Scoperto il lampo radio veloce più vicino alla Terra

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Scoperto il lampo radio veloce più vicino alla Terra

Esploso in una regione inattesa, studiato dai radiotelescopi dell’Inaf
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Individuato il lampo radio veloce più vicino alla Terra, addirittura 40 volte più prossimo di qualsiasi altro osservato finora: denominato FRB 20200120E, si trova ad ‘appena’ 12 milioni di anni luce da noi ed è esploso in una regione inattesa, un ammasso globulare ricco di stelle antiche e non giovani e massicce come ci si aspettava.

La scoperta, che potrebbe cambiare il modo di cercare e studiare questi misteriosi fenomeni scoperti soltanto pochi anni fa, è pubblicata in un articolo sulla rivista Nature e in un altro su Nature Astronomy da un gruppo internazionale di esperti a cui partecipano anche i ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

 Il lampo radio veloce FRB 20200120E, che si ripete nel tempo, ha la propria sorgente nella Galassia di Bode (M81 o NGC 3031), in direzione della costellazione dell’Orsa Maggiore. Per studiarla alla risoluzione e alla sensibilità più elevate possibili, gli scienziati hanno combinato le misurazioni dei 12 telescopi della rete europea VLBI (EVN) e le hanno integrate con i dati di diversi altri telescopi. Tra le antenne coinvolte, si annoverano tutti i radiotelescopi dell’Inaf: i radiotelescopi di Medicina (Bologna) e Noto (Siracusa) in modalità VLBI, e il Sardinia Radio Telescope (Cagliari) come single dish e VLBI. Gli esperti propongono che FRB 20200120E venga da una stella di neutroni altamente magnetizzata formata dal collasso indotto dall’accrescimento di una nana bianca o dalla fusione di stelle compatte in un sistema binario.



Analizzando nel dettaglio i dati è emerso che alcuni flash sono stati più brevi di quanto ci si aspettasse: fino a poche decine di nanosecondi. “Questo ci dice che provengono da un minuscolo volume nello spazio più piccolo di un campo da calcio, forse solo decine di metri di diametro”, spiega Kenzie Nimmo, ricercatrice presso Astron e Università di Amsterdam nonché prima autrice dell’articolo su Nature Astronomy. “Alcuni dei segnali che abbiamo misurato sono brevi ed estremamente potenti. Ciò suggerisce che stiamo davvero vedendo una magnetar, ma in un posto dove non sono state trovate prima”

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