Cina: “lo sversamento in mare delle acque contaminate del Giappone è un’azione irresponsabile”
Protestano anche i pescatori di Fukushima: così uccidete la pesca e l’oceano vivente
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Nell’aprile 2021, il governo giapponese ha deciso di scaricare nell’Oceano Pacifico l’acqua radioattiva immagazzinata all’interno della centrale nucleare Fukushima Daiichi. Il piano della Tokyo Electric Power Company (TEPCO) che gestisce la lunghissima e costosissima dismissione del cadavere nucleare di Fi ukushima Daiichi è quello di costruire un pipeline ungo il fondo dell’oceano e rilasciare acqua radioattiva diluita trattata a 1 km al largo della costa di Fukushima. Una decisione che ha fatto arrabbiarfe i Paesi vicini, in particolare la Corea del Sud e la Cina.
Ieri, durante una conferenza stampa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, detto che «Il Giappone ha sempre pubblicizzato il suo trattamento scientifico e trasparente delle acque contaminate nucleari di Fukushima, ma esso non è stato riconosciuto né all’interno del Giappone né a livello internazionale».
Di fronte alla decisione del Giappone di scaricare nell’Oceano Pacifico le acque contaminate stoccate nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi la Cina accusa: «Il Giappone non ha proposto tutte le misure di sicurezza, non ha rilevato completamente le informazioni relative e non ha negoziato appropriatamente con i paesi vicini e le istituzioni internazionali. In questa situazione, il Giappone ha deciso unilateralmente di sversare nel mare le acque contaminate, e questa è un’azione irresponsabile».
Per Lijian. «La parte giapponese deve fornire una risposta seria alle preoccupazioni dei Paesi vicini e della comunità internazionale, sospendere il prima possibile questa decisione sbagliata e interrompere tutti i preparativi».
A novembre, Greenpeace Japan ha condotto la sua 33a indagine sulle radiazioni di Fukushima dopo il disastro nucleare, durante la quale gli attivisti hanno intervistato Haruo Ono, un pescatore di Shinchi Town, nelle prefettura di Fukushima, che è convinto che scaricare acqua radioattiva nell’oceano farà nuovamente sprofondare nella crisi più nera l’industria della pesca di Fukushima: «Come si può permettere che accada una cosa del genere. Anche l’oceano è vivo, lo sai!».
Ono, che è nato in una famiglia pescatori da tre generazioni, ha visto il suo mondo crollare l’11 marzo 2011, quando il gigantesco tsunami seguito al grande terremoto del Giappone orientale mandò in tilt quella che era considerata una delle centrali nucleari più sicure del mondo, Fukushima Daiichi, provocando un disastro nucleare. Poco dopo si scoprì che il pesce sbarcato dai pescherecci conteneva sostanze radioattive e ai pescatori non restò altra scelta che interrompere volontariamente tutte le attività di pesca al largo di Fukushima per circa un anno. Nel giugno 2012, a poco più di un anno dal disastro, sono ricominciate i test di pesca e successivamente è stata autorizzata la vendita di alcuni prodotti ittici, come polpi e alcuni crostacei. Nel febbraio 2020, il divieto è stato finalmente revocato per tutti i frutti di mare e pesci e ora a Ono è permesso di uscire in mare per pescare fino a 10 volte al mese. Ma un mese dopo il decimo anniversario del disastro, ad aprile di quest’anno, il governo giapponese ha deciso di scaricare l’acqua radioattiva stoccata a Fukushima Daiichi nell’oceano.
Ono ha detto ai tecnici di Greenpeace Japan: «Finalmente i pesci stanno iniziando a tornare dopo dieci anni, ma se ora versano trizio nell’acqua, non importa quanto lo diluiscono, chi comprerà quei pesci? Chi vuole mangiare pesce avvelenato?» Ono sa bene di cosa parla: per 10 anni non ha potuto pescare liberamente e il suo pescato era poco richiesto perché veniva da Fukushima de ora, di fronte alla decisione di scaricare l’acqua contaminata in mare, si chiede: «“Allora perché non l’hanno scaricata in mare dieci anni fa? Questo perché sarebbe stato sbagliato, giusto?»
Dopo che è stata presa la decisione di scaricare l’acqua inquinata nell’oceano, il governo giapponese ha tenuto una serie di sessioni informative a Shinchi, alle quali ha partecipato anche Ono, che però dice di non aver ancora ricevuto una risposta sul motivo per cui stanno per scaricare l’acqua nell’oceano: «Il responsabile è arrivato alle 15:30 e la sessione è finita alle 5. Ci sono stati 30 minuti per le domande. All’improvviso, ci consegnano un’enorme pila di documenti e si aspettano che comprendiamo. Abbiamo il diritto di fare domande, abbiamo il diritto di sapere. Se non c’è altra scelta che scaricare l’acqua nell’oceano, allora vogliamo una risposta accettabile su questa decisione».
La “Valutazione dell’impatto radiologico riguardante lo scarico dell’acqua trattata dalle ALPS nel mare” di TEPCO, pubblicata nel novembre 2021, utilizzava la stessa tecnica: «TEPCO è abile nel raccontare la storia. Fanno sembrare che abbiamo accettato la decisione. Sono molto bravi a manipolare il linguaggio e, soprattutto, quante persone leggeranno effettivamente un documento così grosso?», si chiede ancora Ono.
Per Greenpeace Japan, «Dietro la perdurante sfiducia c’è un decennio di reiterata disonestà da parte del governo e della TEPCO nei confronti dei pescatori locali. Prima di tutto, nel 2015 TEPCO aveva promesso alla Federazione delle Associazioni Cooperative di Pesca della Prefettura di Fukushima che “non avrebbe né trattato né smaltito” l’acqua contaminata stoccata all’interno dei container, “in alcun modo, senza che gli interessati ne capissero” . Inoltre, con le segnalazioni secondo cui l’acqua trattata con l’Advanced Liquid Processing System (ALPS) conteneva effettivamente livelli di radiazioni diversi dal trizio, come il carbonio-14, che superavano i livelli consentiti, hanno ripetutamente tradito la fiducia dei residenti locali e di coloro che sono coinvolti nel locale pesca».
Ono accusa il governo centrale e la prefettura di aver messo al primo posto gli interessi della TEPCO e non quelli dei cittadini: «Non dovrebbero essere le vittime, i residenti locali, che hanno bisogno di protezione? Nessuno ha acconsentito a questo. E poi vanno a prendere una decisione così sconsiderata a prescindere. L’oceano è il nostro luogo di lavoro. Riuscite a immaginare come ci si sente a essere inquinati intenzionalmente?»
Secondo Mitsuhisa Kawase di Greenpeace Japan, «L’8 dicembre 2021 c’erano un totale di circa 1.285 milioni di tonnellate di acqua contaminata da radiazioni stoccate nei serbatoi all’interno della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Nel corso del 2020, con l’afflusso di acque sotterranee negli edifici del reattore nucleare e il raffreddamento dei detriti del combustibile, la quantità di acqua è aumentata a un ritmo di circa 140 tonnellate al giorno».
TEPCO ha avvertito che i serbatoi saranno pieni entro la primavera del 2023, da qui la decisione di scaricare l’acqua inquinata nell’oceano. Ma una sottocommissione del ministero dell’economia, del commercio e dell’industria, istituita nel 2019, ha suggerito che c’è spazio per costruire più serbatoi all’interno dell’impianto: «Se possiamo continuare a immagazzinare l’acqua inquinata, non c’è bisogno di affrettarsi a prendere una decisione. Perché si stanno affrettando a prendere una decisione, quando potremmo trovare un modo migliore per elaborare l’acqua in futuro?»
Greenpeace Japan rivela che «TEPCO prevede di eliminare i radionuclidi, diversi dal trizio, a livelli inferiori agli standard normativi e di diluire il trizio a 1/40 dei livelli consentiti prima di scaricare l’acqua nell’oceano. La TEPCO afferma che il livello di trizio scaricato annualmente non supererà i 22 trilioni di becquerel all’anno – il limite annuo massimo che era in vigore prima del disastro nucleare – e che condurrà revisioni regolari. Tuttavia, sia che si diluisca l’acqua inquinata sia che si utilizzino nuove tecniche per scaricarla, la quantità totale di radiazioni rilasciate nell’ambiente non cambia. Mentre l’emivita del trizio potrebbe essere di 12 anni, l’emivita del carbonio-14 è di 5730 anni. Finché l’acqua viene scaricata, il materiale radioattivo continuerà ad accumularsi nell’oceano».
Ono non ci sta: «Ci vorranno 30 o 40 anni prima di vedere gli effetti. La relazione causale sarà diventata poco chiara e sarà impossibile provare qualcosa. Che ne sarà del futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti? Non è nemmeno chiaro chi si assumerà la responsabilità. Sembra che sia il nostro oceano, ma non è il nostro oceano».
I pescatori sono convinti che stiano andando avanti senza le persone che hanno vissuto nell’oceano per così tanto tempo vengano davvero coinvolte. I pescatori di Fukushima affrontano una dura realtà. Possono andare a pescare solo fino a 10 volte al mese e il loro reddito mensile arriva a circa 120.000 Yen (~940 euro). Il futuro è scuro e i loro problemi continuano ad aumentare. “Chi vorrebbe continuare a pescare in un ambiente del genere, chi vorrebbe che i propri figli diventassero pescatori? Se va avanti così, non ci sarà un’altra generazione di pescatori. Scaricare l’acqua nell’oceano è l’ultima goccia», commenta Ono.
In risposta al piano di scarico dell’acqua contaminata nell’oceano, il governo e la TEPCO hanno promesso risarcimenti e misure per contrastare i danni alla reputazione, alle imprese forestali e ittiche locali. Ma per Ono il punto non è questo: «Si stanno concentrando esclusivamente su cose come mitigare i danni alla reputazione dei prodotti locali o promesse di acquistare il nostro pesce, ma non è questo l’importante. Non catturiamo pesci in modo che possano essere gettati via. Vogliamo catturarli in modo che le persone possano mangiarli e gustarli. Primo, perché non va bene rilasciare radiazioni sulla terraferma, ma va bene metterle nell’oceano? Ci sono le montagne e l’acqua dei fiumi che scorre nel mare, il plancton cresce, i pesci piccoli mangiano il plancton e i pesci più grandi mangiano i pesci più piccoli. Questo è il ciclo. Inquinare è facile, ma una volta inquinato non si può tornare a com’era prima. Anche l’oceano è vivo, lo sai».
L’oceano che Ono sta cercando di proteggere è lo stesso oceano che ha portato via la vita di suo fratello dieci anni fa, nello tsunami: «L’oceano può uccidere, ma può anche dare vita. Se non lo proteggiamo noi, chi lo farà? I pesci non hanno voce. Anche l’oceano è vivo. E anche noi siamo cittadini di questo Paese, lo sapete. Vi prego, qualcuno, per favore, ci ascolti».
Kawase conclude: «Attualmente, presso la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, sono in corso i preparativi per scaricare l’acqua inquinata nell’oceano nella primavera del 2023. Questo ò distruggerà i mezzi di sussistenza e la dignità dei pescatori di Fukushima, e le loro strazianti suppliche non hanno ancora raggiunto il governo o la TEPCO, che sono concentrati solo sul mantenimento dell’aspetto superficiale del “recupero”».
La Cina potrebbe essere uno strano e inaspettato alleato internazionale per i pescatori e gli ambientalisti giapponesi, ma si tratta di un alleato molto scomodo perché il sospetto che la polemica sullo scarico dell’acqua radioattiva tra Pechino e Tokyo (entrambe potenze nucleari civili e la Cina anche militare) faccia parte dello scontro tra i due nazionalismi da sempre ostili per il controllo di territori marini e insulari, delle loro risorse energetiche ed ittiche e delle rotte commerciali che controllano è grande.