio a stelle e pianeti
Nel mirino di JWST ci sono anche obiettivi più piccoli, compresi i pianeti del sistema solare. Giove è apparso in modo magnifico come parte del primo gruppo di immagini, catturate con un’esposizione di soli 75 secondi.
Gli astronomi sanno che l’atmosfera superiore di Giove è più calda di centinaia di gradi rispetto a quella inferiore, ma non sono sicuri del perché. Rilevando la luce infrarossa, JWST ha potuto veder brillare l’atmosfera superiore riscaldata; essa appare come un anello rosso intorno al pianeta. “Abbiamo questo strato a poche centinaia di chilometri sopra i ponti di nubi, che brilla perché è caldo”, ha spiegato Henrik Melin, planetologo dell’Università di Leicester. “Non l’abbiamo mai vista così su scala globale. È una cosa straordinaria da vedere.”
Il programma di Melin prevede di utilizzare JWST nelle prossime settimane per studiare la forza trainante di questo riscaldamento atmosferico.
Nell’immagine di Giove ottenuta dal JWST si nasconde la luna vulcanica Io che interagisce con l’aurora di Giove, creando una piccola protuberanza nell’aurora. L’immagine rivela “materiale proveniente da Io che scorre lungo le linee del campo magnetico”, ha affermato Melin. L’effetto è già stato osservato in passato, ma è stato facilmente individuato da JWST con uno sguardo appena accennato al pianeta.
JWST sta sondando anche i pianeti di altri sistemi stellari. Il telescopio ha già dato un’occhiata al famoso sistema TRAPPIST-1, una stella nana rossa con sette mondi di dimensioni terrestri (alcuni potenzialmente abitabili), anche se i dati sono ancora in fase di analisi. Sono state rilasciate le prime osservazioni di un pianeta meno ospitale, un “Giove caldo” chiamato WASP-96 b, in un’orbita stretta di 3,4 giorni intorno alla sua stella.
JWST ha trovato vapore acqueo nell’atmosfera del pianeta, confermando le prove della presenza di acqua riportate giorni prima da Chima McGruder dell’Harvard-Smithsonian Center e colleghi, che hanno utilizzato un telescopio a terra. Ma il JWST può andare oltre; osservando il rapporto tra carbonio e ossigeno di WASP-96 b, potrebbe essere in grado di risolvere un mistero che ci lascia perplessi su questi tipi di pianeti: come fanno a raggiungere orbite così strette intorno alle loro stelle? Una maggiore quantità di ossigeno suggerirebbe che il gigante gassoso si è formato inizialmente vicino alla stella, mentre un rapporto più alto di carbonio suggerirebbe che si è formato in regioni più ricche di carbonio e più lontane.
Nel frattempo, JWST potrebbe aver individuato una luce temporanea nel cielo – un evento di breve durata noto come transiente – un compito per cui inizialmente non era stato progettato. L’astronomo Mike Engesser e i colleghi dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland (il centro operativo di JWST), hanno notato un oggetto luminoso non evidente nelle immagini di Hubble della stessa regione. Secondo loro si tratta di una supernova, o di una stella che esplode, a circa tre miliardi di anni luce di distanza: una prova che il telescopio è in grado di individuare questi eventi.
Il JWST dovrebbe essere in grado di trovare anche supernove molto più distanti, il che gli consentirà di funzionare da sonda dell’universo primordiale. Potrebbe anche trovare stelle fatte a pezzi dai buchi neri supermassicci che risiedono al centro delle galassie, cosa che nessun telescopio precedente ha mai visto. “Per la prima volta saremo in grado di scrutare queste regioni molto profonde e oscure”, ha dichiarato Ori Fox, astronomo dello Space Telescope Science Institute che guida il gruppo che studia i transienti.
I transienti, come altri fenomeni astronomici, sono destinati a essere ridefiniti. Dopo decenni di progettazione e costruzione, il JWST è entrato in funzione. Il problema ora è tenere il passo con la costante raffica di dati scientifici che proviene da una macchina così complessa e al tempo stesso impeccabile da sfidare quasi la credenza che sia stata costruita da cervelli umani. “Sta funzionando, ed è pazzesco”, ha concluso Larson.