La difesa di Venezia dall’acqua alta e il futuro delle barene nella laguna
Team di ricercatori dell’Università di Padova evidenzia che il 70% della sedimentazione indispensabile alla sopravvivenza delle barene si concentra proprio durante gli eventi di acqua alta fermati dal Mo.S.E.
Fonte: Università di Padova
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Nella Laguna di Venezia l’apporto di sedimenti che permette alle barene di tenere il passo con l’innalzamento del livello del mare avviene prevalentemente durante eventi di acqua alta. Se da un lato l’utilizzo del sistema Mo.S.E. a protezione della città di Venezia risolve, almeno temporaneamente, il problema delle acque alte che sempre più frequentemente allagano Venezia e gli altri centri abitati della laguna, dall’altro avrà un impatto importante sull’evoluzione morfologica della laguna, in generale, e delle sue barene, in particolare. Decapitando le maree con livello previsto maggiore di 110 cm sul riferimento di Punta della Salute, infatti, il sistema Mo.S.E. ridurrà in maniera importante i tassi di accrescimento delle barene con conseguenze preoccupanti per la conservazione dell’ecosistema lagunare.
Questo è quanto emerge dallo studio “Marsh resilience to sea-level rise reduced by storm-surge barriers in the Venice Lagoon”, pubblicato da un team di ricercatori tutto padovano sulla prestigiosa rivista scientifica «Nature Geoscience»; la ricerca è frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (ICEA), il Dipartimento di Geoscienze e il Centro Interdipartimentale di Idrodinamica e Morfodinamica Lagunare (CIMoLa) dell’Università di Padova nell’ambito del Progetto Venezia 2021, finanziato dal Provveditorato alle Acque di Venezia tramite CO.RI.LA – il Consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti al sistema lagunare di Venezia.
La ricerca, coordinata dai docenti Luca Carniello del Dipartimento ICEA e Andrea D’Alpaos del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, è stata condotta dal 2018 al 2021 monitorando diverse barene nella laguna di Venezia.
Per la prima volta sono state integrate misure di campo e strumenti modellistici per stimare le variazioni dell’apporto di sedimenti sulle barene causate dall’utilizzo del sistema Mo.S.E. per la protezione dalle acque alte. I ricercatori hanno così quantificato il contributo degli eventi di acqua alta all’accrescimento delle barene e la modifica che ne deriva con l’utilizzo del Mo.S.E., fornendo una prospettiva di studio che possa essere applicata ad altri sistemi lagunari e costieri nel mondo caratterizzati dalla presenza di barriere mobili.
«Le barene sono strutture morfologiche tipiche degli ambienti a marea come lagune ed estuari – spiega Andrea D’Alpaos –. Sono formazioni pianeggianti, vegetate da piante alofile e caratterizzate da quote altimetriche comprese tra il livello medio del mare e i massimi livelli di marea. Per questo motivo esse sono periodicamente sommerse dalle maree. Le barene offrono importanti servizi ecosistemici, tra i quali il miglioramento della qualità delle acque, la conservazione di habitat riproduttivi per l’avifauna e per diverse specie ittiche, lo stoccaggio di carbonio e la protezione delle coste dalle mareggiate. L’innalzamento del livello medio del mare ne può compromettere la sopravvivenza qualora esse non siano in grado di accrescersi verticalmente. È chiaro, dunque, che un sufficiente apporto di sedimenti è necessario per permettere alle barene di contrastare l’innalzamento del livello del mare. È tuttavia ancora oggetto di dibattito scientifico quale sia il contributo relativo degli eventi di acqua alta e delle condizioni di marea ordinarie all’apporto di sedimenti alle barene. L’intera ricerca si è sviluppata con l’obiettivo di dare una risposta a quest’ultima domanda».
«Il monitoraggio di 27 stazioni di misura della sedimentazione distribuite in tre diverse aree di studio nella Laguna di Venezia, condotto con continuità dal 2018 al 2021 – racconta Davide Tognin, che ha condotto la ricerca durante il suo Dottorato di Ricerca all’Università di Padova – ci ha permesso di descrivere la variazione temporale della sedimentazione sulle barene. Il monitoraggio ha richiesto un campionamento con frequenza mensile o in concomitanza di eventi di acqua alta particolarmente intensi. I campioni raccolti sono stati analizzati per stimare i tassi di sedimentazione e le caratteristiche del materiale depositato, come ad esempio il contenuto di sostanza organica. Dalle analisi è emerso che circa il 70% della sedimentazione si concentra durante gli eventi di acqua alta, nonostante la loro breve durata confrontata con le condizioni di marea ordinaria».
«Da questo primo risultato – spiega Luca Carniello – è sorta spontanea una seconda domanda: se gli eventi di acqua alta sono determinanti per l’apporto di sedimenti alle barene, l’utilizzo del sistema Mo.S.E., che dovrebbe porre fine alle maree molto sostenute e alle maree eccezionali in laguna, comporterà una modifica sostanziale delle dinamiche sedimentarie sulle barene stesse? Le misure condotte in questi tre anni, anche durante l’attivazione del sistema Mo.S.E. durante lo scorso inverno, insieme all’utilizzo di strumenti modellistici sviluppati presso il Dipartimento ICEA, ci hanno permesso di confrontare diversi scenari e quantificare la variazione dell’apporto di sedimenti alle barene a seguito dell’entrata in servizio del sistema Mo.S.E. In particolare, la chiusura delle barriere alle attuali soglie di sicurezza comporterà una riduzione tra il 25 e 30% della sedimentazione annuale sulle barene che, fino ad oggi, ha consentito loro di mantenere il passo con l’incremento del medio mare (media dei livelli di marea registrati) a Venezia. Questa riduzione è pertanto tale da mettere in forte discussione la sopravvivenza delle barene in laguna già nel breve-medio termine».
«La situazione di Venezia non rappresenta un caso isolato – ricorda Marco Marani, direttore del CIMoLa –, infatti i sistemi di protezione delle città costiere dagli allagamenti dovuti a particolari condizioni meteorologiche e all’innalzamento del livello del mare sono sempre più comuni. Basti pensare all’estuario della Schelda nei Paesi Bassi, alla barriera sul fiume Tamigi per la protezione di Londra, agli sbarramenti per proteggere San Pietroburgo e New Orleans. Sono inoltre in fase di progettazione analoghi sistemi per proteggere Shanghai, Houston e New York. Molte di queste città sorgono nei pressi di aree umide costiere, lagune ed estuari dall’importante valore ambientale, ma che, alla luce dei risultati presentati in questo lavoro, sono o saranno interessati da pesanti cambiamenti nelle loro dinamiche morfologiche dovute all’utilizzo di questi sistemi di protezione. È chiaro come la riduzione del rischio di allagamento non possa prescindere da queste opere, ma è anche evidente come la loro corretta gestione sia fondamentale per la conservazione dell’ambiente naturale».
Link alla ricerca: https://www.nature.com/articles/s41561-021-00853-7
Titolo: Marsh resilience to sea-level rise reduced by storm-surge barriers in the Venice Lagoon – «Nature Geoscience» – 2021
Autori: Davide Tognin, Andrea D’Alpaos, Marco Marani, Luca Carniello