La specie umana è destinata ad estinguersi a breve termine?
Il degrado dell’habitat, la bassa variazione genetica e il declino della fertilità starebbero preparando Homo sapiens al collasso demografico e all’estinzione
di Henry Gee/Scientific American
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Riportate la mente indietro, se volete, al 1965, quando Tom Lehrer registrò il suo album dal vivo That Was the Year That Was. Lehrer introdusse una canzone intitolata So Long Mom (A Song for World War III) dicendo che “se vogliamo che ci siano delle canzoni sulla terza guerra mondiale, sarà meglio che cominciamo a scriverle adesso”. Oltre all’annientamento nucleare, un’altra preoccupazione degli anni sessanta era la sovrappopolazione. Il libro di Paul Ehrlich, biologo alla Stanford University, The Population Bomb fu pubblicato nel 1968, un anno in cui il tasso di crescita della popolazione mondiale superava il 2 per cento, il più alto mai registrato nella storia.
Mezzo secolo dopo, la minaccia dell’annientamento nucleare ha perso la sua imminenza. Per quanto riguarda la sovrappopolazione, oggi sulla Terra vivono più del doppio delle persone del 1968, e lo fanno (in termini molto ampi) in un comfort e un’agiatezza maggiori di quanto si potesse supporre. Anche se la popolazione è ancora in aumento, il tasso di crescita si è dimezzato dal 1968.
Le previsioni attuali sulla popolazione variano. Ma il consenso generale è che raggiungerà il massimo intorno alla metà del secolo e poi comincerà a scendere bruscamente. Già nel 2100, la popolazione globale potrebbe essere meno numerosa di quella attuale. Nella maggior parte dei paesi, compresi quelli più poveri, il tasso di natalità è ora ben al di sotto del tasso di mortalità. In alcuni paesi, la popolazione sarà presto la metà del valore attuale. La gente sta iniziando a preoccuparsi per la sottopopolazione.
n Come paleontologo, ho una visione a lungo termine. Le specie di mammiferi tendono ad andare e venire piuttosto rapidamente, apparendo, prosperando e scomparendo in un milione di anni o giù di lì. Le testimonianze fossili indicano che Homo sapiens si è aggirato sulla Terra per 315.000 anni o giù di lì, ma per la maggior parte di questo periodo la specie è stata rara, così rara, in effetti, da essersi avvicinata all’estinzione, forse più di una volta. È così che sono stati gettati i semi della rovina dell’umanità: la popolazione attuale è cresciuta, molto rapidamente, da qualcosa di molto più piccolo. Il risultato è che, come specie, H. sapiens è straordinariamente “monotona”. C’è più variazione genetica in alcuni gruppi di scimpanzé selvatici che nell’intera popolazione umana. La mancanza di variazione genetica non è mai un bene per la sopravvivenza delle specie.
Inoltre, negli ultimi decenni la qualità dello sperma umano è diminuita in modo marcato, forse contribuendo ai tassi di natalità più bassi, per ragioni di cui nessuno è veramente sicuro. L’inquinamento — un sottoprodotto del degrado antropico dell’ambiente — è un possibile fattore. Un altro potrebbe essere lo stress, che, suggerisco, potrebbe essere innescato dal vivere in prossimità di altre persone per un lungo periodo. Per la maggior parte dell’evoluzione umana, le persone hanno vissuto spostandosi sul territorio in bande sparse. L’abitudine di vivere in città, praticamente uno sopra l’altro (letteralmente, in un condominio), è un’abitudine molto recente.
Un’altra ragione della flessione nella crescita demografica è economica. I politici si sforzano di realizzare una crescita economica incessante, ma questo non è sostenibile in un mondo in cui le risorse sono finite. H. sapiens già oggi sequestra tra il 25 e il 40 per cento della produttività primaria netta, cioè la materia organica che le piante creano da aria, acqua e Sole. Oltre a essere una cattiva notizia per i milioni di altre specie del nostro pianeta che dipendono da questa materia, questo sequestro potrebbe avere effetti deleteri sulle prospettive economiche umane. Al giorno d’oggi le persone devono lavorare di più e più a lungo per mantenere gli standard di vita goduti dai loro genitori, ammesso che tali standard siano ottenibili. Infatti, ci sono sempre più prove che negli ultimi vent’anni la produttività economica si è arrestata o è addirittura diminuita a livello globale. Un risultato potrebbe essere che le persone stanno rimandando il momento di avere figli talmente a lungo che la loro stessa fertilità inizia a diminuire.
Un ulteriore fattore che influisce sul calo del tasso di crescita demografica è un fenomeno che non possiamo che considerare benvenuto, e che anzi abbiamo atteso fin troppo: l’emancipazione economica, riproduttiva e politica delle donne. È iniziata solo da poco più di un secolo, ma ha già raddoppiato la forza lavoro e migliorato il livello di istruzione, la longevità e il potenziale economico dell’umanità in generale. Con una migliore contraccezione e una migliore assistenza sanitaria, le donne non hanno bisogno di avere così tanti figli per assicurarsi che almeno alcuni sopravvivano ai pericoli della prima infanzia. Ma avere meno figli, e farlo più tardi, significa che le popolazioni probabilmente si ridurranno.
La minaccia più insidiosa per il genere umano è però un fenomeno chiamato “debito di estinzione”. Nel progresso di qualsiasi specie, anche di quelle che sembrano fiorenti, arriva un momento in cui l’estinzione sarà inevitabile, non importa cosa possano fare per evitarla. La causa dell’estinzione è di solito una reazione ritardata alla perdita di habitat. Le specie più a rischio sono quelle che dominano in aree con habitat specifici a spese di altre specie, che tendono a migrare altrove e sono quindi più diffuse. Gli esseri umani occupano più o meno tutto il pianeta e, avendo sequestrato gran parte della produttività di questa estensione di habitat estesa su scala planetaria, di fatto siamo dominanti al suo interno. La specie H. sapiens potrebbe quindi già essere un morto che cammina.
I segni ci sono già, per chi vuole vederli. Quando l’habitat si degrada tanto che abbiamo meno risorse da sfruttare; quando la fertilità inizia a diminuire; quando il tasso di natalità scende al di sotto del tasso di mortalità; e quando le risorse genetiche sono limitate, il declino è inevitabile. La domanda è: “Quanto sarà veloce?”
Ho il sospetto che la popolazione umana sia destinata non solo a contrarsi ma a crollare, e presto. Per parafrasare Lehrer, se abbiamo intenzione di scrivere qualcosa sull’estinzione umana, è meglio iniziare a farlo ora.
Henry Gee è paleontologo, biologo evoluzionista ed editor per “Nature”. Ha pubblicato, tra l’altro, La specie imprevista (il Mulino, 2011) e Tempo profondo (Einaudi, 2006)