Perché l’eruzione di Tonga è stata così violenta e che cosa possiamo aspettarci
La ricerca dei geologi sui materiali depositati dalle eruzioni del passato indica che fenomeni vulcanici di questa portata si verificano ogni 1000 anni circa e sono costellati da diversi eventi esplosivi separati che potrebbero manifestarsi nel prossimo futuro
di Shane Cronin/The Conversation
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Il Regno di Tonga non attira spesso l’attenzione globale, ma la violenta eruzione di un vulcano sottomarino avvenuta il 15 gennaio ha prodotto un’onda d’urto che si è propagata, letteralmente, in mezzo mondo.
Il vulcano non è un granché da vedere. È formato da due piccole isole disabitate, Hunga-Ha’apai e Hunga-Tonga, che si trovano a circa 100 metri sopra il livello del mare, a 65 chilometri a nord della capitale di Tonga, Nuku’alofa. Ma sotto le onde si nasconde un enorme vulcano, alto circa 1800 metri e largo 20 chilometri.
Nel corso degli ultimi decenni il vulcano Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai ha eruttato regolarmente. Durante gli eventi del 2009 e 2014-2015 getti caldi di magma e vapore sono stati proiettati fuori dalle onde. Ma queste eruzioni erano piccole, una riproduzione in scala degli eventi del gennaio 2022.
La nostra ricerca sulle precedenti eruzioni suggerisce che questa è una delle massicce esplosioni che il vulcano è in grado di produrre ogni 1000 anni circa.
Perché le eruzioni del vulcano sono così fortemente esplosive, considerato che l’acqua di mare dovrebbe raffreddare il magma? Se il magma risale lentamente nell’acqua di mare, anche a temperature di circa 1200 ℃, si forma una sottile pellicola di vapore tra il magma e l’acqua. Ciò costituisce uno strato isolante che permette alla superficie esterna del magma di raffreddarsi. Ma questo processo non si verifica quando il magma viene espulso dal suolo carico di gas vulcanici. Quando il magma entra rapidamente nell’acqua, qualsiasi strato di vapore viene rapidamente disgregato, portando il magma caldo in contatto diretto con l’acqua fredda.
I ricercatori dei vulcani chiamano questo processo “interazione combustibile-refrigerante”: è simile a quello delle esplosioni chimiche usate nelle armi. Le esplosioni estremamente violente disgregano il magma; inizia una reazione a catena, con nuovi frammenti di magma che espongono all’acqua le superfici interne calde, e le esplosioni si ripetono, proiettando infine particelle vulcaniche e causando esplosioni a velocità supersonica.
Le due scale delle eruzioni di Hunga
L’eruzione del 2014-2015 ha creato un cono vulcanico, congiungendo le due vecchie isole Hunga per creare un’unica isola lunga circa cinque chilometri. L’abbiamo visitata nel 2016 e abbiamo scoperto che queste eruzioni storiche non erano altro che i prodromi dell’evento principale.
Mappando il fondo del mare, abbiamo trovato infatti una “caldera” nascosta a 150 metri sotto le onde. La caldera è una depressione simile a un cratere di circa cinque chilometri di diametro. Le eruzioni più piccole (come quelle del 2009 e del 2014-2015) avvengono principalmente sul bordo della caldera, mentre quelle molto grandi provengono dalla caldera stessa. Queste eruzioni di ampie dimensioni sono così devastanti che la parte superiore del magma in eruzione collassa verso l’interno, rendendo la caldera più profonda.
Guardando la chimica delle eruzioni passate, ora pensiamo che le piccole eruzioni rappresentino il sistema magmatico che si ricarica lentamente e si prepara a un grande evento.
In depositi presenti sulle vecchie isole, abbiamo trovato prove di due enormi eruzioni dalla caldera Hunga avvenute in passato. Le abbiamo confrontate chimicamente con i depositi di cenere vulcanica sulla più grande isola abitata di Tongatapu, a 65 chilometri di distanza, e poi abbiamo usato le datazioni al radiocarbonio per dimostrare che le grandi eruzioni dalla caldera avvengono circa ogni 1000 anni e che l’ultima si è verificata nel 1100.
Sulla base di questi dati, l’eruzione del 15 gennaio sembra essere proprio presagire il verificarsi di “una di quelle grandi”.
Che cosa possiamo aspettarci ora
Siamo ancora nel mezzo di questa grande sequenza eruttiva e molti aspetti rimangono poco chiari, in parte perché l’isola è attualmente oscurata da nuvole di cenere. Le due precedenti eruzioni del 20 dicembre 2021 e del 13 gennaio 2022 sono state di dimensioni moderate. Hanno prodotto nuvole fino a 17 chilometri di altezza e hanno aggiunto nuovo terreno all’isola formatasi del 2014-2015.
L’ultima eruzione ha rappresentato un’impennata in termini di violenza. Il pennacchio di cenere è già alto circa 20 chilometri. La cosa più degna di nota è che si è diffuso quasi concentricamente su una distanza di circa 130 chilometri dal vulcano, creando un pennacchio con un diametro di 260 chilometri, prima che fosse deformato dal vento. Questo dimostra un’enorme potenza esplosiva, che non può essere spiegata solo dall’interazione magma-acqua. Mostra invece che dalla caldera sono eruttate grandi quantità di magma fresco e carico di gas.
L’eruzione ha anche prodotto uno tsunami in tutta Tonga e nelle vicine Fiji e Samoa. Le onde d’urto hanno viaggiato per molte migliaia di chilometri, sono state viste dallo spazio e registrate in Nuova Zelanda, a circa 2000 chilometri di distanza. Poco dopo l’inizio dell’eruzione, il cielo è stato oscurato su Tongatapu, e la cenere ha iniziato a cadere.
Tutti questi segni indicano che la grande caldera di Hunga si è risvegliata. Gli tsunami sono generati da onde d’urto atmosferiche e oceaniche accoppiate durante un’esplosione, ma sono anche causati da frane sottomarine e collassi improvvisi della caldera. Non è ancora chiaro se questo sia il culmine dell’eruzione. Rappresenta un importante scarico di pressione del magma, che potrebbe assestare il sistema.
Un motivo di preoccupazione, tuttavia, emerge dallo studio dei depositi geologici che riguardano le precedenti eruzioni del vulcano. Queste sequenze complesse mostrano che ognuno dei grandi episodi di eruzione della caldera avvenuti ogni 1000 anni ha coinvolto molti eventi di eruzione esplosiva separati. Quindi potremmo trovarci di fronte a diverse settimane o addirittura anni di grandi sconvolgimenti vulcanici dal vulcano Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai. Per il bene del popolo di Tonga spero di no.
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L’autore
Shane Cronin è professore di Scienze della Terra presso l’Università di Auckland, in Nuova Zelanda.