Violati sistematicamente i limiti della qualità dell’aria: la Corte di giustizia Ue condanna l’Italia (VIDEO)

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Violati sistematicamente i limiti della qualità dell’aria: la Corte di giustizia Ue condanna l’Italia (VIDEO)

Asvis: il bacino padano tra le aree più a rischio sanitario in Europa per la cattiva qualità dell’aria
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Con la sentenza “Inadempimento di uno Stato – Ambiente – Direttiva 2008/50/CE – Qualità dell’aria ambiente – Articolo 13, paragrafo 1, e allegato XI – Superamento sistematico e continuato dei valori limite fissati per il biossido di azoto (NO2) in alcune zone ed in alcuni agglomerati italiani – Articolo 23, paragrafo 1 – Allegato XV – Periodo di superamento “il più breve possibile” – Misure appropriate”, la Corte di giustizia europea ha stabilito che «La Repubblica italiana, non avendo provveduto affinché non fosse superato, in modo sistematico e continuato, il valore limite annuale fissato per il biossido di azoto (NO2),  a partire dall’anno 2010 fino al 2018 incluso, nelle zone IT0118 (agglomerato di Torino); IT0306 (agglomerato di Milano); IT0307 (agglomerato di Bergamo); IT0308 (agglomerato di Brescia); IT0711 (Comune di Genova); IT0906 (agglomerato di Firenze) e IT1215 (agglomerato di Roma); a partire dall’anno 2010 fino al 2017 incluso, nella zona IT0309 (zona A – pianura ad elevata urbanizzazione); a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2018 incluso, nella zona IT1912 (agglomerato di Catania), nonché a partire dall’anno 2010 fino al 2012 e a partire dall’anno 2014 fino al 2017 incluso, nella zona IT1914 (zone industriali), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, e, non avendo adottato, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate per garantire il rispetto del valore limite annuale fissato per il NO2 in tutte le suddette zone e, in particolare, non avendo provveduto affinché i piani per la qualità dell’aria prevedessero misure appropriate affinché il periodo di superamento di detto valore limite fosse il più breve possibile, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva, letto da solo e in combinato disposto con l’allegato XV, punto A, di quest’ultima».

Secondo Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, la sentenza è «L’ennesima dimostrazione che l’Italia non è uscita dalla logica dell’emergenza e delle scuse e che il problema dell’inquinamento atmosferico è ancora lontano dall’essere risolto. Invece di prendere decisioni efficaci e strutturali per arginare il problema in maniera trasversale e integrata, il nostro Paese continua a perdere questa partita, sia in termini di vite umane che dal punto di vista economico. Secondo i dati della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) l’Italia è infatti il primo Paese in Europa per morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico, con circa 90mila decessi l’anno. Da un punto di vista economico, parliamo di diverse decine di miliardi all’anno (stimate tra i 47 e i 142 miliardi di euro/anno) tra spese sanitarie e giornate di lavoro perse. Infatti, le morti premature sono solo la punta dell’iceberg del problema sanitario connesso con l’inquinamento atmosferico. Una situazione che va presa di petto ora, per non incorrere in ulteriori procedure di infrazione nei nostri confronti, considerando che la futura direttiva europea sulla qualità dell’aria rivedrà a ribasso i limiti secondo le nuove indicazioni OMS. Una situazione paradossale, considerando il fatto che la fonte principale di inquinamento del biossido di azoto (NO2) è attribuibile alla combustione dei motori diesel, che invece vengono ancora incentivati con bonus milionari alle auto dal nostro Governo».

La sentenza arriva in contemporanea con la pubblicazione del position paper “La qualità dell’aria”, redatto dal sottogruppo “Qualità dell’aria” del Gruppo di lavoro dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile( Asvis) sul Goal 11 (Città e comunità sostenibili), che fornisce analisi e proposte sul tema dell’inquinamento atmosferico nel nostro Paese, uno dei principali fattori di rischio ambientale per la salute».

Secondo Asvis, «L’inquinamento dell’aria è un problema altrettanto grave quanto il cambiamento climatico, ma è molto meno sentito. Ed è questo l’ostacolo principale da abbattere» e «Nonostante la qualità dell’aria in Italia sia in generale miglioramento rispetto al passato, nel 2019 sono morte prematuramente a causa dell’inquinamento atmosferico circa 60mila persone, per una media approssimativa di 165 persone ogni giorno. Inoltre, sull’Italia gravano tre procedure di infrazione a causa del superamento dei limiti degli inquinanti atmosferici. Queste evidenze esprimono chiaramente che “l’inquinamento atmosferico è un problema che caratterizza in modo particolare le città italiane”, con alcune aree maggiormente critiche (hotspot), tra cui il bacino padano, la zona della Valle del Sacco nel Lazio e quella dell’agglomerato di Napoli e Caserta».

Il Position paper evidenzia che, «Secondo autorevoli studi scientifici, il bacino padano è individuato come l’area a maggiore rischio sanitario in Europa,insieme ad alcune regioni della Polonia e della Repubblica Ceca. È importante sottolineare che, sia in pianura padana che nel resto del Paese, l’inquinamento dell’aria è dovuto solo in parte alla mobilità. La qualità dell’aria che respiriamo dipende anche dai gas emessi dagli allevamenti di bestiame, dalla combustione di biomassa per uso agricolo o domestico e dalla qualità degli impianti di riscaldamento».
La sentenza della Corte di giustizia europea arriva nonostante il 4 giugno 2019, il Governo e le Regioni abbiano siglato il “Protocollo di Torino”, che ha istituito il Piano di azione per il miglioramento della qualità dell’aria, di recente prorogato fino al 2023. Ma l’Asvis fa notare che «Delle 17 azioni previste dal Protocollo per frenare l’inquinamento, considerate “urgenti già al momento della sua sottoscrizione”, solo quattro sono state attuate. Oltre ai temi della revisione dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e dell’informazione ai cittadini, le azioni incompiute riguardano principalmente tre questioni: l’abbattimento delle emissioni di ammoniaca, il disincentivo all’uso dei veicoli altamente inquinanti e la riduzione delle emissioni derivanti dallutilizzo di biomasse e gasolio per il riscaldamento civile».

Le procedure per contrastare l’inquinamento atmosferico non si fermano però al Protocollo: il position paper ricorda che «Con decreto n. 155 del 2010, recependo la direttiva europea 2008/50, l’Italia ha dato il via al monitoraggio degli inquinanti in tutte le città, a cui è poi seguita la redazione dei Piani regionali di tutela e risanamento della qualità dell’aria (Ptrqa)». Ma a distanza di più di 10 anni dalla sua creazione, il rapporto Mal’aria 2021 di Legambiente evidenziava 4 errori: il mancato stanziamento di fondi necessari all’attuazione dei Piani, l’assenza di un coordinamento regionale, l’esclusione dello Stato da ogni responsabilità e l’incertezza del principio di responsabilità. Il 23 dicembre 2021 è stato approvato il Programma nazionale per il controllo dell’inquinamento atmosferico(Pncia) che contiene misure di più ampio respiro e che in larga parte insistono sugli stessi temi del Protocollo di Torino.

Il position paper di Asvis evidenzia che «La mancanza di consapevolezza della cittadinanza è uno degli ostacoli all’adozione di politiche adeguate contro l’inquinamento dell’aria. Per questo è importante diffondere la coscienza del problema. Ma bisogna anche che la classe politica intraprenda percorsi necessari alla salvaguardia della qualità dell’aria, sebbene alcune scelte possano rivelarsi impopolari». Il Gruppo di lavoro dell’Asvis  avanza una serie di proposte concrete per far fronte alla situazione – suddivise in governance, politiche di ampio respiro e misure più operative e impellenti -, segnalando tre temi su cui intervenire con maggiore urgenza: «La limitazione della circolazione dei veicoli più inquinanti, con un riferimento particolare ai veicoli a diesel; l’adozione di incentivi per la copertura e lo stoccaggio dei liquami degli allevamenti zootecnici; la revisione degli incentivi per gli impianti di riscaldamento civili, per promuovere quelli a basso impatto e abolire quelli molto inquinanti».

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