Fukushima: nuovo studio lancia l’allarme sull’impatto a lungo termine dello sversamento delle acque della centrale
Una recente ricerca, condotta da un team di scienziati cinesi, avverte che le acque provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima finiranno per contaminare tutto l’Oceano Pacifico nel giro di 10 anni
di Rosita Cipolla
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Il Giappone ha ormai deciso da diversi mesi. Nonostante le polemiche da parte delle associazioni ambientaliste e dei Paesi vicini, le acque della centrale nucleare di Fukushima saranno rilasciate nell’Oceano Pacifico. Le operazioni inizieranno a partire dalla primavera del 2023, come annunciato la scorsa estate dalla Tepco (la società che gestisce l’impianto). Secondo il governo giapponese e diversi scienziati, lo sversamento delle acque radioattive – sottoposte ad uno specifico trattamento – avrebbero un impatto minimo, quasi nullo, sull’ecosistema oceanico.
Ma adesso un nuovo studio apparso sulla National Science Review mette in guardia sugli effetti a lungo termine sull’Oceano Pacifico. La recente ricerca è stata condotta da un team di scienziati cinesi, guidati dalla Tsinghua University, che hanno mappato i potenziali effetti globali del rilascio dell’acqua, che è stata diluita per portare la concentrazione di trizio (isotopo radioattivo dell’idrogeno) al di sotto dei livelli massimi consentiti.
Tutto l’Oceano Pacifico finirà per essere contaminato nel giro di 10 anni
Il trizio è il principale inquinante presente nell’acqua trattata che il Giappone ha pianificato di scaricare. – avvertono gli esperti –Pertanto, la diffusione del trizio è stata simulata con parametri appropriati.
Secondo il team di scienziati cinesi, l’acqua proveniente dall’impianto di Fukushima potrebbe contaminare tutto l’Oceano Pacifico nel giro di un decennio.
I risultati della macro simulazione hanno rivelato che nelle prime fasi di scarico degli inquinanti, l’area inquinata si estenderà rapidamente, raggiungendo i 30° di latitudine × 40° di longitudine entro 120 giorni. – spiegano gli esperti – A causa delle correnti oceaniche, la velocità di diffusione degli inquinanti è notevolmente in direzione della latitudine rispetto a quella della longitudine. L’area della striscia ad alta concentrazione rimane vicina a 35°N.
E, in base alla simulazione effettuata dagli esperti cinesi, dopo poco più di mille giorni l’acqua contaminata dal trizio raggiungerebbe le coste dell’America del Nord e dell’Australia.
Dopo 1200 giorni, gli inquinanti arriveranno sulle coste del Nord America dell’Est e dell’Australia del Sud, e quindi copriranno quasi l’intera regione del Pacifico settentrionale. – si legge nello studio – Perciò, tali inquinanti viaggeranno lungo il Canale di Panama a causa della corrente equatoriale. Entro 2400 giorni, una piccola parte degli inquinanti potrebbe raggiungere l’Oceano Indiano attraverso le acque a nord dell’Australia. Dopo 3600 giorni, gli inquinanti occuperanno quasi tutto l’Oceano Pacifico. Sebbene lo scarico di sostanze inquinanti si dovrà verificare vicino all’isola giapponese, nel tempo, l’acqua con alte concentrazioni di inquinanti si sposterà verso est lungo la latitudine di 35°N.
Insomma, l’impatto sull’ecosistema oceanico potrebbe essere ben più preoccupante rispetto a quanto annunciato dalle autorità giapponesi.
Paesi vicini al Giappone, come la Cina e la Corea del Sud, si sono opposti in maniera dura al piano del Governo giapponese e da tempo chiedono ulteriori verifiche per smaltire in maniera più sicura le acque dell’impianto di Fukushima Dai-ichi. Ma Tokyo non è affatto disposto a fare marcia indietro ed è intenzionato a procedere col suo piano.
Per avere l’approvazione da parte da parte dell’opinione pubblica, nelle scorse settimane le autorità giapponesi hanno invitato gli esperti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) delle Nazioni Unite per discutere con i funzionari di tutti i dettagli tecnici dell’operazione che prendere avvio nella primavera del 2023.
Fonte: National Science Review