I pesci rossi giganti minacciano di invadere il Nord America
Abbandonati nei bacini di raccolta dell’acqua piovana, questi animali domestici raggiungono dimensioni ragguardevoli e, capaci di resistere a condizioni ambientali estreme, potrebbero prosperare in un futuro dominato dai cambiamenti climatici
di Hannah Loss/Scientific American
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La scorsa estate, appena a ovest di Toronto alcuni biologi sono rimasti sorpresi nel contare più di 20.000 pesci rossi in un singolo bacino urbano di ritenzione dell’acqua piovana con dimensioni di due campi da basket. E i pesci, probabilmente discendenti da animali domestici abbandonati, non solo erano numerosi, ma alcuni di essi erano cresciuti in dimensioni fino a diventare giganti, con un peso di oltre un chilogrammo. Negli ultimi quarant’anni, sempre più spesso le città del Nord America hanno costruito questi bacini per trattenere la pioggia e rallentare il ruscellamento, e i pesci rossi invasivi stanno prosperando in migliaia di essi.
Ecologi dell’Università di Toronto e della Fisheries and Oceans Canada (DFO) stanno ora studiando se e come gli ambienti inquinati e difficili di questi bacini stanno selezionando i pesci ultra-tolleranti, che potrebbero alla fine riuscire a superare le specie native nei vicini Grandi Laghi. Come spiega Nicholas Mandrak, biologo della conservazione dell’Università di Toronto, distretto di Scarborough, che lavora al progetto: “Stiamo creando ‘superinvasori’ che, con il cambiamento climatico, avranno probabilmente un impatto sempre maggiore in natura?”
I pesci rossi sono originari dell’Asia orientale. Probabilmente sono arrivati con l’acqua di zavorra delle navi fino ai fiumi del Nord America e ai Grandi Laghi, dove Mandrak stima che piccole popolazioni locali siano sopravvissute per 150 anni. Sono una presenza dannosa in qualsiasi nuovo habitat in cui entrano, spiega Anthony Ricciardi, professore di ecologia e specie invasive alla McGill University, in Canada, che ha lavorato con Mandrak in passato ma non era coinvolto nella nuova ricerca. In primo luogo, i pesci rossi sono mangiatori disordinati. Ingoiano bocconi di sedimenti sul fondo di laghi e fiumi, li fanno vorticare, sputano la nuvola di sporcizia e poi aspirano tutto il cibo che cade. Con ciò sradicano le piante acquatiche e rendono l’acqua torbida. Così filtra meno luce fino alle piante, che alla fine possono morire. Con questo comportamento distruttivo, i pesci rossi alterano il loro habitat rendendolo peggiore per altre specie che catturano le prede a vista o dipendono dalla luce del Sole, sottolinea Ricciardi.
Anche se i pesci rossi invasivi sono presenti in Nord America da lungo tempo, le loro popolazioni nei bacini di ritenzione dell’acqua piovana e in alcuni porti dei Grandi Laghi sono aumentate notevolmente negli ultimi dieci anni, parallelamente a un aumento contemporaneo della costruzione di questi bacini nelle aree urbane. I biologi sospettano che la maggior parte dei pesci rossi dei bacini di acqua piovana sia stata originariamente introdotta dagli esseri umani: è improbabile che dai laghi si siano fatti strada fino a questi bacini isolati.
Ora, la maggior parte delle specie di pesci non può vivere nelle condizioni dure e instabili dei bacini di acqua piovana, dove i livelli dell’acqua fluttuano frequentemente con le piogge. Questi bacini possono anche essere poveri di ossigeno e avere temperature relativamente calde a causa della loro scarsa profondità. Ma i pesci rossi hanno evoluto uno speciale sistema metabolico che a volte può consentire loro di sopravvivere fino a cinque mesi senza ossigeno.
I ricercatori temono che quest’ultima capacità darà ai pesci rossi un vantaggio competitivo rispetto alle specie native, quando il riscaldamento globale farà diminuire i livelli di ossigeno nei laghi e nei fiumi, afferma Christine Boston, biologa della produzione ittica del DFO. Se ciò accadesse, e se i pesci dei bacini urbani si trasferissero poi nelle zone umide naturali, essi potrebbero creare ancora più scompiglio di quanto già non facciano le popolazioni di pesci rossi lì presenti. Per saperne di più, Mandrak e i suoi colleghi stanno confrontando i pesci rossi dei bacini con le popolazioni di pesci rossi selvatici canadesi nelle condizioni attuali e in quelle previste dal cambiamento climatico.
La scorsa estate il geuppo ha testato la tolleranza alla temperatura dei pesci rossi di due bacini di acqua piovana. I ricercatori hanno messo i pesci rossi in acqua e hanno aumentato lentamente la temperatura fino a quando i pesci non riuscivano a mantenere una posizione corretta, indicando che avevano raggiunto la loro massima tolleranza al calore. Mandrak ha in programma di testare i pesci rossi da altri 24 bacini la prossima estate e di confrontare la tolleranza generale dei pesci rossi di bacino con quelle delle popolazioni selvatiche nei Grandi Laghi. Alla fine, il gruppo prevede di identificare i geni specifici che regolano la tolleranza alla temperatura e di determinare se variano tra i pesci selvatici e quelli dei bacini – il che indicherebbe che l’adattamento si sta effettivamente verificando.
Il progetto mira anche a caratterizzare gli ambienti dei bacini di ritenzione dell’acqua piovana. Questi bacini hanno di solito meno di due metri di profondità e tendono a essere relativamente caldi. Sono spesso molto salati a causa del deflusso del sale sparso in inverno sulle strade, e spesso contengono nutrienti extra provenienti dai fertilizzanti. Le temperature calde e gli elevati livelli di nutrienti portano a bassi livelli di ossigeno nell’acqua, spiega Boston. La scienziata sta anche sviluppando metodi di campionamento del DNA ambientale (enviromental DNA, eDNA) per analizzare il materiale genetico dei pesci rossi in piccoli campioni d’acqua. Conoscere le caratteristiche del bacino può aiutare il DFO a identificare specifici bacini di acqua piovana come habitat “ad alto rischio” per i pesci rossi, e possono quindi utilizzare rapidamente campioni di eDNA per determinare quali specie sono presenti. Se vengono individuati pesci rossi, il drenaggio nei corsi d’acqua adiacenti potrebbe essere bloccato per ridurre le possibilità che pesci eccezionalmente tolleranti entrino nell’ambiente naturale.
La gestione futura di questi potenziali superinvasori si traduce nella prevenzione, dicono gli esperti, tra cui Mandrak, Boston, Ricciardi e altri. Per esempio, si potrebbero mettere cartelli intorno ai bacini per consigliare ai proprietari di pesci di restituire gli animali domestici indesiderati al negozio o di darli a un amico invece di gettarli. Oltre a questi messaggi rivolti al pubblico, Boston afferma che i progettisti e gli ingegneri del territorio potrebbero voler riconsiderare la progettazione dei bacini di acqua piovana per tenere fuori i pesci rossi e altre specie invasive. Questo potrebbe includere la costruzione di barriere tra i bacini e i corsi d’acqua adiacenti o il rifornimento di bacini con predatori di pesci rossi come il persico trota (Micropterussalmoides), che sono già native delle aree interessate, sottolinea Boston.
Boston e altri biologi sperano di capire meglio la minaccia prima che sia troppo tardi per i vivai di pesci nativi a valle e le zone umide. “Finché non avremo completato la valutazione del rischio”, conclude Mandrak, “dovremmo fare del nostro meglio per assicurarci che quei pesci rossi non arrivino in natura”.