Si comincia a far luce sulla natura dei misteriosi lampi radio veloci

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Si comincia a far luce sulla natura dei misteriosi lampi radio veloci

A vent’anni dal loro primo rilevamento, l’analisi di alcune di queste enigmatiche e potentissime esplosioni celesti sta iniziando a fornire risposte, sia pure provvisorie, sui diversi meccanismi che possono essere alla loro origine
di Adam Mann/Scientific American
www.lescienze.it

Quando nel 2001 un radiotelescopio australiano colse una fugace esplosione di luce proveniente da un punto ben oltre la Via Lattea, nessuno ci fece caso. Le registrazioni della potente fiammata, che produsse in pochi millesimi di secondo tanta energia quanta ne produce il Sole in un giorno, non furono notate per alcuni anni, fino a quando un gruppo di scienziati che setacciava i dati d’archivio individuò questa immane eruzione, un cosiddetto lampo radio veloce (FRB, fast radio burst).

Simili enigmatiche esplosioni non vengono più ignorate. I ricercatori hanno scoperto che se ne verificano almeno 800 al giorno in tutta la volta celeste, ma ancora non è chiaro che cosa le causi. Gli FRB, uno degli argomenti più studiati in astrofisica, hanno di recente visto numerose scoperte innovative e talvolta in contraddizione tra loro; appaiono regolarmente nella letteratura articoli che rivoluzionano le nostre conoscenze. Sebbene la situazione generale rimanga incerta, proprio nell’ultimo anno ha iniziato a emergere un quadro più chiaro di queste strane entità.

La Piccola Nube di Magellano, da cui proveniva il primo lampo radio veloce mai individuato (© ESA/NASA/JPL-Caltech/STScI)

“Penso che siamo più vicini a capire che cosa sono alcuni degli FRB”, afferma Ziggy Pleunis, astrofisico all’Università di Toronto. “Ma via via mano che procediamo, nuove scoperte portano a nuove domande.”

Secondo molti astronomi ora siamo a un punto di svolta e alcuni dei più grandi enigmi stanno per essere risolti. Innumerevoli osservazioni e studi approfonditi di questi fenomeni favoriscono alcuni modelli del funzionamento interno degli FRB escludendone altri, e nuovi, imminenti progetti dovrebbero contribuire a scartare ulteriori possibilità. Se anche non si riuscisse in questo modo a svelare completamente il mistero, saranno comunque studi fruttuosi. Gli FRB non hanno un interesse puramente accademico: abbiamo capito che la loro luce intensa porta in sé una registrazione del contenuto delle vaste profondità intergalattiche che ha attraversato nel lungo cammino verso la Terra. Questi rapidissimi fuochi d’artificio cosmici, che esplodono apparentemente a caso in tutto il cielo, possono quindi fornire informazioni sulle galassie e sulla materia presente tra esse che non possiamo apprendere in alcun altro modo.

Campi magnetici ultra-intensi
La maggiore novità degli ultimi tempi nel campo degli FRB ha sorpreso tutti. Nell’aprile 2020 tre gruppi di ricerca distinti hanno rilevato un’enorme esplosione di energia radio proveniente da una magnetar situata nella Via Lattea. Le magnetar sono una forma estrema di stelle di neutroni, residui grandi come città dotati di campi magnetici di intensità inconcepibile: ciò che resta quando stelle enormi muoiono esplodendo in forma di supernove. Il campo magnetico di una magnetar può essere così intenso che se ci avvicinassimo a meno di 1000 chilometri, i nuclei atomici e gli elettroni del nostro corpo ne verrebbero disorganizzati e di fatto ci disintegreremmo.

Le magnetar, con i loro campi magnetici ultra-intensi, erano già i principali candidati come fonte di FRB. Ma nessuna delle poche decine presenti nella nostra galassia era mai stata osservata nell’atto di produrre eruzioni che somigliassero a questi fenomeni. La scoperta di un breve e fenomenale lampo radio da una magnetar della nostra galassia, denominata SGR 1935+2154, era esattamente ciò che mancava ai ricercatori. Se l’oggetto si fosse invece trovato in un’altra galassia, anche vicina, come Andromeda, la sua firma sarebbe stata indistinguibile da un normale FRB.

“È stato un momento importantissimo per tutti noi”, afferma Kenzie Nimmo, astronomo all’Università di Amsterdam. “Ha eliminato ogni dubbio che almeno alcuni FRB provengano dalle magnetar.”

L’appassionante scoperta dà nuovi elementi per le congetture teoriche sul meccanismo esatto con cui una magnetar può produrre un FRB. In genere si immagina una sorta di forte “stellamoto” che si verifica sulla magnetar, o forse un’intensissima scintilla emessa quando le tortuose linee del suo campo magnetico si spezzano e si riconnettono. Eventi simili potrebbero generare direttamente il lampo di un FRB oppure potrebbero creare un’onda d’urto che riscalda il materiale circostante, incenerendo la polvere e trasformando il gas in plasma, così da produrre luce mentre si sposta verso l’esterno.

Diversi telescopi hanno osservato un lampo di raggi X che arrivava subito dopo il segnale radio di SGR 1935+2154, portando a ipotizzare che qualunque cosa abbia rilasciato l’energia radio generi anche effetti collaterali più complicati. Ma il significato preciso del fenomeno esplosivo non è ancora chiaro. “È successo sulla superficie della stella o nella magnetosfera o nel materiale intorno alla magnetar?”, chiede Emily Petroff, astrofisica, anch’essa dell’Università di Amsterdam. “Su questo non c’è proprio accordo.”

Curiosità cosmiche
Naturalmente, è improbabile che un singolo FRB permetta di spiegare completamente le moltitudini che ora ne conosciamo. Nell’estate del 2021 il Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment (CHIME), un telescopio situato nella Columbia Britannica dedicato alla ricerca degli FRB, ha pubblicato un catalogo di 536 FRB rilevati durante il primo anno di attività, quadruplicando il numero di quelli registrati fino ad allora. Già si sapeva che esistono due varietà distinte di esplosioni: quelle con segnali che lampeggiano ripetutamente e gli eventi isolati. I dati di CHIME hanno mostrato che i lampi non-ripetitivi sono molto più comuni dei ripetitivi e che le due categorie hanno caratteristiche diverse.

In media, i lampi ripetitivi durano più a lungo delle controparti non-ripetitive, ed emettono la loro luce in una gamma di frequenze più ristretta. Resta da vedere se ciò rappresenti una differenza reale nei meccanismi di produzione di questi lampi o invece qualcos’altro che riguarda l’età o gli ambienti dei loro progenitori. La situazione ricorda il mistero di più lunga data che avvolge un’altra classe di gigantesche esplosioni cosmiche: i lampi di raggi gamma, di cui negli anni novanta si è capito che derivano da tre tipi distinti di eventi, alcuni che emettono energia per durate più brevi, altri più a lungo. È possibile che con futuri rilevamenti si riesca ad approfondire le proprietà visibili degli FRB in modo da trovare qualcosa che distingua ulteriormente le diverse popolazioni.

Il catalogo di CHIME comprende un gran numero di FRB che sono stati associati a galassie molto eterogenee, il che indebolisce il nesso con le magnetar, che emergono quasi esclusivamente nelle galassie che sfornano un numero immane di stelle di grande massa e breve durata. I dati di CHIME sulle FRB includono però anche molte fonti provenienti da galassie più tranquille che formano a malapena qualche nuova stella.

“Le magnetar possono spiegare una parte degli FRB, questo è sicuro”, afferma Shami Chatterjee, astronomo alla Cornell University. “Ma quasi certamente non tutti.”

Un nuovo articolo, attualmente in fase di revisione su “Nature” e pubblicato a maggio sul server di preprint arXiv.org, aggiunge dati a favore di questa affermazione. Facendo uso della rete europea Very Long Baseline Interferometry (VLBI), composta da una schiera di radiotelescopi, un gruppo di ricerca ha determinato con estrema precisione la posizione di un ripetitore designato FRB 20200120E. L’oggetto era stato originariamente localizzato nella vicina galassia a spirale M81, ma la VLBI ha permesso di osservarlo in maggior dettaglio e appurare che si trova all’interno di un antico nugolo densissimo di stelle, un ammasso globulare. Questo tipo di concentrazioni ospitano principalmente stelle con un’età di circa 10 miliardi di anni, mentre si ritiene che le magnetar durino solo per 10.000 anni circa prima di decadere in un’esistenza più tranquilla (e che presumibilmente non emette FRB), come una normale stella di neutroni.

“È un vero punto di svolta”, afferma Mohammadtaher Safarzadeh, astrofisico teorico alla Harvard University. “Qualunque cosa stia causando il segnale FRB ha probabilmente la stessa età dell’ammasso globulare e sicuramente non è una magnetar.”

Scorcio su una delle schiere di antenne del CHIME (© CHIME)

Occasionalmente le magnetar possono forse nascere da due stelle di neutroni che collidono tra loro – un meccanismo di formazione che non è mai stato osservato in modo definitivo – il che in teoria potrebbe consentire a una magnetar giovane di apparire in un luogo molto più “vecchio”, afferma l’astrofisico teorico Bing Zhang dell’Università del Nevada, a Las Vegas. Ma nessuno sa esattamente con quale frequenza si verifichino tali eventi o per quanto tempo rimangano attive le magnetar risultanti; è quindi difficile invocare un modello del genere per uno specifico FRB.

A complicare ulteriormente il quadro delle magnetar c’è un altro caso speciale: FRB 20180916B, noto anche come R3 perché è stato il terzo lampo ripetitivo scoperto. La sua ubicazione era attribuita in origine a una regione di formazione stellare vicina al centro di una galassia a spirale distante circa mezzo miliardo di anni luce, ma successivamente si è dimostrato che R3 si trova alla periferia della galassia, e questo fa pensare che si tratti di un oggetto più vecchio oppure allontanato in un secondo momento dal suo luogo di nascita, più vicino al centro. L’aspetto più strano è però che l’entità produce esplosioni solo durante una finestra di attività lunga da quattro a cinque giorni che si verifica ogni 16,35 giorni; è quindi classificato come ripetitivo periodico.

È tuttora misterioso il motivo che può indurre una tale peculiare regolarità. Una possibilità è una magnetar che ruoti sul proprio asse come una trottola, a volte puntando i getti verso la Terra e altre volte in un’altra direzione. In alternativa può trattarsi di un oggetto in orbita attorno a un altro, per esempio un buco nero circondato da un disco di materiale, che quindi oscurerebbe ciclicamente gli eventi esplosivi. Sono stati proposti modelli ancora più esotici, come una coppia di stelle di neutroni orbitanti le cui magnetosfere interagiscono periodicamente generando una cavità in cui possono aver luogo le eruzioni.

“Questo campo è oggi così ricco di interesse proprio perché ci sono tante possibilità entusiasmanti”, afferma Chatterjee.

Verso le risposte

Ci sono ancora varie domande aperte che assillano gli astronomi che si occupano di FRB. I non-ripetitivi sono davvero eventi unici oppure esploderebbero di nuovo se li osservassimo abbastanza a lungo? La magnetar nella nostra galassia sembra piuttosto silenziosa. Era forse significativamente più attiva da giovane? È possibile che altri scenari esotici, come asteroidi che colpiscono un buco nero, producano in qualche modo segnali simili agli FRB? Quasi quotidianamente compaiono altre osservazioni e teorie in nuovi preprint, allettando e frustrando chi cerca di dare un senso a tutto ciò.

La collaborazione CHIME sta attualmente costruendo una serie di piccoli telescopi aggiuntivi che contribuiranno a triangolare le posizioni esatte nel cielo di un numero enorme di FRB. Si prevede che entro pochi anni conosceremo le posizioni precise di centinaia o addirittura migliaia di eventi. Oltre a porre ulteriori vincoli ai modelli degli FRB, questi dati consentiranno ai ricercatori di svolgere importanti misurazioni dell’universo.

In origine gli astronomi sapevano che gli FRB provenivano dall’esterno della Via Lattea solo perché la loro luce era dispersa, cioè le frequenze più alte arrivavano qualche millisecondo prima di quelle più basse. Ciò indicava che le onde radio incontravano enormi quantità di elettroni mentre viaggiavano attraverso il mezzo intergalattico. Osservando il fondo cosmico a microonde, il bagliore residuo risalente a poco tempo dopo il big bang, i cosmologi hanno stimato la quantità di materia visibile nell’universo e ne hanno dedotto un valore pari a circa il doppio di quello osservato nelle stelle e nelle galassie.

Raffigurazione di un FRB in viaggio verso la Terra. I colori rappresentano il fascio di luce che arriva a diverse lunghezze d’onda: le lunghezze d’onda più corte (blu) arrivano svariati secondi prima di quelle più lunghe (rosso) (© Jingchuan Yu, Planetario di Pechino)

Adesso si prevede di usare gli FRB per puntare un riflettore sulle regioni intergalattiche, dove si ritiene che risieda questa materia mancante. L’anno scorso un gruppo di ricerca ha sfruttato alcuni FRB per stimare la quantità di materiale attraverso cui era passata la luce e ha mostrato che corrispondeva in modo quasi esatto alla materia assente. L’obiettivo finale consiste nella costruzione di una mappa completa della materia in tutto l’universo. Inoltre, la luce di alcuni FRB è altamente polarizzata – le onde sono ruotate da campi magnetici lungo il percorso – e questo potrebbe fornire agli astronomi informazioni sulle condizioni magnetiche in altre galassie o negli spazi tra di esse.

Nel frattempo rimane il mistero delle origini degli FRB. Per quanto si concordi sempre più sul fatto che il fenomeno può richiedere molteplici spiegazioni fisiche, gli addetti ai lavori sanno che ogni certezza sarà illusoria e sfuggente. “Sono certo che entro il prossimo decennio avremo ancora qualche sorpresa, come la magnetar galattica che non sapevamo nemmeno di dover cercare, che farà avanzare significativamente le nostre conoscenze”, dice Petroff.

Un’ipotesi diffusa è che almeno alcuni FRB non ripetitivi derivino da eventi catastrofici, come collisioni tra stelle di neutroni, che emetterebbero anche onde gravitazionali. Se un radiotelescopio osservasse un’esplosione nello stesso momento del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) o dei suoi analoghi in tutto il mondo, questa possibilità acquisterebbe ancor più credibilità. E se una collisione del genere producesse una magnetar, potrebbe succedere che l’FRB cataclismatico iniziale dia origine a un’altra sorgente di FRB, questa volta ripetitiva? Per ora nessuno lo sa.

Fra le aree di ricerca dell’astronomia, gli FRB sono ancora giovani e vivaci. Dati gli eventi recenti, uno dei loro primi scopritori, l’astrofisico Duncan Lorimer della West Virginia University, non prevede che la ricerca sugli FRB rallenterà presto: “Proprio quando sembrava che le cose si stessero chiarendo, ecco un anno con tutte queste straordinarie scoperte”.

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