Grandi eruzioni preistoriche innescarono un improvviso riscaldamento globale
di Riley Black/Scientific American
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Nuovi dati geologici indicano la possibile causa di un periodo di eccezionale riscaldamento climatico del remoto passato in un’intensa attività vulcanica che a sua volta scatenò una reazione a catena di eventi Per decenni i climatologi hanno avvertito che esistono dei “punti di ribaltamento” (tipping points) in corrispondenza dei quali l’attuale riscaldamento globale potrebbe causare una cascata di effetti accelerati e irreversibili. Ora i geologi stanno iniziando a identificare momenti di transizione di questo tipo nelle testimonianze fossili. Per esempio, circa 56 milioni di anni fa – quando i nostri piccoli antenati primati saltellavano ancora tra gli alberi – le eruzioni vulcaniche potrebbero aver innescato condizioni da effetto serra che hanno alterato molti processi, dall’evoluzione alla direzione delle correnti oceaniche. Studiando i cambiamenti climatici del passato, i geologi sperano di anticipare come il cambiamento climatico attualmente in corso, causato dagli esseri umani, potrebbe alterare in modo drammatico il nostro mondo.
I ricercatori conoscono da tempo il cosiddetto massimo termico del Paleocene-Eocene (PETM, Paleocene-Eocene Thermal Maximum), un periodo eccezionalmente caldo nella storia della Terra, ma la sua causa è stata molto discussa. Ora, su “Nature Communications” Sev Kender, geologo del British Geological Survey, e i suoi colleghi offrono la prova secondo cui le eruzioni vulcaniche nel Nord Atlantico avrebbero fornito una componente critica a questa esplosione di calore.
Gli indizi chiave dei ricercatori provengono da un sottile nucleo di sedimento estratto da un accumulo di rocce sottomarine vicino all’Islanda. Quest’area, chiamata provincia ignea del Nord Atlantico, si è formata dal magma che uscì dalla crosta terrestre oltre 50 milioni di anni fa. Gli scienziati avevano ipotizzato che l’attività vulcanica che ha creato queste rocce fosse coinvolta nel PETM, dice Kender, quindi il suo gruppo è stato immediatamente incuriosito da indizi della presenza di mercurio nel principale campione estratto.
Un elevato livello di mercurio nelle carote di roccia permette di dare una misura dell’attività vulcanica, e i livelli trovati dal gruppo indicano che le eruzioni del Nord Atlantico si sono verificate al momento giusto e con la giusta intensità per aumentare i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera. Poi, quando i vulcani si sono quietati, l’aumento delle temperature è continuato.
Ran Feng, geologo all’Università del Connecticut, non coinvolto nel nuovo studio, dice che i risultati sono “piuttosto avvincenti” per quanto riguarda la tempistica delle eruzioni e l’inizio del PETM. Lo studio ipotizza che i gas serra vulcanici abbiano riscaldato il clima globale abbastanza da raggiungere un punto di svolta, innescando il rilascio di carbonio bloccato altrove, che ha intensificato ancora di più il riscaldamento globale. Altre prove, come gli indicatori geologici di anidride carbonica atmosferica e oceanica durante questo periodo, potrebbero aiutare a testare ulteriormente l’ipotesi, dice Feng.
Guardare le firme di mercurio nelle rocce del PETM è un approccio promettente per capire che cosa è successo in quel periodo, dice Benjamin Black, geologo del City College di New York, non coinvolto nel nuovo studio. I geologi sperano di andare oltre l’identificazione del ruolo dell’attività vulcanica nel PETM, dice Black, per capire come quel processo si sia effettivamente svolto: “Momenti nel profondo passato della Terra come il PETM forniscono preziosi punti di paragone per capire il comportamento dei sistemi climatici sotto stress”, incluso il nostro clima attuale.