Le foreste tropicali stanno ricrescendo in maniera sorprendentemente veloce
Le terre agricole e i pascoli abbandonati potrebbero essere una delle soluzioni contro la deforestazione
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Le foreste tropicali vengono convertite in campi agricoli e pascoli a un ritmo allarmante attraverso la deforestazione. Negli ultimi decenni, il pascolo del bestiame ha rappresentato circa i due terzi della deforestazione in Brasile. Arrestare il cambiamento climatico richiede non solo di fermare la deforestazione, ma anche di invertirla, ad esempio, trasformando i pascoli in boschi. Il nuovo studio “Multidimensional tropical forest recovery”, pubblicato su Science da un team di ricercatori internazionali dimostra che, quando i terreni vengono abbandonati, le foreste tropicali ricrescono e si riprendono sorprendentemente velocemente e che «Dopo 20 anni, possono raggiungere in media quasi l’80% della fertilità del suolo, dello stoccaggio del carbonio nel suolo, della struttura e della diversità degli alberi delle foreste vetuste».
Lo studio evidenzia che «Per la mitigazione dei cambiamenti climatici. la rigenerazione naturale è una soluzione a basso costo basata sulla natura, la conservazione della biodiversità e il ripristino degli ecosistemi».
Semi, radici e ceppi che si sono conservati nel sottosuolo, aiutati dal clima caldo e umido dei tropici, alimentano una nuova crescita e questo consente ai giovani alberi di crescere rapidamente. Studiando 77 territori e oltre 2.200 aree forestali in tutta l’America tropicale e l’Africa occidentale. il team internazionale di ecologi tropicali ha analizzato come 12 caratteristiche della foresta si riprendono durante il processo naturale di rigenerazione forestale e come il loro recupero sia correlato. Nelle aree studiate, il suolo si è ripreso in meno di un decennio, mentre vari strati di piante e alberi sono tornati in 25-60 anni.
Secondo l’autore principale dello studio, l’olandese Lourens Poorter dell’università di Wageningen, «Sono rimaste poche foreste vetuste. E’ quindi essenziale proteggere attivamente le foreste vetuste e fermare l’ulteriore deforestazione. Ma notiamo anche che le foreste tropicali hanno il potenziale per ricrescere naturalmente in aree già deforestate su terreni abbandonati. Queste foreste in ricrescita coprono vaste aree e possono contribuire a obiettivi locali e globali per il ripristino dell’ecosistema. Forniscono benefici globali per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici e la conservazione della biodiversità e molti altri servizi per le popolazioni locali, come acqua, combustibile, legno e prodotti forestali non legnosi».
Ogni anno viene abbattuta una distesa di foresta tropicale di circa 46.000 Km2 due volte più grande del Belize (più o meno quanto l’Emilia Romagna e la Toscana messe insieme) per far spazio ad agricoltura, pascoli e selvicoltura. Gran parte di quella terra, dopo averla coltivata o sfruttata fino a esaurirne le sostanze nutritive, viene abbandonata perché è più economico disboscare altro territorio che continuare a utilizzare pascoli o terreni agricoli esausti.
I ricercatori volevano sapere quanto velocemente le terre abbandonate potrebbero riprendersi e hanno scoperto che le cosiddette foreste secondarie si riprendono in maniera sorprendentemente veloce e Poorter evidenzia che «Questo indica che ci sono grandi benefici a breve termine dal ripristino della foresta tropicale naturale. Tuttavia, la velocità di recupero differisce fortemente tra le caratteristiche ella foresta: il recupero al 90% dei valori delle foreste vetuste è più veloce per la fertilità del suolo (meno di 10 anni) e per il funzionamento delle piante (meno di 25 anni), intermedio per la struttura e la diversità delle specie (25-60 anni) e il più lento per la biomassa fuori terra e la composizione delle specie (più di 120 anni)».
Le foreste secondarie sono foreste che ricrescono naturalmente dopo l’abbattimento quasi completo della copertura forestale per utilizzi antropogenici (di solito per coltivazioni o allevamenti di bestiame). Attualmente oltre la metà delle foreste tropicali del mondo non sono foreste vetuste, ma foreste che si rigenerano naturalmente, gran parte delle quali è costituita da foresta secondaria. Nell’America Latina tropicale, le foreste secondarie coprono fino al 28% della superficie terrestre.
Un altro autore dello studio, il cileno Dylan Craven dell’Universidad Mayor, spiega che «Abbiamo analizzato il modo in cui il recupero di diversi attributi della foresta fosse correlato. Abbiamo scoperto che la dimensione massima degli alberi, la variazione nella struttura della foresta e la ricchezza delle specie arboree sono indicatori robusti del recupero di più caratteristiche della foresta. Questi tre indicatori sono relativamente facili da misurare e possono essere utilizzati per monitorare il ripristino delle foreste. Ora, utilizzando il telerilevamento, si possono già monitorare le dimensioni e la variazione degli alberi su vaste aree e scale temporali».
L’autore senior dello studio Bruno Hérault, del CIRAD Costa d’Avorio, conclude: «L’importanza locale e globale delle foreste secondarie e il loro rapido recupero dopo 20 anni dimostrano perché incoraggiamo l’adozione della rigenerazione naturale (assistita) come soluzione low-cost basata sulla natura per raggiungere gli obiettivi internazionali per il ripristino degli ecosistemi, la mitigazione dei cambiamenti climatici e il ripristino della biodiversità. Tuttavia, per il ripristino non c’è un proiettile d’argento e potrebbe essere necessario un mix di ripristino naturale e attivo. C’è un intero gradiente di soluzioni, che vanno dalla rigenerazione naturale, alla rigenerazione naturale assistita, all’agroforestazione, alle piantagioni. La soluzione ottimale dipende dalle condizioni del sito locale, dalle persone locali e dalle loro esigenze. Utilizzando questo mix di approcci possiamo creare territori più naturali, biodiversi e resilienti».