Il fortissimo terremoto calabrese dell’8 settembre 1905
A cura di Umberto Fracassi (INGV – Sezione Roma 1)
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Il terremoto calabrese dell’8 settembre 1905 è uno degli eventi sismici più forti avvenuti in Italia. Mario Baratta, noto sismologo dei primi del ‘900, nel suo lavoro “Il grande terremoto calabro dell’8 settembre 1905” (Baratta, 1906) scrisse che il terremoto causò 557 vittime, prevalentemente nel promontorio di Capo Vaticano, dove furono riportati danni fino all’XI grado della scala Mercalli (Fig. 1), tra le località di Tropea e Vibo Valentia (VV).
Le fonti storiche riferirono numerosi effetti ambientali, tra cui fratture del terreno, variazioni nella portata delle fonti idriche, nonché “suoni” e “luci” osservati a ridosso dell’evento (Tertulliani & Cucci, 2008, 2009; Guidoboni et al., 2018). Inoltre, il terremoto provocò un maremoto, osservabile sia in mare aperto (Fig. 2) che lungo la costa del Golfo di Sant’Eufemia, con run-up di alcuni metri ed inondazione di alcune spiagge sino a 30 metri all’interno della linea di riva (Tinti & Maramai, 1996; Guidoboni & Ebel, 2009; NGDC/WDC, 2012, ITED, EMTC).
Il terremoto del 1905 è stato ampiamente studiato, sia da autori contemporanei e successivi all’evento che negli anni recenti. Ciò è dovuto al forte interesse scientifico per quella regione colpita da numerosi terremoti nel corso dei secoli, molti dei quali distruttivi (si pensi alla sequenza del 1638, nonché a quella catastrofica del 1783), ma anche per il momento storico particolare in cui si verificò: poco prima del terremoto che distrusse le città di Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908. Un particolare degno di nota è che, trattandosi degli inizi del XX secolo, per questo terremoto la sismologia strumentale, pur ai suoi albori, fu in grado di offrire una delle primissime registrazioni di un evento sismico.
Sebbene abbia provocato danni ingenti e molte vittime, questo evento è relativamente poco documentato, il che ha contribuito a stime di magnitudo in parte anche molto divergenti, così come le localizzazioni epicentrali, molte delle quali nello specchio di mare del Golfo di Sant’Eufemia. Stando a Rizzo (1906), Boschi et al. (2000), e Guidoboni et al. (2018), il terremoto è avvenuto a terra, mentre per Riuscetti & Schick (1975), Camassi & Stucchi (1997), Michelini et al. (2006), l’epicentro va cercato in mare, come anche suggerito dai dati macrosismici in Rovida et al. (2021). Le stime di magnitudo vanno da quelle strumentali pari a M 7.0 (Martini & Scarpa, 1982) e M 7.5 (Margottini et al., 1993) a quelle macrosismiche (ovvero basate sull’osservazione ex post dei danni) pari a M 6.7 (Guidoboni et al., 2018), M 7.0 (Rovida et al., 2021) e M 7.1 (Postpischl, 1985). Infine, un recente lavoro di Cucci (2021) offre una rielaborazione dei dati strumentali disponibili, proponendo una stima di magnitudo pari a M 7.1.
La sorgente sismogenetica: le diverse ipotesi
Negli ultimi vent’anni, vari autori hanno avanzato proposte di una sorgente sismogenetica in grado di spiegare il terremoto del 1905. Peruzza et al. (1997) hanno proposto un modello di segmentazione crostale caratterizzato da grandi faglie normali pressoché parallele all’asse estensionale della Calabria occidentale. Per il 1905, gli autori hanno suggerito l’esistenza di una faglia immergente ad est, con direzione NNE-SSW, basata su un epicentro in terraferma. Monaco & Tortorici (2000) hanno proposto un modello sismotettonico che va dall’Arco Calabro alla Sicilia orientale e include grandi faglie responsabili dei principali terremoti distruttivi della regione. Relativamente all’evento del 1905, questi autori hanno ipotizzato l’esistenza della Faglia di Capo Vaticano, immergente a NW e diretta NE-SW, ipotizzando un epicentro in mare. Valensise & Pantosti (2001) hanno presentato un modello di sismogenesi che comprende una faglia lunga 40 km, immergente a SE e diretta NE-SW, nei pressi del Golfo di Sant’Eufemia. Alla ricerca della possibile sorgente dello tsunami, Piatanesi & Tinti (2002) hanno calcolato i parametri geometrici e cinematici per le due faglie proposte da Monaco & Tortorici (2000), quella di Capo Vaticano e quella di Vibo Valentia. Cucci & Tertulliani (2006, 2010) hanno proposto la Faglia di Coccorino, immergente a sud e con direzione WNW-ESE, a ridosso del promontorio di Capo Vaticano e del settore settentrionale della Piana di Gioia Tauro. Una sintesi di queste ipotesi è in Figura 4.
Negli ultimi anni, un lavoro di Loreto et al. (2013) ha studiato dati geofisici di varia natura, tra cui sismica a riflessione, anche ad alta risoluzione, acquisita ad hoc in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (INOGS). Sulla base di questi dati gli autori hanno identificato una struttura, immergente a SE e diretta NE-SW, che attraversa il Golfo di Sant’Eufemia nei pressi della costa; secondo questa interpretazione, i dati non mostrano elementi strutturali riferibili alle altre faglie ipotizzate nell’area in precedenza da altri autori.
Inoltre, questi autori ritengono la loro proposta di sorgente (Fig. 5) compatibile con le caratteristiche sin qui note della scossa del 1905 per 4 ragioni:
- le dimensioni della faglia, coerente con le stime di magnitudo (verosimilmente con M ≤ 7.0);
- la rottura identificata sul fondo mare, in corrispondenza dell’emersione del piano di faglia riconosciuto nei dati di sismica a riflessione;
- la posizione in accordo con l’andamento dell’area del massimo danneggiamento;
- la geometria compatibile con l’assetto sismotettonico del sistema di retro-arco afferente all’Arco Calabro.
Nel quadro di un’interpretazione regionale del modello di sismogenesi lungo l’Arco Calabro e, più in generale, dell’asse estensionale dell’Appennino meridionale, il Database of Individual Seismogenic Sources (DISS Working Group, 2021) ha adottato l’interpretazione riportata in Loreto et al. (2013), in attesa di nuovi eventuali dati che possano integrare la conoscenza per questo terremoto e per questo settore a cavallo tra offshore e onshore. Di recente, Tiberti et al. (2017) hanno proposto una lettura del terremoto del 1905 nel quadro di altre scosse catastrofiche che hanno riguardato l’Arco Calabro e che suggeriscono la deformazione attiva dell’intero bacino di retroarco, dall’area sorgente del terremoto del 1908, a sud, sino a quella del terremoto del 1905, a nord (Fig. 6).
Nonostante si tratti di un terremoto relativamente recente, la sua posizione – a ridosso della costa – e le poche registrazioni sismometriche – di qualità scarsa per via dell’età di acquisizione -, non permettono di individuare con certezza l’epicentro del terremoto dell’8 settembre 1905. Naturalmente, anche le stime di magnitudo risentono degli stessi limiti e forse anche altre conoscenze sulla sorgente sismogenetica più plausibile sono ancora da acquisire o integrare. In tal senso, un nuovo lavoro (Fig. 7) da poco pubblicato da Corradino et al. (2021) introduce una nuova interpretazione dell’assetto tettonico del Golfo di Sant’Eufemia e della sua eventuale interazione con la ricostruzione a suo tempo proposta da Loreto et al. (2013).
A cura di Umberto Fracassi (INGV – Sezione Roma 1)