SkyCam, una rete neurale per “identificare” gli Ufo
Sui tetti dell’università di Würzburg, in Germania, è in funzione da qualche giorno una camera all-sky dotata di un algoritmo di machine learning che i ricercatori stanno addestrando a riconoscere in modo autonomo i cosiddetti “fenomeni aerei non identificati”. Un sistema analogo, dice a Media Inaf Daniele Gardiol, potrebbe essere implementato anche sulle camere della rete Prisma
di Marco Malaspina
www.media.inaf.it
Una volta li chiamavamo Ufo: oggetti volanti non identificati. Oggi gli esperti preferiscono usare la sigla Uap, o unidentified aerial phenomena, così da esplicitare che, essendo appunto non identificati, non è detto che siano sempre oggetti né tantomeno volanti. Fenomeni aerei non identificati, dunque – così da comprenderli tutti. E sono tanti: almeno 143, volendo considerare solo quelli elencati nel report reso pubblico lo scorso giugno dall’Office of the Director of National Intelligence statunitense – dove si elencano quelli segnalati dall’aviazione militare Usa nel periodo 2004-2021. Insomma, fenomeni che vale la pena indagare. E infatti c’è chi si è già messo all’opera. Mentre dall’altra parte dell’oceano il Pentagono ha annunciato, nemmeno un mese fa, di voler costituire un gruppo dedicato all’argomento, è notizia di questi giorni che qui in Europa – alla Julius-Maximilians-Universität Würzburg, in Germania – sta nascendo un sistema basato su fotocamere all-sky progettate proprio per intercettare e riconoscere in modo automatico gli Uap.
Come? Grazie all’intelligenza artificiale. Il primo problema da affrontare, volendo catturare i fenomeni aerei non identificati con una rete che funzioni in autonomia, è quello di scartare fenomeni che qualunque essere umano troverebbe identificabilissimi: uccelli, nuvole, aerei, satelliti, per esempio, ma anche fulmini e meteore. Insomma, per concentrarsi sui rari Uap occorre anzitutto filtrare quei tanti fenomeni che Uap di certo non sono. Ed è qui che entra in azione il machine learning. Grazie ad algoritmi ad apprendimento automatico opportunamente addestrati a scartare i falsi positivi, la piattaforma di test SkyCam-5 – osservando il cielo 24 ore su 24 – sta imparando a decidere in piena autonomia se un fenomeno aereo è da considerarsi identificabile o meno.
«Quando la telecamera rileva oggetti noti, li riconosce attraverso una rete neurale convoluzionale, li classifica e memorizza le sequenze video corrispondenti in un database», spiega lo scienziato a capo del progetto, Hakan Kayal, professore di tecnologie per spazio all’università di Würzburg. E pare che il sistema funzioni molto bene: da quando il prototipo è entrato in funzione – a metà di dicembre, sul tetto di uno degli edifici dell’università – ha più volte riconosciuto e classificato correttamente uccelli, aerei ed elicotteri. Un risultato che consente di ridurre notevolmente l’impegno poi richiesto ai ricercatori per valutare i dati raccolti dalla telecamera.
E non è che l’inizio. L’algoritmo di SkyCam dovrebbe infatti diventare sempre più “intelligente” man mano che accumula esperienza e dati. È il motivo per cui è in corso la fase di addestramento: se, ad esempio, l’algoritmo classifica una farfalla che passa come “fenomeno sconosciuto”, i ricercatori gli insegnano che in realtà quella cosa svolazzante è un animale chiamato ‘farfalla’, così la prossima vanessa che si troverà a battere le ali da quelle parti verrà correttamente classificata come tale.
Il passo successivo, dice Kayal, sarà quello di posizionare una seconda SkyCam-5 accanto alla prima. In tal modo, un movimento nel cielo verrebbe registrato solo se visto da entrambe le fotocamere contemporaneamente, così da poter escludere errori del sensore, che ogni tanto possono verificarsi.
Sapendo che – come abbiamo detto – uno tra i fenomeni che SkyCam-5 sa riconoscere sono le meteore, quest’ipotesi di più fotocamere collegate fra loro ci ha fatto venire in mente che in Italia già c’è una rete di camere all-sky per la sorveglianza sistematica del cielo: la rete Prisma dell’Inaf. Non è che sarebbe possibile, dotando le decine di fotocamere che formano la rete di un software analogo a quello di SkyCam-5, rendere anche Prisma in grado d’identificare in modo automatico i fenomeni che osserva? «Assolutamente sì», dice a Media Inaf il coordinatore nazionale di Prisma, Daniele Gardiol, dell’Inaf di Torino. «Sarebbe necessario un upgrade del software e probabilmente anche di parte dell’hardware. È una delle migliorie che vorremmo fare sulla rete, abbiamo già anche indagato delle soluzioni implementative, il problema è il reperimento delle risorse umane e finanziarie necessarie allo sviluppo e all’implementazione».
Quanto ad upgrade dell’harwdare, anche Kayal ha già chiaro cosa chiederà a Babbo Natale per le sue SkyCam. «Vorrei dotare il sistema di telecamere di sensori infrarossi aggiuntivi per poter osservare il cielo in un’altra gamma spettrale. Sarebbe un grande vantaggio anche poter disporre di un sistema di inseguimento sotto forma di telescopio che si allinei rapidamente con gli oggetti in movimento, in grado di fare uno zoom su di loro e inseguirli nel loro percorso».