Confermata la prima meteora di origine interstellare arrivata sulla Terra

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Confermata la prima meteora di origine interstellare arrivata sulla Terra

Il bolide che ad alta velocità ha colpito la Terra nel 2014 sembrava essere di origine interstellare, ma la verifica di questa straordinaria affermazione ha richiesto una straordinaria collaborazione da parte di programmi di difesa segreti
di Amir Siraj/Scientific American
www.lescienze.it

L’8 gennaio 2014, alle 18:05:34 ora italiana, un corpo roccioso di circa un metro di diametro proveniente dallo spazio ha attraversato il cielo al largo della costa di Manus Island, a Papua Nuova Guinea, bruciando e consumando un’energia equivalente a circa 110 tonnellate di tritolo (TNT) e disseminando detriti nelle profondità dell’Oceano Pacifico. Bolidi [meteore molto luminose, NdT]di dimensioni simili non sono eventi rari nei cieli della Terra: ogni anno se ne verificano alcune decine. Ma i dati insoliti in questa particolare meteora erano la velocità molto elevata e la direzione insolita con cui si è schiantata sul nostro pianeta, due fattori che, collettivamente, suggeriscono una provenienza dallo spazio interstellare.

I sensori di un satellite segreto del governo degli Stati Uniti, progettato per rilevare i lanci di missili stranieri, sono stati gli unici testimoni noti del bolide. Grazie a una partnership tra il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti e la NASA, i dati che descrivono l’evento alla fine sono stati condivisi su una banca dati pubblica ospitata dal Center for Near Earth Object Studies (CNEOS), al Jet Propulsion Laboratory dell’agenzia spaziale, insieme ai dati di più di 900 altri bolidi registrati dai sensori del governo degli Stati Uniti tra il 1988 e oggi. Le informazioni per ciascuno di questi eventi includono date, orari, latitudini, longitudini, altitudini, velocità, componenti di velocità tridimensionali ed energia. In particolare, sono state omesse dalla banca dati le incertezze per la maggior parte di queste misurazioni, presumibilmente per garantire che non sia divulgato il livello di precisione delle capacità di rilevamento globale degli Stati Uniti, poiché queste informazioni potrebbero essere potenzialmente sfruttate dagli avversari.

Il mio coinvolgimento nello studio di questa meteora risale all’aprile 2019, quando il mio tutor ad Harvard, l’astrofisico Avi Loeb, ha portato alla mia attenzione il catalogo dei bolidi CNEOS. All’epoca, lui e io da circa otto mesi studiavamo i dati relativi a ‘Oumuamua, l’oggetto identificato nell’ottobre 2017 come il primo visitatore interstellare conosciuto nel sistema solare. Poiché ‘Oumuamua ha avuto origine al di fuori del sistema solare, ciascuna delle sue proprietà, compresa la sua stessa rilevazione, ha fornito informazioni precedentemente inaccessibili sui nostri dintorni cosmici. Con l’attenzione ben focalizzata sulla ricchezza di conoscenza portata dai visitatori interstellari, Loeb e io abbiamo riflettuto sulla possibilità di trovarne altri da studiare, e i dati CNEOS sembravano promettenti. Nel giro di pochi giorni, avevo identificato il bolide di Manus Island del 2014 come un potenziale candidato a meteora interstellare. Loeb mi ha poi suggerito di usare la velocità di impatto combinata con la conoscenza della cinematica delle popolazioni di piccoli corpi nel sistema solare per stimare la probabilità che abbia avuto origine altrove, oltre il sistema solare. Tenendo presente questo approccio, ho poi proposto un metodo più preciso per derivare la traiettoria dell’oggetto che tenesse conto delle influenze gravitazionali del Sole e dei suoi pianeti. Loeb era d’accordo con la mia proposta e mi sono messo subito al lavoro.

Alla distanza della Terra dal Sole, qualsiasi oggetto che si muove più velocemente di circa 42 chilometri al secondo si trova in un’orbita aperta, iperbolica, rispetto alla nostra stella, il che significa che è troppo veloce per essere catturato dalla gravità del Sole. Tutto ciò che viaggia oltre questo limite di velocità celeste locale, quindi, può provenire dallo spazio interstellare (e, se non ostacolato, dovrebbe ritornarvi). I dati CNEOS per il bolide di Manus Island del 2014 indicavano che la meteora ha colpito l’atmosfera terrestre a circa 45 chilometri al secondo: un valore molto promettente. Tuttavia, parte di questa velocità proveniva dal movimento dell’oggetto rispetto alla Terra e dal movimento della Terra attorno al Sole. Separando questi effetti con l’aiuto di programmi per computer che ho compilato personalmente, ho scoperto che l’oggetto aveva superato la Terra da dietro prima di colpire la nostra atmosfera, e probabilmente aveva una velocità relativa al Sole più vicina ai 60 chilometri al secondo. L’orbita corrispondente che ho calcolato era chiaramente non legata al Sole, anche se c’erano ampi intervalli d’incertezza. Se i dati fossero stati corretti, questo evento sarebbe stato la prima meteora interstellare mai scoperta. E si nascondeva anche se era sotto i nostri occhi.

Affermazioni straordinarie, naturalmente, richiedono prove straordinarie. Così Loeb e io abbiamo riprodotto le stime degli errori di misurazione dei satelliti segreti, usando dati verificati indipendentemente su altri bolidi nella banca dati CNEOS e altrove nella letteratura scientifica. Dopo questo difficile controllo, siamo rimasti con la stessa sorprendente conclusione: il bolide del 2014 aveva chiaramente avuto origine dallo spazio interstellare. In breve tempo, abbiamo redatto un documento che riportava la nostra scoperta per la pubblicazione peer-reviewed.

I revisori della rivista si sono opposti a lasciare sconosciuta l’entità delle barre di errore, così abbiamo chiesto l’aiuto di Alan Hurd e Matt Heavner, scienziati del Los Alamos National Laboratory con autorizzazioni di sicurezza di alto livello e un interesse nel promuovere la collaborazione con il settore pubblico e la ricerca di base. In breve tempo, Heavner si è messo in contatto con l’analista anonimo che aveva calcolato le componenti di velocità della meteora dalle osservazioni satellitari classificate, il quale ha confermato che le incertezze rilevanti per ogni valore non erano superiori al dieci per cento. Inserito nella nostra analisi degli errori, questo implicava un’origine interstellare con il 99,999 per cento di confidenza, ma l’articolo è stato nuovamente rifiutato dai revisori, le cui obiezioni si basavano sul fatto che la dichiarazione sulle incertezze era una comunicazione privata con un dipendente anonimo del governo degli Stati Uniti e non una dichiarazione ufficiale del governo federale, che Heavner ha avuto difficoltà a procurarsi. Dopo diversi ulteriori tentativi falliti di squarciare il velo di segretezza per soddisfare i revisori della rivista, siamo purtroppo passati ad altre ricerche, lasciando non confermata la vera natura della meteora del 2014.

Un anno dopo, tuttavia, siamo stati avvicinati da Pete Worden, presidente della Breakthrough Prize Foundation, e presentati a Matt Daniels, che all’epoca lavorava per l’ufficio del segretario della difesa degli Stati Uniti. Daniels aveva letto il nostro preprint sulla meteora del 2014 e desiderava aiutare a trovare all’interno del governo degli Stati Uniti una conferma della sua origine. Dopo un anno di laborioso peregrinare ai più alti livelli della burocrazia governativa, nel marzo/aprile 2022 Daniels è riuscito a ottenere una conferma ufficiale delle incertezze rilevanti dal tenente generale John Shaw, vice comandante della U.S. Space Force, e Joel Mozer, capo scienziato dello Space Operations Command di questa sezione, e quindi la conferma effettiva che la meteora aveva una vera origine interstellare.

Tre anni dopo la nostra scoperta originale, il primo oggetto proveniente dall’esterno del sistema solare a colpire la Terra – la prima meteora interstellare nota – è stato ufficialmente riconosciuto. La meteora del 2014 è anche il primo oggetto interstellare registrato a essere rilevato nel sistema solare, precedendo ‘Oumuamua di oltre tre anni, ed è uno dei tre oggetti interstellari confermati finora, insieme a ‘Oumuamua e la cometa interstellare Borisov.


La natura interstellare dell’oggetto del 2014 ha conseguenze interessanti. La sua dimensione implica che ogni stella, nel corso della sua vita, debba contribuire con una massa significativa di oggetti simili per rendere probabile la rilevazione del 2014, suggerendo l’esistenza di molte più meteore interstellari da scoprire. E la sua alta velocità rispetto alle velocità medie delle nostre stelle vicine suggerisce che potrebbe essere stata espulsa dal profondo di un altro sistema planetario, relativamente vicino alla sua stella. Ciò è sorprendente, poiché ci si aspetterebbe ingenuamente che la maggior parte degli oggetti interstellari provenga invece da regioni circumstellari molto più lontane, dove le velocità di fuga sono inferiori, vale a dire le nubi di comete presenti alla periferia di molti sistemi stellari.

Questo nuovo campo, lo studio delle meteore interstellari, ha certamente molto da dirci sul nostro posto nel cosmo. Ulteriori indagini sulle proprietà osservate della meteora del 2014 potrebbero rivelare nuove informazioni sul nostro ambiente interstellare locale, soprattutto se confrontate con le caratteristiche dei suoi successori, ‘Oumuamua e Borisov. Le banche dati delle meteore sono mature per ricerche successive, e ci sono nuove motivazioni per costruire nuove reti di rilevazione, con l’obiettivo di individuare future meteore interstellari. L’osservazione di una meteora interstellare che brucia in tempo reale permetterebbe lo studio della sua composizione, fornendo nuove informazioni sulla chimica di altri sistemi planetari.

Il Santo Graal degli studi sugli oggetti interstellari sarebbe ottenere un campione fisico di un oggetto che ha avuto origine al di fuori del sistema solare – un obiettivo tanto audace quanto scientificamente innovativo. Attualmente stiamo studiando se possa essere fruttuosa o addirittura possibile una missione sul fondo dell’Oceano Pacifico al largo della costa di Manus Island, nella speranza di trovare frammenti della meteora del 2014. Qualsiasi meteora interstellare sufficientemente grande scoperta in futuro dovrebbe anche produrre una pioggia di detriti, che potremmo potenzialmente rintracciare e analizzare. C’è, naturalmente, un altro approccio per ottenere campioni, che, come responsabile degli studi di oggetti interstellari per il Progetto Galileo, sono entusiasta di perseguire: un rendez-vous tra veicoli spaziali. In collaborazione con Alan Stern, ricercatore principale della missione New Horizons della NASA, abbiamo ricevuto un finanziamento per sviluppare un progetto di missione spaziale verso qualche futuro oggetto interstellare.

Come conchiglie esotiche, questi messaggeri delle stelle sono arrivati sulla nostra spiaggia planetaria per miliardi di anni, ognuno portando con sé segreti delle loro e delle nostre origini cosmiche. Ora, finalmente, stiamo iniziando a setacciare il litorale.

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