Una ricerca esclude (a breve) una nuova eruzione violenta del Vesuvio, ma i dubbi restano

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Una ricerca esclude (a breve) una nuova eruzione violenta del Vesuvio, ma i dubbi restano

Individuato un intervallo di mille anni, ma la questione resta aperta
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Considerato fra i vulcani più pericolosi d’Europa, il Vesuvio è costantemente sotto controllo per cogliere i segnali che potrebbero annunciare un suo risveglio, ma ci si chiede se sia possibile riuscire a prevedere quando potrebbe avvenire una nuova eruzione e quanto potrebbe essere violenta.

Una prima risposta arriva dalla ricerca coordinata dal Politecnico di Zurigo e pubblicata sulla rivista Science Advances, secondo la quale potrebbe intercorrere un intervallo di mille anni dall’ultima eruzione, avvenuta nel 1944.
“E’ un dato scientifico interessante, ma le sue implicazioni potrebbero essere lette anche in modo diverso”, osserva la vulcanologa Lucia Pappalardo, dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “I nuovi dati non chiudono il dibattito – aggiunge – e la questione resta aperta”.

Alla ricerca, coordinata da Jörn-Frederik Wotzlaw e Olivier Bachmann, entrambi del Politecnico di Zurigo, hanno partecipato gli italiani Francesca Forni, dell’Università di Milano, e Roberto Sulpizio, che lavora fra Università di Bari, sezione di Bologna dell’Ingv e Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr).

I ricercatori hanno studiato le quattro più violente eruzioni del Vesuvio avvenute negli ultimi 10.000 anni: quella delle pomici di Mercato che risale a circa 9.000 anni fa, quella di Avellino avvenuta 3.950 anni fa e considerata “lo scenario peggiore”, quella che nel 79 d.C. distrusse Pompei ed Ercolano (tutte e tre eruzioni pliniane, ossia fortemente esplosive), e quella di Pollena del 472 d.C., di tipo subpliniano, ma comunque confrontabile alla recente eruzione nelle Tonga, osservano i ricercatori.

Per tutti i quattro gli eventi sono stati datati i cristalli di granato imprigionati nelle pomici liberate nelle quattro eruzioni: poiché questo minerale è immagazzinato nella camera magmatica nella crosta superiore sotto il Vesuvio, conoscerne l’età permette di dedurre per quanto tempo il magma sia rimasto nella camera prima che il vulcano lo espellesse. E’ emerso così che i cristalli avevano un’età compresa fra 5.000 e mille anni circa. Di qui l’ipotesi degli autori della ricerca che “future eruzioni pliniane sono improbabili senza secoli di quiescenza vulcanica”.

Tuttavia si potrebbe anche dire che “la disponibilità di magma era presente anche mille anni prima dell’eruzione”, osserva Pappalardo. “Sappiamo che in passato il Vesuvio ha avuto periodi di riposo molto lunghi. Prima dell’eruzione di Pompei, per esempio, il vulcano è rimasto in silenzio per sette secoli e ad oggi non esiste un modello fisico che possa far prevedere la lunghezza del periodo di riposo che precede un’eruzione esplosiva”, osserva la ricercatrice. “Al momento non possiamo prevedere l’intensità di una eventuale futura eruzione: se modesta come quella del 1944 o più intensa fino ad una eruzione pliniana”.

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