Sulle Alpi nevica “misto a plastica”

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Sulle Alpi nevica “misto a plastica”

Le nanoplastiche provengono soprattutto dalle città intorno alle Alpi, ma anche dall’oceano Atlantico a 2000 Km di distanza
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Si stima che fino ad oggi nel mondo siano state prodotte più di 8.300 milioni di tonnellate di plastica e che circa il 60% sia diventato un rifiuto. Grazie a una famosa campagna di raccolta fondi globale, youtuber famosi come Mister Beast e Mark Rober stanno attualmente cercando di liberare gli oceani da quasi 14.000 tonnellate di rifiuti di plastica, ma si tratta solo di circa lo 0,15% di quel che finisce negli oceani ogni anno. E non è solo il mare a essere pieno di plastica. Questi rifiuti si erodono attraverso gli effetti degli agenti atmosferici e l’abrasione meccanica trasformandosi da macro a micro e nanoparticelle. E la plastica scartata è tutt’altro che l’unica fonte di questo inquinamento: l’uso quotidiano di prodotti in plastica come imballaggi e abbigliamento rilascia nanoplastiche così leggere che il loro movimento nell’aria può essere paragonato al meglio ai gas e la diffusione della nanoplastica nell’aria sembra essere un problema più diffuso di quanto si pensasse finora.

Infatti il nuovo studio “Nanoplastics transport to the remote, high-altitude Alps”, pubblicato su Environmental Pollution da un team di ricercatori olandesi, austriaci e svizzeri, ha cercato di capire quanta plastica sta ricadendo sulla Terra dall’atmosfera e spiega che «Alcune nanoplastiche viaggiano per oltre 2000 chilometri nell’aria. Secondo i dati delle misurazioni, in Svizzera cadono ogni anno circa 43 trilioni di mini-particelle di plastica».

I ricercatori non sono ancora d’accordo sul numero esatto, ma dalle stime realizzate dallo studio viene fuori che «Potrebbero essere fino a 3.000 le tonnellate di nanoplastiche che ricoprono la Svizzera ogni anno, dalle remote Alpi alle pianure urbane».  Gli stessi ricercatori avvertono che «Queste stime sono molto elevate rispetto ad altri studi e sono necessarie ulteriori ricerche per verificare queste cifre».

Lo studio si è addentrato in un territorio scientifico inesplorato perché la diffusione delle nanoplastiche nell’aria è ancora in gran parte ignota, ma il risultato della ricerca del team guidato da Dušan Materić dell’Institute for Marine and Atmospheric Research dell’Universiteit Utrecht e da Dominik Brunner dell’Empa svizzera  è la registrazione più accurata  mai realizzata dell’inquinamento atmosferico da nanoplastiche. Per contare le particelle di plastica, Brunner e i suoi colleghi hanno sviluppato un metodo chimico che determina la contaminazione dei campioni con uno spettrometro di massa.

Gli scienziati hanno studiato una piccola area a un’altitudine di 3106 metri in cima alla montagna dell’Hoher Sonnenblick nel Nationalpark Hohe Tauern in Austria, dove dal 1886 c’è un osservatorio del Zentralanstalt für Meteorologie und Geodynamik attualmente gestito dal meteorologo e ricercatore artico Elke Ludewig. Da quando le ricerche sono iniziate sull’Hoher Sonnenblick alla fine del XIX secolo, l’osservatorio è rimasto non operativo solo per 4 giorni. La stazione di ricerca è servita anche come base per lo studio sulla diffusione delle nanoplastiche in aree remote.

Ogni giorno, alle 8:00 <,e in tutte le condizioni meteorologiche, gli scienziati hanno rimosso una parte dello strato superiore di neve attorno a un marker e l’hanno conservata con cura. La contaminazione dei campioni da parte di nanoplastiche nell’aria o sui vestiti degli scienziati si è dimostrata un bel problema: «In laboratorio, i ricercatori a volte dovevano rimanere immobili quando un collega maneggiava un campione aperto», dicono gli scienziati.

L’origine delle minuscole particelle è stata tracciata con l’aiuto dei dati meteorologici e del vento europei e i ricercatori hanno così potuto dimostrare che «La maggiore emissione di nanoplastiche nell’atmosfera si verifica in aree urbane densamente popolate. Circa il 30% delle particelle nanoplastiche misurate sulla cima della montagna che provengono da un raggio di 200 chilometri, principalmente dalle città. Tuttavia, a quanto pare, anche la plastica degli oceani del mondo entra nell’aria attraverso gli spruzzi delle onde. Circa il 10% delle particelle misurate nello studio sono state trasportate sulla montagna dal vento e dalle intemperie da oltre 2000 chilometri, alcune delle quali dall’Atlantico».

Oltre alla plastica, in aria c’è ogni tipo di minuscole particelle: dalla sabbia del Sahara ai materiali delle pastiglie dei freni, e non è ancora chiaro se questo tipo di inquinamento atmosferico rappresenti una potenziale minaccia per la salute degli esseri umani. Le nanoparticelle, a differenza delle microparticelle, non finiscono nello stomaco. Vengono risucchiati in profondità nei polmoni attraverso la respirazione, dove le loro dimensioni possono consentire loro di attraversare la barriera del sangue cellulare ed entrare nel flusso sanguigno umano. Resta da capire se questo sia dannoso o addirittura pericoloso.

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