Ecco a voi una nuova visione della Via Lattea, e tanto altro!
La pubblicazione della terza raccolta di dati ottenuta dalla missione Gaia dell’Agenzia spaziale europea permette di costruire una vasta mappa tridimensionale dei dintorni del sistema solare a un livello di precisione e di dettaglio mai raggiunti, ed estende in maniera significativa la conoscenza della nostra galassia e delle galassie in generale
di Emiliano Ricci
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Lanciata dall’Agenzia spaziale europea (ESA) nel dicembre 2013, la missione Gaia ha come obiettivo principale la creazione di una mappa dettagliata della nostra galassia, in particolare del nostro vicinato stellare. Erede della prima missione astrometrica dell’ESA, Hipparcos – che operò per quattro anni (dall’agosto 1989 all’agosto 1993), portando alla determinazione di magnitudini, parallassi e moti propri stellari con una precisione senza precedenti – Gaia ha un programma ancora più ambizioso, che prevede non solo la raccolta di una quantità di dati molto maggiore di quelli catalogati da Hipparcos, ma di migliorarne in maniera significativa anche la precisione e completarli con i parametri fisici che caratterizzano ogni sorgente osservata.
Per ottenere queste informazioni, il satellite si avvale di due telescopi identici a grande campo, che puntano in due direzioni diverse, ai quali sono applicati tre strumenti di rilevazione e di analisi della luce raccolta. Il primo è uno strumento astrometrico dedicato alla misurazione delle posizioni delle stelle. Combinando le ripetute osservazioni di una stessa stella nell’arco della durata della missione (quasi 70 osservazioni per ciascuna sorgente, nel periodo 2014-2019), questo strumento permette di determinare la parallasse della stella e quindi la sua distanza, oltre al suo moto proprio, da cui si può dedurre la sua velocità tangenziale.
Il secondo strumento è un fotometro, che raccoglie la luce della singola sorgente e ne misura l’intensità in due colori (ottimizzato in due parti: “rossa” e “blu”), e che disperde la luce della singola sorgente e ne misura l’intensità in funzione della lunghezza d’onda, nell’ambito della luce visibile. Permette così di determinare alcune proprietà fisiche della sorgente, come la luminosità, l’eventuale variabilità, la temperatura superficiale, la massa e la composizione chimica. Infine, il terzo strumento è uno spettrometro di velocità radiale, che produce uno spettro ad alta risoluzione in una banda estremamente ristretta, utile per misurare lo spostamento Doppler delle righe spettrali e calcolare quindi la velocità di avvicinamento o di allontanamento della sorgente.
Già con la pubblicazione dei primi due cataloghi (nel 2016 e nel 2018) e con la versione preliminare del terzo (a dicembre 2020), la missione Gaia ha fatto più che intuire il proprio potenziale, in termini di capacità e di precisione, nella raccolta dei dati, ma la pubblicazione definitiva del terzo catalogo, la Gaia Data Release 3 (o DR3, per semplicità), oggi 13 giugno, è stata particolarmente attesa, perché non solo ha permesso di costruire una mappa completa 3D dei dintorni del nostro sistema solare a un livello di precisione e di dettaglio mai raggiunti finora, avendo osservato una grande quantità di asteroidi (quasi 160.000). Inoltre, grazie alle informazioni raccolte su un campione di 1,8 miliardi di stelle della Via Lattea, e di quasi cinque milioni di oggetti extragalattici (fra galassie e quasar) finiti all’interno del campo di vista, ha esteso in maniera significativa la conoscenza della nostra galassia e delle galassie in generale.
“Prima di Gaia, la conoscenza della nostra galassia era frammentaria, basata sulle osservazioni delle grandi survey fotometriche e spettroscopiche ottenute dai telescopi a terra”, spiega a “Le Scienze” Antonella Vallenari, astronoma all’INAF–Osservatorio astronomico di Padova e vice-coordinatrice del Consorzio di Gaia. “Pur essendo state molto importanti, queste surveyhanno campionato solo parte del cielo e non hanno determinato le distanze. Il precursore della missione Gaia è stato il satellite Hipparcos, che ha prodotto un catalogo di posizioni, parallassi e moti propri per circa 120.000 stelle. La missione Gaia si è sviluppata partendo proprio dal successo di Hipparcos.”
I dati pubblicati nel terzo catalogo promettono di rivoluzionare la nostra conoscenza della struttura e dell’evoluzione della Via Lattea, e in una certa misura anche dell’astrofisica stellare. “Le informazioni che ci fornisce Gaia ci consentono (e in parte ci hanno già consentito) di capire non solo come è fatta la nostra galassia, ma anche di ricostruire nei dettagli miliardi di anni di evoluzione passata e futura del nostro sistema stellare”, conferma Vallenari. “I dati di Gaia hanno già prodotto risultati estremamente significativi in molti campi della astrofisica. Per quanto riguarda la formazione e l’evoluzione delle stelle, per esempio, Gaia ha osservato stelle in fasi delle loro vite predette dai modelli stellari, ma mai osservate, permettendoci di verificare e migliorare la nostra conoscenza generale delle stelle.”
Grazie ai dati raccolti da Gaia, gli astronomi hanno anche ricostruito la storia di alcune stelle che inizialmente non facevano parte della Via Lattea, studiando in dettaglio anche alcune galassie satelliti, come la Grande e la Piccola Nube di Magellano. “Gaia in effetti ha permesso di identificare alcune delle stelle che ora sono parte della Via Lattea, ma che vengono in realtà da altre galassie nane inghiottite dalla nostra, derivando una sorta di albero genealogico della nostra galassia”, racconta Vallenari. “L’episodio più significativo è quello che ha visto la galassia Encelado cadere dentro la nostra. Questa fusione ha riempito l’alone di stelle e ha innescato la formazione stellare nel disco.”
Ma gli strumenti di Gaia non hanno “visto” solo stelle. Pur essendo stata progettata per lo studio della nostra galassia, infatti, la missione ha anche osservato e studiato molti corpi del sistema solare. “Gaia non ‘seleziona’ le sorgenti da studiare”, spiega a “Le Scienze” Paolo Tanga, astronomo all’Observatoire de la Côte d’Azur, a Nizza, in Francia, e responsabile per gli oggetti del sistema solare al Consorzio di Gaia: “Semplicemente raccoglie dati su tutte le sorgenti più brillanti della magnitudine 20,5 circa, che ‘appaiono come’ stelle. I criteri ‘di somiglianza’ sono il movimento (sufficientemente lento), e la dimensione (minore di un secondo d’arco di diametro apparente). In questa categoria rientrano quindi la maggior parte degli asteroidi, inclusi i near-earth asteroid (NEA) quando non passano troppo vicini alla Terra, i Troiani di Giove, i trans-nettuniani (TNO), e dei satelliti planetari. Sono esclusi ovviamente i pianeti maggiori. La selezione si fa automaticamente a bordo della sonda. Alla fine della missione Gaia avrà prodotto dati per, probabilmente, più di 300.000 asteroidi.”
Me esaminiamo quali sono gli obiettivi principali e gli aspetti innovativi della missione Gaia, relativamente allo studio del sistema solare. “Proprio l’assenza di una selezione a priori è una delle caratteristiche interessanti, perché evita di introdurre criteri basati su quello che già si conosce, e lascia più margine per le sorprese”, osserva Tanga. “Se si considerano l’incredibile precisione astrometrica, la capacità di produrre fotometria molto accurata, e la possibilità di fare spettroscopia nel visibile per una frazione importante di asteroidi, a cui si aggiungono l’omogeneità dei dati e il vantaggio di operare dallo spazio con strumenti molto stabili e ben calibrati, quella di Gaia può essere considerata la survey per eccellenza del sistema solare!”
Gli asteroidi sono apparsi per la prima volta nella DR2 (2018), ma con un campione circa dieci volte più piccolo che nella DR3. Si trattava quindi di un’anticipazione, che ha comunque permesso di dimostrare alcune potenziali applicazioni dell’astrometria e della fotometria di precisione sugli asteroidi (esclusa la spettroscopia, che appare per la prima volta nella DR3). Ora, con il rilascio completo del terzo catalogo, la raccolta di dati relativi agli asteroidi sembra arrivata a buon punto. “Per il sistema solare, con la DR3 siamo a circa il 50 per cento della potenzialità in termini di volume di dati, e vicini al prodotto finale in termini di precisione”, commenta Tanga. “Siamo quindi già nell’ordine di grandezza di quanto ci si aspettava dalla missione. Per la DR4 ci aspettiamo di arrivare quasi al numero finale di oggetti osservabili. L’allungamento dell’intervallo temporale coperto (fino a circa dieci anni, arrivando al 2025) sarà un’arma impressionante per migliorare gli aspetti di calcolo orbitale e dinamica di questi oggetti. Ma ci aspettiamo anche un aumento della precisione degli spettri con una migliore calibrazione, e i dati della DR3 mostrano che c’è un buon margine in tal senso.”
Il satellite si trova in un’orbita particolare, in prossimità del punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole (è uno dei cinque punti di equilibrio gravitazionale del sistema; in particolare L2 si trova allineato con i due corpi principali, dalla parte opposta del Sole rispetto alla Terra; è la stessa zona in cui si trova il James Webb Space Telescope), a 1,5 milioni di chilometri di distanza dalla Terra. Una delle chiavi di volta della precisione di misura di Gaia è la costanza della rotazione, che viene mantenuta apportando frequenti, piccole correzioni, che avvengono quasi in tempo reale, “reagendo” a ogni minima perturbazione indotta dai micrometeoriti. Ora, secondo i calcoli, si prevede che il combustibile a bordo del satellite, necessario per queste correzioni, arriverà ad esaurimento nel 2025.
“A quel punto le osservazioni non avranno più la necessaria precisione – commenta Vallenari – e questo segnerà la fine della missione. Avremo comunque raccolto circa dieci anni di dati. Il prossimo catalogo sarà reso disponibile non prima del 2025 e si baserà su cinque anni di dati. Il catalogo finale, che includerà dieci anni di dati, verrà pubblicato nel 2030.”
Ma intanto godiamoci quello che è arrivato con la pubblicazione della DR3, perché le novità sono davvero tantissime. “Sono stati resi pubblici dati migliorati sulle stelle”, spiega ancora Vallenari. “Da oggi avremo il catalogo di velocità radiali più grande mai prodotto, il catalogo più vasto di stelle binarie e di stelle variabili, le misurazioni più precise mai effettuate di un gran numero di orbite di asteroidi. È disponibile la raccolta di dati astrofisici stellari (luminosità, temperatura e massa) più vasta di sempre. Abbiamo il primo catalogo dallo spazio a cielo intero di quasar e di galassie. Sono disponibili anche gli spettri ad alta e bassa risoluzione.” Insomma, Gaia non ha ancora terminato la sua opera, ma la DR3 è già il catalogo di stelle, asteroidi e galassie più vasto e preciso di sempre. Da ora in avanti guarderemo le stelle della nostra galassia con occhio diverso.