Nuove scoperte sul passato geologico dell’Antartide
I dati evidenziano la ricostruzione degli antichi supercontinenti con la porzione orientale del Polo Sud più vicina alle masse continentali. Lo studio ha visto la partecipazione di OGS ed è stato pubblicato su Nature Communications Earth & Environment
Fonte OGS
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Grazie ai dati delle rocce nascoste sotto al ghiaccio è stato rinvenuto un bacino, della grandezza del Regno Unito, costituito da rocce più giovani rispetto all’antico cratone dell’Antartide orientale. Si tratta di una scoperta inaspettata sulla geologia del Polo Sud, una zona talmente remota che neppure i satelliti riescono ad acquisirne i dati, e il cui risultato è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment.
Tra i ricercatori del team internazionale del nuovo studio, guidato dal British Antarctic Survey, c’è anche Fausto Ferraccioli, direttore della Sezione di geofisica dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS. Supportato dall’Agenzia Spaziale Europea – ESA, il team ha esplorato l’area dell’Antartide orientale utilizzando dispositivi che misurano le variazioni magnetiche e gravitazionali prodotte dalle rocce nascoste sotto il ghiaccio. I dati hanno permesso di determinare alcune caratteristiche chiave di queste rocce, fornendo nuovi indizi su come si è evoluto il margine dell’antico cratone dell’Antartide orientale.
“La scoperta è importante per migliorare la nostra comprensione dei processi tettonici avvenuti durante il ciclo supercontinentale globale” commenta Fausto Ferraccioli, il quale è anche coordinatore del progetto PolarGAP dell’ESA “I nostri risultati – aggiunge Ferraccioli – modificano, inoltre, la nostra comprensione dell’influenza del flusso geotermico sugli enormi ghiacciai presenti al Polo Sud, essendoci spesso una forte differenza nel flusso di calore tra cratoni e bacini più giovani”.
L’Antartide orientale è isolata dal resto del mondo e quasi completamente sepolta dal ghiaccio, ed è, a oggi, una delle regioni meno conosciute della Terra. Tuttavia, un miliardo di anni fa, prima della formazione del paleo Oceano Pacifico, l’Antartide orientale si trovava probabilmente molto più vicino ad altre enormi masse continentali, compreso il Nord America, un’idea questa che oggi è oggetto di accesi dibattiti tra i geologi che studiano entrambi i continenti.
Basandosi su rocce distanti tra loro oltre mille chilometri, gli scienziati hanno sempre pensato che il margine del cratone antartico fosse dritto e vicino alla costa. “Tuttavia, con i nuovi dati geofisici, vediamo che è un margine irregolare su cui si è impostato un enorme bacino, simile a quelli presenti al bordo dell’Australia e Nord America” precisa Ferraccioli, e conclude “questi bacini si sono formati inizialmente mentre si separavano i pezzi del supercontinente Rodinia. L’assenza di un’area di rocce antiche del cratone sotto al bacino appena scoperto, suggerisce che una porzione più piccola dell’Antartide orientale facesse, quindi, parte dell’antico continente Mawson che comprendeva parte dell’Antartide orientale e dell’Australia”.
Il progetto ESA PolarGAP: il progetto PolarGAP, finanziato dal ESA, aveva come obiettivo primario l’acquisizione di dati aerogravimetrici a sud di 83 S nell’area del Polo Sud dove il satellite GOCE (The Gravity Field and Steady-State Ocean Circulation Explorer) non poteva acquisirne a causa dell’inclinazione delle orbite. I dati magnetici e radar sono stati acquisiti opportunisticamente e hanno consentito, insieme ai dati gravimetrici, di svelare la geologia del Pensacola Embayment al bordo del cratone dell’Antartide orientale. Questi dati forniscono anche un nuovo contributo per il progetto ESA- 4D Antarctica che sta studiando come la struttura della litosfera Antartica influenza le variazioni di flusso di calore subglaciale che sono importanti per gli studi della dinamica della calotta.
Link all’Articolo: https://www.nature.com/articles/s43247-022-00375-z