L’Italia crocevia del bracconaggio e del traffico di specie protette. Maglia nera alla Lombardia

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L’Italia crocevia del bracconaggio e del traffico di specie protette. Maglia nera alla Lombardia

Report Wwf – SWiPE: l’Italia non difende i suoi tesori. «Mancano banche dati, norme severe e controlli»
www.greenreport.it

Alla viglia del World Wildlife Day, Wwf Italia e il progetto Successfull Wildlife Crime Prosecution in Europe (SWiPE)  presentano il report “Il danno invisibile dei crimini di natura: analisi e proposte del Wwf Italia”, dal quale emerge che «L’Italia è un crocevia fondamentale del traffico di specie protettee, in generale, dei crimini contro la fauna selvatica. Basti pensare che le sanzioni comminate dai Carabinieri CITES per violazioni della normativa che disciplina il commercio di specie protette ammontavano nel 2018 a oltre 5 milioni e mezzo di Euro (oltre un milione nel 2020). Tra il 2016 e il 2019 la Regione in cui sono stati denunciati più illeciti è la Lombardia con 5.256 denunce, seguita dal Veneto con 2.526 e dalla Toscana, con 2.247 denunce».

Il report fornisce un’analisi approfondita sul fenomeno del Wildlife crime che minaccia la biodiversità in Italia e gli intrecci con il traffico illegale internazionale di specie protette, dal quale risulta «La gravità e la diffusione di un fenomeno a cui non corrispondono adeguate misure di contrasto». Il report cio inaugura la settimana di sensibilizzazione del Wwf contro i crimini di natura che durerà fino all’8 marzo: su tutti i canali social dell’associazione si potranno leggere storie e approfondimenti, partecipare a quiz, condividere clip video e imparare con gli Ecotips.

Ecco i punti principali del report Wwf – SWiPE:

Bracconaggio e commercio illegale. Sono molto spesso le “tradizioni” alimentari ad alimentare il bracconaggio o il commercio illegale, basti pensare alla polenta e osei (Veneto, Lombardia). Ma non è solo la fauna terrestre o l’avifauna a finire vittima dei bracconieri: dai dati forniti delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera relativi alla pesca illegale emerge, ad esempio, che a fronte di un numero di ispezioni che negli ultimi anni si è aggirato tra le 110 e le 140 mila, sono state elevate sanzioni da 7 a oltre 12 milioni di euro con un “picco” di oltre 760 tonnellate di prodotto ittico sequestrato nel 2016. Tra le specie particolarmente oggetto di illeciti vi sono l’anguilla, le oloturie, i datteri di mare e alcune specie di squali.

I Centri recupero. Dati allarmanti arrivano anche dai CRAS – i centri di recupero fauna selvatica gestiti dal WWF: solo in Lombardia gli “ospedali degli animali” di Valpredina e Vanzago hanno accolto e curato nel 2021 circa 7.500 animali bisognosi di cure. Al CRAS di Valpredina  6 ammissioni su 10 ogni anno, in media, sono riconducibili a reati contro la fauna selvatica. Oltre il 50% della fauna consegnata al centro bergamasco riguarda specie sottoposte a protezione, di cui circa il 36% sono particolarmente protette: al primo posto i rapaci.

Le carenze dell’Italia. Tutto ciò accade “di nascosto” mentre l’Italia sconta una grave carenza in termini di monitoraggio e “conoscenza” del fenomeno. Non esiste una banca dati centralizzata sui crimini di natura, non c’è un tracciamento del fenomeno che provoca ogni anno una grave riduzione del capitale naturale del nostro Paese. Tutto ciò nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale “Antibracconaggio”, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea .  Queste gravi carenze compromettono la capacità di adottare idonee misure di prevenzione e pianificazione e si aggiungono ad un sistema  di vigilanza assolutamente inadeguato (in media 3 agenti venatori ogni 1.000 cacciatori), e un regime sanzionatorio insufficiente a contrastare le illegalità. Chi uccide una specie protetta come un orso, un lupo o un’aquila oggi ha la possibilità di cancellare dalla fedina penale il proprio crimine attraverso il pagamento di una cifra irrisoria (circa 1.000 euro) e, più in generale, chi uccide, pone in commercio, detiene illegalmente animali selvatici, rischia sanzioni bassissime.

Secondo il Report, «I principali flussi di traffico illegale di specie protette coinvolgono la direttrice Italia/Stati Uniti. Oggetto di questi traffici sono nella maggior parte dei casi i rettili. Gli uccelli sono le specie più minacciate in Italia dai criminali di natura, in particolare i passeriformi come i cardellini (illegalmente commercializzati per fini ornamentali) o i fringuelli, i pettirossi e altri piccoli uccelli, destinati al mercato illecito della ristorazione, e i rapaci spesso vittime di spari o avvelenamenti. Questo accade anche a causa delle sanzioni irrisorie previste rispetto ai guadagni illeciti generati da questi traffici. Tra i grandi carnivori al primo posto i lupi, considerati “specie problematiche” o “nocive” e spesso uccisi per odio atavico».

Il problema dei controlli. Uno dei principali problemi in Italia è il numero ridotto di personale addetto al controllo. Due terzi degli agenti deputati alla vigilanza su questi crimini sono volontari. Il personale appartenente alle forze di polizia è troppo ridotto e non equamente ripartito sul territorio. Per questo l’azione di vigilanza delle Guardie volontarie WWF è essenziale per supportare lo Stato nel contrasto alle illegalità. Solo nei 5 mesi della stagione venatoria 2021-22 le Guardie WWF della Campania hanno  tratto in salvo 120 animali , trasmesso alle autorità 97 violazioni penali , effettuato 77 sequestri ed elevate 25 violazioni amministrative, per un totale di 172 segnalazioni alle autorità. Un bilancio dei soli archetti (micidiali trappole che spezzano le zampe ai piccoli uccelli) raccolti, sequestrati o distrutti nelle Valli bresciane dai volontari WWF e delle altre associazioni impegnate nei campi antibracconaggio, è di oltre 200.000 pezzi.

Ma le vittime di bracconieri e trafficanti non mancano neanche tra la fauna acquatica: dal Report per SWiPE emerge che le anguille (di recente inserite tra le specie minacciate dalla IUCN) sono tra le specie predilette dai criminali, insieme a squali e datteri di mare il cui commercio, spesso gestito da organizzazioni criminali, frutta ingenti guadagni illeciti. Le sanzioni imposte  dalla Guardia Costiera negli ultimi anni si aggirano tra i 15 e i 30 mila euro.

Il Wwf evidenzia che «Per quanto cinque anni fa sia stato adottato un apposito Piano di azione Nazionale di contrasto al Bracconaggio, ancora oggi esso risulta inattuato nei suoi obiettivi principali, in particolare nella creazione di un sistema di monitoraggio del fenomeno, nel rafforzamento della cooperazione e della formazione dei vari soggetti preposti al contrasto di questi reati. La creazione di banche dati aggiornate e dettagliate,  l’implementazione della vigilanza e l’adeguamento degli strumenti sanzionatori, rimangono infatti attività ad oggi ancora non efficacemente espletate.  Un esempio virtuoso, nato proprio per sopperire a queste lacune è rappresentato dal progetto europeo LIFE SWiPE, attraverso il quale il Wwf  lavora in Italia da oltre un anno per favorire il contrasto ai crimini contro la fauna selvatica, promuovendo e rafforzando il coordinamento con magistrati e forze dell’ordine».

Il Wwf conclude con un appello a Governo e Parlamento  «Affinché si adottino misure più intense e strumenti più efficaci di contrasto all’illegalità ambientale, a cominciare dalla creazione di banche dati regionali (solo 5 regioni dimostrano di avere dati affidabili) il coordinamento tra le istituzioni, l’aumento dei controlli e il rafforzamento delle sanzioni. Modifiche oggi ancor più necessarie per dare concreta attuazione alle esigenze di tutela di ambiente, biodiversità ed ecosistemi divenute principi fondamentali della Costituzione.  Accettare lo status quo vorrebbe dire consentire ai criminali di continuare a fare affari impoverendo sempre più la natura. E con essa tutti noi».

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