Il record di uragani del 2020 è stato causato dai cambiamenti climatici
In quell’anno la stagione dei cicloni formatisi nell’Oceano Atlantico è stata particolarmente attiva, con precipitazioni molto più intense, secondo uno studio recente, rispetto a quelle che sarebbero state in un mondo senza riscaldamento del clima
di Chelsea Harvey/E&E News
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Il cambiamento climatico ha contribuito ad alimentare tempeste più forti e più umide durante una stagione di uragani atlantici insolitamente attiva nel 2020, secondo un nuovo studio. I cicloni hanno prodotto un numero di precipitazioni significativamente più elevato di quanto avrebbero fatto in un mondo senza riscaldamento globale.
In quella stagione, i tassi dei più estremi episodi di pioggia di tre ore erano circa il dieci per cento più elevati a causa dell’influenza del cambiamento climatico, secondo lo studio. Allo stesso modo, i tassi dei più estremi periodi di pioggia di tre giorni erano circa il cinque per cento più alti.
Questo emerge analizzando tutti i cicloni che si sono formati nel bacino atlantico, comprese le tempeste tropicali e gli uragani. Quando gli scienziati si sono concentrati solo sulle tempeste con intensità da uragano, hanno scoperto che l’influenza del cambiamento climatico era ancora più forte. Il cambiamento climatico ha aumentato di circa l’11 per cento le precipitazioni di tre ore e di circa l’otto per cento quelle di tre giorni.
Si tratta di un’istantanea di quella che è probabilmente una tendenza a lungo termine.
“Via via che la temperatura superficiale globale continua ad aumentare, ci aspettiamo di vedere continui incrementi delle precipitazioni nei cicloni tropicali a causa del cambiamento climatico”, ha spiegato Kevin Reed, esperto di eventi meteorologici estremi alla Stony Brook University e autore principale dello studio.
Ciò implica un maggior rischio di inondazioni dannose quando si abbattono le tempeste. È un segnale di avvertimento per le comunità costiere che dovrebbero di conseguenza fare dei piani per difendersi, ha notato Reed.
“Abbiamo costruito una società e le sue infrastrutture basandoci sul meteo che sperimentavamo nel XX secolo, ma il meteo è cambiato”, ha spiegato. “Quindi è importante pensare a come possiamo adattare la nostra società per gestire questi cambiamenti meteorologici.”
La stagione degli uragani atlantici del 2020 ha battuto diversi record. Ha prodotto 30 tempeste a cui è stato assegnato un nome, il numero più alto nella storia delle registrazioni [alle tempeste tropicali viene attribuito un nome quando il vento supera i 65 chilometri all’ora (km/h) di velocità, NdT]). Dodici di loro hanno raggiunto la terraferma negli Stati Uniti continentali – anche questo un record.
Delle 14 tempeste che hanno raggiunto la forza di un uragano nel 2020, dieci hanno subito un processo noto come “rapida intensificazione”, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), che si verifica quando la velocità del vento di una tempesta aumenta di almeno 56 km/h in un periodo di 24 ore. Ciò associa il 2020 al 1995 per il numero record di tempeste in rapida intensificazione in una singola stagione.
Una stagione media produce 14 tempeste con nome, secondo la NOAA, sette delle quali raggiungono lo status di uragano. Questo si basa sulla media calcolata sul periodo tra il 1991 e il 2020. Ma il numero si è spostato verso l’alto negli ultimi anni. Il valore di riferimento precedente, basato sulla media tra il 1981 e il 2010, era di 12 tempeste con nome per stagione.
Anche l’anno scorso la stagione degli uragani era sopra la media, anche se non come il 2020: ha prodotto 21 tempeste note, sette delle quali sono diventate uragani.
Quest’anno potrebbe avere in serbo un’altra stagione attiva. I ricercatori della Colorado State University hanno appena aggiornato le loro previsioni annuali per la stagione 2022, prevedendo 19 tempeste con nome e nove uragani.
Anche se il numero di tempeste ha destato preoccupazioni negli ultimi anni, gli scienziati hanno sottolineato che il cambiamento climatico ha una maggiore influenza sulla gravità degli uragani, piuttosto che sulla loro frequenza. I modelli suggeriscono che il numero totale di uragani potrebbe non cambiare molto in futuro, ma le singole tempeste diventeranno più intense e le probabilità di grandi uragani aumenteranno con il riscaldamento del pianeta.
Una ricerca ha mostrato che i cicloni tropicali in tutto il mondo stanno già diventando più intensi con il riscaldamento del pianeta, una tendenza che prevedibilmente continuerà.
L’Oceano Atlantico è un caso insolito, però.
Durante la prima metà del XX secolo, un forte inquinamento atmosferico nel bacino atlantico ha mascherato alcuni degli effetti del riscaldamento globale. Alcuni tipi di aerosol hanno un effetto di raffreddamento dell’atmosfera terrestre. La ricerca suggerisce che l’influenza di questo inquinamento ha avuto un effetto di inibizione dell’attività degli uragani per diversi decenni.
Durante la seconda metà del secolo, tuttavia, l’inquinamento è diminuito bruscamente quando l’Europa e il Nord America hanno applicato legislazioni più stringenti sulla qualità dell’aria. L’Atlantico ha cominciato a riscaldarsi più velocemente e l’attività degli uragani è ripresa.
Ciò significa che parte dell’aumento dell’attività degli uragani atlantici negli ultimi decenni può essere attribuito al calo dell’inquinamento atmosferico insieme all’influenza del riscaldamento globale.
Oggi, però, l’importanza di questi due fattori sta mutando. Il cambiamento climatico, trainato dalle emissioni di gas serra, sta diventando un fattore più determinante delle norme sull’inquinamento.
Gli studi hanno identificato una serie di modalità con cui il cambiamento climatico sta influenzando i cicloni tropicali. Non solo stanno diventando più intensi, ma stanno anche migrando più lontano verso i poli, muovendosi più lentamente in alcune aree, compresi gli Stati Uniti, e intensificandosi più di frequente.
Studi recenti hanno anche esaminato l’influenza del cambiamento climatico su alcuni dei più grandi e dannosi uragani degli ultimi anni. Si tratta di un campo di studio noto come “scienza dell’attribuzione”, che indaga la misura in cui il riscaldamento ha peggiorato i singoli eventi meteorologici estremi.
Grazie a una ricerca, si è scoperto, per esempio, che il cambiamento climatico ha aumentato sia la probabilità sia l’intensità delle precipitazioni da record dell’uragano Harvey del 2017, che ha causato inondazioni catastrofiche lungo la costa del Texas. Gli scienziati hanno scoperto che il cambiamento climatico ha peggiorato le precipitazioni prodotte dall’uragano Maria, che ha devastato Puerto Rico e altre parti dei Caraibi nel 2017.
Lo stesso Reed nel 2020 ha condotto uno studio concludendo che anche l’uragano Florence del 2018 ha prodotto più precipitazioni di quante ne avrebbe prodotte in un mondo senza cambiamenti climatici.
Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista “Nature Communications”, è tra i primi a esaminare l’influenza del cambiamento climatico su una singola e completa stagione degli uragani. La stagione insolitamente attiva ha presentato una prima opportunità per questo tipo di lavoro, secondo Reed: una stagione meno intensa avrebbe fornito “molte meno tempeste da analizzare”.
I ricercatori hanno eseguito due tipi di simulazioni: la prima modellizzando il mondo com’è attualmente e l’altra modellizzando un mondo ipotetico, in cui il cambiamento climatico causato dall’uomo non esiste, secondo una procedura standard negli studi di attribuzione.
Hanno così scoperto che il cambiamento climatico ha aumentato significativamente la quantità di pioggia prodotta dalle tempeste atlantiche nel 2020.
Non si tratta in realtà di un risultato sorprendente. Le regole di base della fisica suggeriscono che le acque oceaniche più calde aiutano ad alimentare cicloni più forti. Allo stesso tempo, l’aria più calda può trattenere più umidità e produrre più pioggia.
Il cambiamento climatico ha aumentato le temperature medie della superficie del mare nell’Atlantico di circa 0,4-0,9 gradi Celsius, sottolinea lo studio.
È un altro esempio di come il cambiamento climatico stia rimodellando il pianeta, ha commentato Reed. Le variazioni negli eventi meteorologici estremi sono alcuni dei sintomi più evidenti e immediatamente dannosi del riscaldamento globale. E gli uragani non sono gli unici effetti: incendi, inondazioni, siccità, ondate di calore e altri eventi meteorologici gravi stanno tutti peggiorando in tutto il mondo.
“Il cambiamento climatico è spesso considerato come un problema di lungo periodo”, ha concluso Reed, “A volte se ne parla come se fosse una sfida da affrontare tra 50 o 70 anni se non iniziamo a mitigare le nostre emissioni di gas serra ora. In realtà, il cambiamento climatico è già qui”.