Nell’Artico pioverà sempre di più e nevicherà sempre meno
Cambiamenti che avverranno decenni prima di quanto si pensasse e avranno pesanti conseguenze per fauna ed esseri umani
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Secondo lo studio “New climate models reveal faster and larger increases in Arctic precipitation than previously projected” appena pubblicato su Nature Communications da un team internazionale di ricercatori guidato dalla canadese Michelle McCrystall del Centre for Earth Observation Science dell’università del Manitoba, « Nell’Artico cadrà più pioggia che neve e questa transizione avverrà decenni prima di quanto precedentemente previsto».
Le proiezioni degli ultimi modelli pubblicate nello studio mostrano infatti un forte aumento del livello e della gamma di precipitazioni previste nell’Artico e i ricercatori dicono che «La maggior parte di questi eventi futuri sarà pioggia . Questo cambiamento si sta verificando a causa del rapido riscaldamento, della perdita di ghiaccio marino e del trasporto di calore verso il poli nell’Artico».
La McCrystall evidenzia che «Ci sono enormi ramificazioni di questi cambiamenti, come una riduzione del manto nevoso, un aumento dello scioglimento del permafrost, più eventi di pioggia rispetto a quelli di neve e maggiori eventi di inondazione a causa dell’aumento delle portate dei fiumi, che hanno tutte implicazioni sulle popolazioni della fauna selvatica e sui mezzi di sussistenza umani».
Lo studio prevede che questa transizione verso un’era dominata dalla pioggia nell’Artico inizierà in momenti diversi a seconda della stagione e della regione. Ad esempio, i nuovi modelli prevedono che in autunno il passaggio della predominanza delle piogge rispetto alle nevicate si verificherà tra il 2050 e il 2080, mentre i vecchi modelli prevedevano che sarebbe accaduto tra il 2070 e il 2090. E in quello che potrebbe essere considerato un presagio, proprio mentre ricercatori stavano preparando il loro studio, ad agosto di quest’anno la pioggia è caduta per la prima volta nella storia sul punto più alto della calotta glaciale della Groenlandia.
La McCrystall è preoccupata: «Il fatto che attualmente stia piovendo sulla vetta della Groenlandia e che forse ne avremo di più in futuro, mi sconcerta. E quando parliamo di ciò che accadrà nel 2100, sembra che debba passare osì tanto tempo, ma sono solo 80 anni. E’ la prossima generazione. E se continuiamo sulla traiettoria che stiamo percorrendo, molti problemi potrebbero verificarsi anche più velocemente di quanto previsto».
Lo studio avverte che la riduzione della copertura nevosa nell’Artico aggraverà ulteriormente il riscaldamento globale attraverso il feedback dell’albedo, maggiori flussi invernali di CO2, rilasci di metano dal suolo e scongelamento del permafrost.
Il cambiamento delle precipitazioni influenzerà anche l’umidità del suolo e le acque sotterranee e le reti fungine sotterranee che supportano tutta la flora fuori terra. E, come fa notare uno degli autori dello studio, Bruce Forbes dell’Arktisen keskuksen della Lapin Yliopisto (Arctic Center dell’università della Lapponia), «Più eventi di pioggia rispetto alla neve possono portare eventi catastrofici di fame per le popolazioni di caribù renne e buoi muschiati selvatici: le spesse croste di ghiaccio che si formano in questo caso quando l’aria si raffredda possono essere impenetrabili, inibendo agli animali l’accesso al foraggio. Ma si prevede che le popolazioni di uccelli migratori nell’Artico se la caveranno bene con queste condizioni più calde e umide».
Un altro autore dello studio, Mark Serreze, direttore del National Snow and Ice Data Center dell’università del Colorado – Boulder, sottolinea che «Il problema che dobbiamo affrontare oggi è che l’Artico sta cambiando così velocemente che la fauna selvatica artica potrebbe non essere in grado di adattarsi. Non è solo un problema per le renne, i caribù e i buoi muschiati, ma anche per le persone del nord che dipendono da loro».
Il team di ricerca, che comprende anche scienziati dell’University College London e dell’università di Exeter, evidenzia che «Se possiamo rimanere sotto gli 1,5° C di riscaldamento globale, allora alcuni di questi cambiamenti previsti (vale a dire il transizione verso precipitazioni dominate dalle piogge) potrebbe non verificarsi in alcune regioni dell’Artico. Ma se continuiamo sulla traiettoria attuale, che date le attuali politiche globali significa che potremmo raggiungere il riscaldamento globale di 3° C entro la fine del secolo, questa transizione probabilmente avverrà».
Per il coautore dello studio James Screen, del dipartimento di matematica e del Global Systems Institute dell’università di Exeter, «I nuovi modelli non potrebbero essere più chiari sul fatto che, a meno che il riscaldamento globale non venga fermato, il futuro Artico sarà più umido: una volta scongelati i mari saranno acque aperte e la pioggia sostituirà la neve».
Non è noto cosa significhi questa transizione delle precipitazioni da neve a pioggia per il ghiaccio marino e i ricercatori fanno notare che «In breve, più pioggia significa più acqua dolce sulla superficie dell’oceano, il che potrebbe favorire la crescita del ghiaccio marino, ma più pioggia è associata a più caldo, il che ridurrebbe la crescita del ghiaccio marino».
La McCrystall conclude: «La gente potrebbe dire: “Beh, cosa ha a che fare con me?” Bene, questo ci influenzerà e, in realtà, ci sta influenzando ora. Penso che ciò che le persone devono capire è che viviamo in una società globale in cui tutto è interconnesso, e questo è vero per il clima. Abbiamo un clima globale. Quindi, ciò che accade in una regione, influenzerà quel che accade ovunque».