Nel 2021 livelli record di calore accumulato nell’Oceano, nonostante il raffreddamento de La Niña
Grande studio a partecipazione italiana: fino a quando non raggiungeremo le emissioni net zero, il riscaldamento continuerà
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«Gli oceani del mondo sono più caldi che mai, continuando la loro serie di temperature record per il sesto anno consecutivo». A dirlo è lo studio “Another record: Ocean warming continues through 2021 despite La Nina conditions”, appena pubblicato su Advances in Atmospheric Sciences da un team internazionale di ricercatori che comprende anche Franco Reseghetti dell’Enea e Simona Simoncelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INVG), e che sui basa sugli ultimi dati raccolti fino al 2021. Un allarme che arriva alla fine del primo anno dell’United Nations’ Decade of Ocean Science for Sustainable Development Goals, i 17 obiettivi interconnessi per salvaguardare le società umane e gli ecosistemi naturali in tutto il mondo, molti dei quali che sono legati alla salute degli oceani.
Lo studio, redatto da 23 ricercatori di 14 istituti scientifici cinesi, statunitensi e italiani, riassume due dataset internazionali dell’Institute of Atmospheric Physics (IAP) dell’Accademia cinese delle scienze (CAS) e dei National Centers for Environmental Information della National Oceanic and Atmospheric Administration Usa (NOAA), che analizzano le osservazioni del calore stoccato nell’oceano e il suo impatto, con dati che vanno dagli anni ’50 ad oggi.
Uno degli autori dello studio, Kevin Trenberth del National Center for Atmospheric Research Usa, evidenzia che «Il contenuto di calore oceanico sta aumentando incessantemente, a livello globale, e questo è un indicatore primario del cambiamento climatico indotto dall’uomo. In questo rapporto più recente, abbiamo aggiornato le osservazioni dell’oceano fino al 2021, rivisitando e rielaborando anche i dati precedenti».
I ricercatori hanno scoperto che nell’ultimo anno, «I 2.000 metri superiori di tutti gli oceani hanno assorbito 14 Zettajoule in più rispetto al 2020, pari a 145 volte la produzione mondiale di elettricità nel 2020». Per capire di cosa si parla: tutta l’energia che gli esseri umani utilizzano nel mondo in un anno è circa la metà di uno Zettajoule che è 1 più 21 zeri joule o 240.000.000.000.000.000.000 di calorie.
Il principale autore dello studio, Lijing Cheng, dell’International Center for Climate and Environment Sciences dell’IAP e del Center for Ocean Mega-Science della CAS, spiega che «Oltre ad assorbire il calore, attualmente, l’oceano assorbe dal 20 al 30% delle emissioni di anidride carbonica antropica, portando all’acidificazione degli oceani; tuttavia, il riscaldamento degli oceani riduce l’efficienza dell’assorbimento di carbonio oceanico e lascia più anidride carbonica nell’aria. Il monitoraggio e la comprensione dell’accoppiamento di calore e carbonio in futuro sono importanti per tenere traccia degli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico».
I ricercatori hanno anche valutato il ruolo di diverse variazioni naturali, come le fasi di riscaldamento e raffreddamento note come El Niño e La Niña, che influiscono notevolmente sui cambiamenti di temperatura regionali. Secondo Cheng, «Le analisi regionali dimostrano che il forte e significativo riscaldamento degli oceani dalla fine degli anni ’50 si verifica ovunque. Tuttavia, le ondate di caldo marine regionali ne sono una conseguenza, con enormi impatti sulla vita marina».
Un altro autore dello studio, John Abraham della School of Engineering dell’università di St. Thomas, sottolinea che «Il nostro lavoro precedente ha dimostrato che gli scienziati hanno bisogno di meno 4 anni di misurazioni del calore oceanico per rilevare un segnale di riscaldamento indotto dall’uomo dalle variazioni naturali. Questo è molto più breve dei quasi tre decenni di misurazioni necessarie per rilevare il riscaldamento globale utilizzando le temperature dell’aria vicino alla superficie terrestre. Infatti, sebbene nei primi 10 anni più caldi, le temperature della superficie globale per il 2021 non siano le più alte mai registrate a causa, tra le altre cose, delle condizioni di La Niña nel Pacifico tropicale. Il contenuto di calore dell’oceano è uno dei migliori indicatori del cambiamento climatico». Durante La Nina, l’oceano assorbe il calore extra, ma lo seppellisce sotto la superficie del mare.
Cheng aggiunge che «Con esperimenti modello, il nostro studio dimostra che il modello di riscaldamento degli oceani è il risultato di cambiamenti nella composizione atmosferica collegati all’uomo. Man mano che gli oceani si riscaldano, l’acqua si espande e il livello del mare aumenta. Gli oceani più caldi potenziano anche i sistemi meteorologici, creando tempeste e uragani più potenti, oltre ad aumentare le precipitazioni e il rischio di inondazioni».
Uno degli autori dello studio, Michael Mann, distinguished professor of atmospheric science alla Pennsylvania State University, conclude: «Gli oceani stanno assorbendo la maggior parte del riscaldamento dalle emissioni antropiche di carbonio umano. Fino a quando non raggiungeremo le emissioni net zero, il riscaldamento continuerà e continueremo a battere i record di contenuto di calore oceanico, come abbiamo fatto quest’anno. Una migliore consapevolezza e comprensione degli oceani sono una base per le azioni per combattere il cambiamento climatico».