Realizzato il primo atlante mondiale per seguire lo scorrimento e l’evoluzione dei ghiacciai (VIDEO)
C’è più acqua di quel che si credeva stoccata nei ghiacciai dell’Himalaya, meno in quelli delle Ande
www.greenreport.it
Nelle regioni montuose, come le Ande o l’Himalaya, molte popolazioni dipendono dai ghiacciai per l’approvvigionamento idrico. Tuttavia, l’evoluzione di queste risorse, così come le proiezioni dell’innalzamento del livello del mare, dipendono molto dal volume e dallo spessore dei ghiacciai, che sono ancora poco valutati.
Lo studio “Ice velocity and thickness of the world’s glaciers”, pubblicato su Nature Goescience da Romain Millan, Jérémie Mouginot e Antoine Rabatel dell’Université Grenoble Alpes, CNRS, IRD e dal geologo Mathieu Morlighem dell’università della California – Irvine e del Dartmouth College, ha analizzato più di 800.000 coppie di immagini satellitari è ha realizzato così il primo atlante globale delle velocità di flusso del 98% dei ghiacciai della Terra (più di 200.000). Lo studio si basa sulle immagini dei satelliti Sentinel (ESA) e Landsat (NASA) elaborate grazie ai server dell’Université Grenoble Alpes Università di Grenoble Alpes con più di un milione di ore di calcolo.
I ricercatori francesi spiegano: «Poiché i ghiacciai scorrono sotto l’effetto del loro peso, conoscere questa velocità consente di stimare lo spessore e la distribuzione spaziale del ghiaccio, che condiziona sia il volume totale di questi serbatoi d’acqua sia il loro contributo futuro all’innalzamento del livello del mare».
Nonostante le loro piccole dimensioni (727.000 km2) rispetto a quelle delle due grandi calotte polari, Antartide (14 milioni di km2) e Groenlandia (1,7 milioni di km2), dagli anni ’60, lo scioglimento dei ghiacciai di montagna ha contribuito per il 30 % all’innalzamento del livello del mare. Al di là di questo impatto globale, il ruolo dei ghiacciai e la loro evoluzione è essenziale a livello locale, quindi il loro futuro è fonte di crescente preoccupazione per le aree montane e le aree a valle.
Uno dei maggiori contributi di questo atlante è la copertura di una grande diversità di ghiacciai, che vanno dai piccoli ghiacciai andini lunghi solo pochi chilometri, alle calotte glaciali dell’Artico canadese o ai campi di ghiaccio della Patagonia, che scorrono su aree di diverse migliaia di Km2i. Queste mappe consentono così di comprendere meglio il modo in cui scorrono i ghiacciai.
Illustrano l’ampia varietà di comportamenti, con ghiacciai che scorrono a poche decine di metri all’anno (come alcuni ghiacciai delle Alpi), e altri la cui velocità di flusso raggiunge diversi chilometri in un solo anno (ad esempio alcuni ghiacciai della Patagonia). Questo database unico consente ai ricercatori di vincolare meglio la rappresentazione dei ghiacciai nei modelli e quindi di stimare meglio la loro evoluzione futura.
Come spiegano Millan e Rabatel su The Conversation, «Inoltre, è questo esauriente atlante delle velocità del flusso di ghiaccio che ha consentito al nostro team di ristimare la mappatura della distribuzione dello spessore del ghiaccio e quindi del volume dei ghiacciai. Infatti, combinando le informazioni sulla velocità del flusso superficiale dei ghiacciai con quella del pendio superficiale, in un modello numerico che simula il modo in cui il ghiaccio scivola e si deforma, abbiamo quindi proposto una nuova rappresentazione della geometria del ghiacciaio. In molte regioni i risultati di questo lavoro forniscono stime significativamente diverse dalle precedenti, con importanti ricadute sulla disponibilità di acqua potabile per il consumo, ma anche ad esempio per l’agricoltura o la produzione idroelettrica. Ad esempio, nei bacini dell’Indo e del Chenab, situati nell’Himalaya, gli stock d’acqua contenuti dai ghiacciai sarebbero superiori del 30% rispetto a studi precedenti. Al contrario, nelle Ande tropicali del Sud America, le nuove stime sono più allarmanti, con stock di acqua glaciale inferiori di quasi un quarto, aumentando così la pressione sulle risorse idriche in queste regioni».
Oltre a un nuovo inventario del volume dei ghiacciai, lo studio permette di ridefinire la geometria tridimensionale dei ghiacciai con maggiore precisione e in accordo con la meccanica del flusso di ghiaccio. Questo è fondamentale per simulare al meglio l’evoluzione futura dei ghiacciai e, in particolare, per individuare le arre nelle quali i ghiacciai scompariranno e quelle in cui dovrebbero persistere, almeno fino alla fine del secolo, anche se in misura decisamente più ridotta.
Millan e Rabatel concludono: «Questo studio segna un importante miglioramento nella quantificazione della distribuzione dello spessore del ghiaccio. Tuttavia, la stima del volume dei ghiacciai rimane soggetta a notevoli incertezze, soprattutto nelle regioni del mondo dove le popolazioni sono fortemente dipendenti dai ghiacciai. Per ridurre al minimo queste incertezze e migliorare i risultati in queste regioni, è essenziale poter disporre di alcune osservazioni sul campo al fine di vincolare meglio la calibrazione della modellazione dello spessore. Questa fase di calibrazione è tanto più importante in quanto i ghiacciai sono oggetti diversi, soggetti a molteplici condizioni ambientali. Di conseguenza, l’utilizzo nei modelli di leggi di comportamento stabilite sulla base di osservazioni fatte su alcuni ghiacciai è necessariamente fonte di incertezza».