I segreti delle ombre permanenti della Luna stanno per essere svelati
Alcuni robot sono sul punto di avventurarsi nelle profondità perennemente senza Sole dei crateri lunari per studiare l’antico ghiaccio d’acqua che vi è intrappolato. I risultati, insieme a quelli di studi a distanza, daranno indizi su come l’acqua arriva sui mondi rocciosi
di Jonathan O’Callaghan/QuantaMagazine
www.lescienze.it
Il 9 ottobre 2009, un razzo di due tonnellate si è schiantato sulla Luna viaggiando a 9000 chilometri all’ora. Mentre esplodeva in una pioggia di polvere e riscaldava la superficie lunare a centinaia di gradi, l’oscuro cratere in cui è precipitato, chiamato Cabeus, è stato brevemente inondato di luce per la prima volta in miliardi di anni.
L’incidente non è stato casuale. La missione Lunar Crater Observation and Sensing Satellite (LCROSS) della NASA aveva l’obiettivo di vedere che cosa sarebbe stato liberato dall’ombra lunare a causa dell’impatto. Un veicolo spaziale che seguiva il razzo ha volato attraverso il pennacchio di polvere per campionarlo, mentre il Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA osservava da lontano. I risultati dell’esperimento sono stati sorprendenti: gli scienziati hanno rilevato 155 chilogrammi di vapore acqueo mescolato al pennacchio di polvere. Per la prima volta avevano trovato acqua sulla Luna. “È stato un risultato definitivo”, ha dichiarato Anthony Colaprete dell’Ames Research Center della NASA, ricercatore principale di LCROSS.
Non è ovvio che la Luna abbia una riserva d’acqua. “È davvero strano se ci si pensa”, dice Mark Robinson, planetologo all’Arizona State University. La mancanza di atmosfera e le temperature estreme dovrebbero far evaporare quasi istantaneamente l’acqua. Tuttavia, circa 25 anni fa, i veicoli spaziali hanno iniziato a rilevare tracce di idrogeno intorno ai poli lunari, suggerendo che l’acqua potrebbe esservi intrappolata sotto forma di ghiaccio. LCROSS ha dimostrato questa teoria. Gli scienziati ora pensano che sulla Luna non ci sia solo un po’ di ghiaccio d’acqua: ce ne sono 6000 miliardi di chilogrammi.
La maggior parte di questo ghiaccio si trova in particolari zone ai poli lunari chiamate regioni permanentemente in ombra (permanently shadowed regions, o PSR). Si tratta di crateri come Cabeus in cui la luce del Sole non può arrivare, a causa della geometria dell’orbita lunare. “Sono immersi in un’oscurità permanente”, spiega Valentin Bickel, planetologo al Max-Planck-Institut per la ricerca sul sistema solare, in Germania.
Le PSR sono di immenso interesse per gli scienziati. Al loro interno, le temperature possono scendere sotto i -170 °C. “Alcune PSR sono più fredde della superficie di Plutone”, osserva Parvathy Prem, planetologo al Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, in Maryland. Ciò significa che nelle PSR il ghiaccio presente sulla superficie lunare o al di sotto di essa non è destinato a sciogliersi, al contrario potrebbe essere sopravvissuto lì per miliardi di anni. Lo studio della composizione chimica del ghiaccio dovrebbe rivelare come è stato trasportato sulla Luna, illuminando a sua volta l’origine dell’acqua sulla Terra o su qualsiasi altro mondo roccioso intorno a qualsiasi stella. Potrebbe anche essere una risorsa per le future attività umane sulla Luna.
Gli studi effettuati finora hanno fornito al massimo uno scorcio allettante. Ma le cose stanno per cambiare. L’anno prossimo, veicoli robotici entreranno per la prima volta nelle sconcertanti profondità ghiacciate delle PSR, rivelando l’aspetto dell’interno di questi crateri in ombra. Entro la fine del decennio, la NASA prevede di inviare esseri umani a esplorarle di persona.
Alla vigilia di questa nuova era di sbarchi sulla Luna, una serie di nuovi studi sulle PSR ha rivelato che queste regioni in ombra sono ancora più strane di quanto gli scienziati immaginassero. Che cosa troveremo in agguato nell’ombra?
“Non so cosa vedremo”, ha detto Robinson, lo scienziato capo della missione robotica del prossimo anno. “Questa è la cosa più bella.”
Acqua, acqua, ovunque
Le speculazioni sulle PSR risalgono al 1952, quando il chimico statunitense Harold Urey ipotizzò per la prima volta la loro esistenza sulla Luna. “Vicino ai suoi poli potrebbero esserci depressioni su cui il Sole non brilla mai”, scrisse. Egli osservò che, mentre la Terra orbita intorno al Sole con un’inclinazione del suo asse di rotazione di 23,5 gradi, la Luna orbita con un’inclinazione di appena 1,5 gradi. Ciò significa che i raggi solari colpiscono i suoi poli quasi orizzontalmente e che i bordi dei crateri polari impediscono alla luce di raggiungere direttamente le loro profondità. Tuttavia, Urey riteneva che il ghiaccio presente in questi luoghi privi di luce sarebbe andato “rapidamente perduto” a causa della mancanza di atmosfera sulla Luna.
Nel 1961, il geofisico Kenneth Watson del Lawrence Berkeley National Laboratory teorizzò che il ghiaccio potesse persistere all’interno delle PSR. Si sapeva che le temperature notturne sulla Luna scendevano a -150 °C; Watson e due colleghi sostennero che ciò significava che il ghiaccio sarebbe rimasto intrappolato nei luoghi più freddi, nonostante l’esposizione allo spazio. “Dovrebbero esserci ancora quantità rilevabili di ghiaccio nelle aree permanentemente in ombra della Luna”, hanno scritto.
Gli scienziati hanno discusso sulla possibilità di ghiaccio nelle PSR fino all’inizio degli anni novanta, quando gli strumenti radar hanno rilevato segni di ghiaccio ai poli di Mercurio, che si pensava avesse anche crateri permanentemente in ombra. Nel 1994, usando uno strumento radar sulla sonda Clementine della NASA, gli scienziati rilevarono un segnale potenziato sopra il Polo Sud della Luna, coerente con la presenza di ghiaccio d’acqua. La caccia era aperta.
Nel 1999, Jean-Luc Margot della Cornell University e colleghi hanno individuato PSR sulla Luna che potrebbero contenere ghiaccio. Hanno usato un’antenna radar nel deserto del Mojave in California per creare mappe topografiche dei poli lunari. “Abbiamo simulato la direzione della luce solare e usato le nostre mappe topografiche per identificare le regioni che erano permanentemente in ombra”, spiega Margot.
I ricercatori hanno individuato solo una manciata di PSR, ma gli studi successivi ne hanno identificati migliaia. Le più grandi misurano decine di chilometri all’interno di crateri giganti, come il cratere Shackleton al Polo Sud lunare, che è profondo il doppio del Grand Canyon. I più piccoli misurano solo pochi centimetri. Alla Lunar and Planetary Science Conference tenutasi a Houston in marzo, Caitlin Ahrens, planetologa al Goddard Space Flight Center della NASA, ha presentato una ricerca che suggerisce che alcune PSR possano crescere e ridursi leggermente con le fluttuazioni della temperatura lunare. “Si tratta di regioni fredde molto dinamiche”, ha dichiarato Ahrens in un’intervista. “Non sono stagnanti.”
Una nuova ricerca indica che alcuni crateri contengono anche regioni a doppia ombra, od “ombre all’interno di ombre”, dice Patrick O’Brien, specializzando all’Università dell’Arizona, che ha presentato le prove di questa idea a Houston. Sebbene le PSR non siano esposte alla luce diretta del Sole, la maggior parte riceve una luce riflessa che rimbalza sul bordo del cratere e che può sciogliere il ghiaccio. Le regioni a doppia ombra sono crateri secondari all’interno delle PSR che non ricevono luce riflessa. “Le temperature possono essere ancora più fredde delle ombre permanenti”, osserva O’Brien, e raggiungono i -250 °C.
Segreti ghiacciati
Le regioni a doppia ombra sono abbastanza fredde da congelare ghiacci più esotici, come l’anidride carbonica e l’azoto, se dovessero esistere. Secondo gli scienziati, la composizione chimica di questi e del ghiaccio d’acqua all’interno delle PSR potrebbe rivelare come l’acqua sia arrivata sulla Luna – e, cosa più importante, sulla Terra e sui mondi rocciosi in generale.
“L’acqua è essenziale per la vita come la conosciamo”, nota Margaret Landis, planetologa all’Università del Colorado a Boulder. La domanda è: “Quando e come si sono formate le condizioni favorevoli alla vita sulla Terra?”. Mentre il passato della Terra è stato stravolto dai processi geologici, la Luna è un museo della storia del sistema solare; si pensa che i suoi ghiacci siano rimasti per lo più intatti dal loro arrivo.
Ci sono tre teorie predominanti su come l’acqua sia arrivata sulla Luna. La prima è che sia arrivata grazie all’impatto con asteroidi o comete. In questo scenario, quando il sistema solare si è formato, le molecole d’acqua nel caldo sistema solare interno sono state vaporizzate e spazzate via dal vento solare; solo l’acqua nella gelida periferia ha potuto condensarsi e accumularsi in corpi ghiacciati. Questi corpi hanno poi bombardato il sistema solare interno, compresa la Luna, fornendo l’acqua. La seconda teoria è che le eruzioni vulcaniche avvenute sulla Luna nella sua mezza età rispetto all’attuale abbiano formato una sottile e temporanea atmosfera lunare che avrebbe favorito la formazione di ghiaccio ai poli. Oppure il vento solare potrebbe aver trasportato sulla Luna idrogeno che si è mescolato con l’ossigeno per formare il ghiaccio.
A febbraio, una nuova analisi del pennacchio di LCROSS pubblicata su “Nature Communications” ha indicato che il ghiaccio nel cratere Cabeus è molto probabilmente di origine cometaria. Analizzando la quantità di azoto, zolfo e carbonio congelati nel ghiaccio insieme all’acqua, Kathleen Mandt del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory e i suoi colleghi hanno scoperto che “la spiegazione migliore è quella delle comete”, dice Mandt. “Il rapporto azoto-carbonio era ben al di là di quanto fosse ragionevole per i vulcani.”
Se il ghiaccio della Luna è stato fornito esclusivamente dalle comete, lo stesso potrebbe essere stato per la Terra. Ciò potrebbe significare che i mondi rocciosi devono subire questi impatti per accumulare l’acqua necessaria al prosperare della vita. Tuttavia, Landis afferma che è troppo presto per dire se la ricerca di Mandt sia valida per tutto il ghiaccio lunare. “La comunità ha bisogno di più tempo per digerirla”, dice.
Se si scoprisse che alcuni ghiacci lunari sono di origine vulcanica, questo suggerirebbe che i mondi hanno una capacità innata di generare acqua dal loro interno invece di doversi affidare agli impatti. “Potrebbe darsi che non tutti i sistemi solari abbiano molte comete o asteroidi – aggiunge Landis – ma i sistemi solari che formano pianeti rocciosi potrebbero avere questa capacità di avere eruzioni [vulcaniche]che accumulano acqua.”
Oltre a cercare ghiaccio esotico nelle PSR, gli scienziati vogliono anche misurare la percentuale di deuterio, un isotopo più pesante dell’idrogeno. Una quantità consistente di deuterio è più coerente con quella che si trova nelle comete (anche se i tassi variano), mentre una quantità minore farebbe pensare al vento solare. Un’origine vulcanica si collocherebbe a metà strada. Anche altri elementi daranno informazioni; per esempio, il ghiaccio proveniente dai vulcani dovrebbe contenere abbondante zolfo estratto dall’interno della Luna, osserva Paul Hayne, planetologo all’Università del Colorado a Boulder.
Nell’abisso
Nessuna precedente incursione sulla Luna si è avventurata nelle sue ombre permanenti; gli atterraggi dell’Apollo sono avvenuti vicino all’equatore lunare in un periodo in cui la conoscenza delle PSR era agli albori. Nel 2019, il lander e il rover cinese Chang’e-4 sono atterrati al Polo Sud, ma non hanno avuto come obiettivo le PSR.
Nel 2017, tuttavia, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato una direttiva per la NASA per riportare gli esseri umani sulla Luna, un’iniziativa successivamente denominata Artemis. In vista dei primi allunaggi di Artemis con equipaggio a metà degli anni venti di questo secolo, che potrebbero includere le prime sortite nei crateri lunari permanentemente in ombra, la NASA sta pagando aziende commerciali per condurre l’esplorazione robotica iniziale.
Intuitive Machines, con sede a Houston, sarà la prima di queste aziende a esplorare una PSR, anche se per poco tempo. Il loro lander Nova-C, il cui lancio è previsto per la fine di quest’anno con un razzo di SpaceX, atterrerà su una cresta vicino al cratere Shackleton, un possibile obiettivo per una successiva esplorazione umana.
Il lander dispiegherà poi un veicolo delle dimensioni di una valigia chiamato Micro-Nova Hopper. Intuitive Machines ha rivelato i dettagli dell’escursione alla Lunar and Planetary Science Conference: Hopper userà propulsori per saltare sulla superficie lunare, fino a centinaia di metri alla volta; in tre salti raggiungerà il bordo del cratere Marston, largo 100 metri, che include una PSR. Poi Hopper si lancerà sopra Marston e scenderà nelle sue profondità nere come la pece.
Il lander è dotato di telecamere e luci, ma non è chiaro che cosa vedrà. È possibile che vi siano lastre di ghiaccio sulla superficie, dice Robinson, lead scientist della missione, ma è più probabile che le luci del veicolo riflettano cristalli di ghiaccio mescolati al suolo lunare. Oppure, se il ghiaccio sulla superficie è minimo, potrebbe non apparire affatto nelle immagini. In ogni caso, la vista sarà storica.
L’immersione dell’Hopper in Marston non durerà più di 45 minuti e il ritorno scientifico sarà limitato: l’obiettivo principale è semplicemente dimostrare che l’approccio del salto funziona. Ma non dovremo aspettare molto per un’immersione più approfondita nell’abisso lunare.
Perforazione
Quest’estate, il lancio inaugurale del nuovo razzo Space Launch System della NASA (che spingerà le missioni Artemis verso la Luna) trasporterà diversi piccoli veicoli spaziali che studieranno le PSR dall’orbita lunare. Un orbiter coreano che verrà lanciato in agosto, invece, trasporterà ShadowCam, uno strumento della NASA appositamente progettato per ottenere immagini delle PSR.
Il momento decisivo nell’esplorazione robotica delle PSR, tuttavia, arriverà a fine 2023, quando un rover delle dimensioni di una piccola auto da campo da golf chiamato VIPER (Volatiles Investigating Polar Exploration Rover) si dirigerà verso la Luna a bordo di un razzo Falcon Heavy di SpaceX. Una volta uscito dal suo veicolo di atterraggio, VIPER si dirigerà verso tre delle regioni lunari permanentemente in ombra e perforerà il terreno.
Operando per un massimo di dieci ore alla volta prima di uscire per ricaricare le batterie a energia solare, il rover perforerà fino a un metro di profondità per cercare ghiaccio nel sottosuolo, o scaverà in qualsiasi [superficie di]ghiaccio esposto sulla superficie. “Se c’è un blocco di ghiaccio lo sapremo subito, perché è difficile da attraversare”, spiega Kris Zacny della Honeybee Robotics, in Colorado, che ha progettato la trivella. Il gruppo si ricerca prevede di eseguire fino a 50 sessioni di perforazione.
Secondo Landis, VIPER “rivoluzionerà” la nostra conoscenza di queste regioni. Ricorrerà a spettrometri per analizzare il ghiaccio trovato, rivelando il rapporto tra deuterio e idrogeno e cercando indizi di anidride carbonica o azoto. VIPER potrebbe fornire informazioni conclusive sulla provenienza del ghiaccio lunare e sulle condizioni generali in cui il ghiaccio può trovarsi sui corpi rocciosi. “Avremo un salto notevole nella nostra comprensione”, commenta Colaprete, scienziato del progetto VIPER.
Gocce da bere
I progressi scientifici arriveranno sulla scia di un altro progetto. Se il ghiaccio è accessibile sulla superficie o in prossimità di essa nelle PSR, la NASA spera che gli astronauti possano sfruttarlo come acqua potabile o carburante. Attualmente la NASA sta pianificando il primo allunaggio di Artemis con equipaggio nel 2025 per toccare una PSR, in modo che gli astronauti possano verificare di persona la fattibilità di un’idea del genere.
“Non si tratta del programma Apollo; stiamo progettando di rimanere lì per un mese intero”, afferma Jim Green, ex responsabile scientifico alla NASA. E aggiunge: “Il concetto di acquisire materiali e avere habitat sulla Luna è fattibile.”
Kevin Cannon, esperto di risorse spaziali alla Colorado School of Mines, dice che sono in fase di sviluppo diverse proposte per l’estrazione e l’uso del ghiaccio d’acqua. “Si sta pensando a sistemi meccanici come escavatori, ruspe e pale meccaniche.” Per estrarre l’acqua dal suolo lunare scavato si utilizzerebbe la luce solare concentrata o un forno. Un’altra idea è “saltare la fase di scavo e riscaldare direttamente il terreno in una specie di tenda”, aggiunge Cannon.
La conferma della presenza di ghiaccio accessibile sulla Luna potrebbe arrivare all’inizio del prossimo anno, con le prime immagini dall’interno di un cratere lunare permanentemente in ombra. Entro fine 2023 potremmo sapere con certezza come è arrivato lì.
“Ci sono così tante cose fondamentali che ancora non capiamo”, osserva Prem. “Siamo davvero all’inizio.”