Partita la missione DART della NASA: cercherà di deviare la rotta di un asteroide
La missione proverà a modificare la rotta di un asteroide lanciandogli contro una piccola sonda. Sarà il primo test di una tecnica che potrebbe proteggere il nostro pianeta da collisioni pericolose e verrà ripreso da un microsatellite di costruzione italiana
di Emiliano Ricci
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Nel corso della sua lunga storia, la Terra è stata colpita più volte da corpi vaganti nel sistema solare. Si pensa che una di queste collisioni, avvenuta appena 50 milioni di anni dopo la nascita del nostro pianeta, con un asteroide delle dimensioni di Marte, abbia addirittura dato origine alla Luna, che in pratica è nata da una “costola” della Terra.
In tempi più recenti, alcune collisioni hanno causato o comunque hanno contribuito a grandi estinzioni di massa, come quella del Permiano (250 milioni di anni fa) e quella certamente più famosa del Cretaceo (65 milioni di anni fa), che pose fine al dominio dei dinosauri. Alcuni crateri da impatto sono ancora oggi ben visibili sulla superficie del nostro pianeta, a testimonianza del fatto che la Terra ha avuto un passato di collisioni comune a tutti i corpi del sistema solare, con la rilevante fortuna di avere una spessa atmosfera, capace di proteggerla almeno dai corpi più piccoli, che si consumano per attrito prima di arrivare a terra.
Al giorno d’oggi, il rischio che la Terra possa essere nuovamente bersaglio di un asteroide di grosse dimensioni non è altissimo, ma non è nemmeno nullo, considerato che nel corso degli anni sono sempre più numerose le scoperte di oggetti con orbite che passano a distanze pericolosamente ravvicinate a quella del nostro pianeta. Per alcuni di questi, infatti, potrebbe essere sufficiente una piccola perturbazione gravitazionale per farli diventare proiettili scagliati contro la Terra. Ecco perché, fra le migliaia di cosiddetti NEO (“Near-Earth Object”, oggetto [con orbita che passa]vicino alla Terra), alcune centinaia sono state già classificate come “oggetti potenzialmente pericolosi”, o PHO (“Potentially Hazardous Object”).
Ora, se è vero che nessun asteroide conosciuto di dimensioni superiori ai 140 metri ha una possibilità significativa di colpire la Terra nei prossimi 100 anni, è anche vero che si stima di conoscere appena il 40 per cento dei NEO esistenti. È naturale quindi che le potenze spaziali si preoccupino non solo di monitorare attentamente le orbite di questi oggetti, ma anche di individuare possibili soluzioni per evitare il loro impatto con il nostro pianeta, nel malcapitato caso in cui davvero uno di questi corpi puntasse la propria traiettoria verso di noi.
Fra le varie soluzioni proposte – alcune delle quali mostrate anche in film di fantascienza di dubbio realismo, ma ricchi di effetti speciali, come Deep Impact e Armageddon – al momento appare privilegiata una, meno distruttiva di altre, ma che si spera possa essere efficace: quella di deviare l’orbita di un asteroide con una collisione cinetica, ovvero senza esplosioni, ma solo con la potenza di un semplice urto con un “impattatore”.
È proprio con l’intenzione di dimostrare la bontà di questa scelta che la NASA il 24 novembre (data di apertura della finestra di lancio) lancerà a bordo di un razzo SpaceX Falcon 9 dalla Vandenberg Air Force Base, in California, la prima missione di questo tipo: DART, acronimo di “Double Asteroid Redirection Test”, ovvero test di deviazione di un asteroide doppio. E ad accompagnare la sonda principale ci sarà anche un piccolo satellite tutto italiano, LICIACube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), che avrà lo scopo di documentare da una distanza di sicurezza l’impatto e le relative conseguenze.
“La missione DART è il primo test a scala reale della tecnica dell’impattatore cinetico per deviare un asteroide da un’orbita di collisione con il nostro pianeta”, spiega a “Le Scienze” Elisabetta Dotto, astronoma all’INAF–Osservatorio astronomico di Roma, e coordinatrice del gruppo scientifico del progetto LICIACube.
“DART, la cui massa è di circa 550 chilogrammi, si schianterà a una velocità di 6,6 chilometri al secondo sulla superficie di Dimorphos, il piccolo satellite (160 metri di diametro) dell’asteroide Didymos (780 metri di diametro), al fine di modificare di circa dieci minuti il suo periodo orbitale, che attualmente è di circa 12 ore. L’obiettivo principale è dimostrare l’efficacia della tecnica dell’impattatore cinetico per deviare corpi potenzialmente pericolosi dalla loro orbita di collisione con il nostro pianeta. Ci si prefigge inoltre di determinare la quantità di moto trasferita da DART e, più in generale, di avere un primo test per studiare gli effetti delle collisioni ad alta velocità con gli asteroidi, compresi gli effetti dinamici a lungo termine del materiale espulso a seguito dell’impatto.”
DART è dunque un veicolo spaziale progettato come strumento di prova di una tecnologia e l’asteroide bersaglio non è in alcun modo una minaccia per il nostro pianeta, né tanto meno lo diventerà dopo l’impatto. “Trattandosi del primo test a scala reale di una tecnica sinora mai sperimentata – continua Dotto – si è scelto un bersaglio che fosse in un’orbita vicina alla Terra, un NEO, appunto, ma che nello stesso tempo fosse sicuro e soprattutto un oggetto per il quale fosse relativamente semplice e rapida la stima da Terra delle conseguenze dell’impatto. Didymos rappresenta quindi il target migliore: è un NEO e ha un piccolo satellite sul quale fare l’esperimento di impatto, provocando una variazione del periodo orbitale facilmente misurabile da Terra nelle settimane immediatamente successive alla collisione.”
Nonostante lo scopo di DART sia quello di essere usata come proiettile ad alta velocità, la sonda monterà a bordo uno strumento, DRACO (Didymos Reconnaissance and Asteroid Camera for Optical navigation), una camera ad alta risoluzione che supporterà sia la navigazione che la fase scientifica prima dell’impatto. Le immagini acquisite da DRACO verranno inviate a Terra in tempo reale. Ma a fare gran parte del lavoro di documentazione sarà, come detto, un satellite frutto della tecnologia italiana: LICIACube.
“LICIACube è un piccolo satellite tutto italiano – commenta Dotto – gestito e finanziato dall’Agenzia spaziale italiana (ASI), costruito dall’azienda Argotec di Torino, il cui gruppo scientifico, coordinato dall’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), include ricercatori di enti di ricerca (INAF e Consiglio nazionale delle ricerche) e università (Bologna, Parthenope di Napoli e Politecnico di Milano). Inoltre, l’ASI ospita e gestisce, presso il suo Space Science Data Center, il centro delle operazioni scientifiche (SOC, dall’acronimo inglese Science Operations Center). Gli obiettivi scientifici di LICIACube sono: testimoniare l’impatto di DART, studiare il pennacchio di detriti e l’eventuale cratere, e analizzare la parte non impattata di Dimorphos per contribuire alla determinazione della forma e del volume del corpo e alla stima del momento angolare trasferito dall’impatto. Si tratta della prima missione tutta italiana con navigazione autonoma nello spazio profondo.”
Ma quanto è grande LICIACube e quali strumenti monta a bordo? “LICIACube è un piccolo satellite – risponde Dotto – poco più grande di una scatola da scarpe. Nonostante le ridotte dimensioni, però, sarà equipaggiato con due camere, LEIA (Liciacube Explorer Imaging for Asteroid) e LUKE (Liciacube Unit Key Explorer). LEIA è una camera monocromatica ad alta risoluzione spaziale che verrà usata anche per la navigazione e che alla minima distanza da Dimorphos (pari a circa 50-55 chilometri) permetterà di analizzare i dettagli della superficie con la precisione di circa 1,4 metri. LUKE è invece una camera multicolore che permetterà di ottenere immagini in tre colori (RGB); il suo grande campo permetterà inoltre di studiare la struttura del pennacchio di detriti anche nella fase di allontanamento del cubesat da Dimorphos.”
Per svolgere queste operazioni, a un certo punto della missione LICIACube dovrà necessariamente separarsi dalla sonda principale DART, in modo da non condividerne la sorte. “Circa dieci giorni prima dell’impatto di DART sulla superficie di Dimorphos, LICIACube verrà rilasciata e comincerà il suo volo autonomo verso il sistema di Didymos”, spiega ancora Dotto. “A partire da circa 50 secondi prima dell’impatto, LICIACube comincerà ad acquisire immagini e testimonierà l’avvenuto impatto rivelando una variazione nella luminosità di Dimorphos. Via via che si avvicinerà all’obiettivo continuerà ad acquisire immagini, con tempi di acquisizione ottimizzati per l’osservazione del pennacchio di detriti, del cratere, e dell’emisfero non impattato, al fine di caratterizzare la struttura e la composizione della superficie dell’oggetto e acquisire dati utilizzabili per la determinazione della forma e del volume.”
Come accennato, oltre all’impatto, sono allo studio altre tecniche alternative per deviare un asteroide in rotta di collisione con la Terra. “Da decenni sono in fase di studio le tecniche di mitigazione di un possibile impatto asteroidale con il nostro pianeta – conferma Dotto – ma la tecnica dell’impattatore cinetico è indubbiamente la più matura; spingere lentamente un oggetto lontano da una traiettoria di collisione con la Terra è una valida alternativa, anche se richiede tempi più lunghi. Per esempio, il ‘trattore gravitazionale’ consiste nell’avvicinare al corpo potenzialmente pericoloso una sonda che, sfruttando l’attrazione gravitazionale esercitata dalla sua massa, riesce a modificare la traiettoria dell’asteroide. Altri studi, volti soprattutto a capire che cosa fare nel caso di un’allerta dell’ultimo momento, sono invece dedicati all’uso di cariche nucleari che esplodano in prossimità dell’asteroide. Non ci sono però al momento test o dimostrazioni a scala reale, DART è il primo esperimento in tal senso.”
L’impatto di DART con Dimorphos è previsto per il 2 ottobre 2022, quando il sistema Didymos si troverà a 11 milioni di chilometri dalla Terra, una distanza assolutamente di sicurezza, ma che permetterà anche osservazioni con strumenti a terra per misurare il cambiamento di quantità di moto impartito al piccolo satellite. In attesa che poi, nel 2024, venga lanciata la missione Hera, dell’Agenzia spaziale europea, con l’obiettivo di raggiungere nuovamente il sistema nel 2027 per controllare e valutare da vicino gli effetti dell’impatto di DART.
Le due missioni fanno infatti parte della missione congiunta NASA-ESA denominata Asteroid Impact and Deflection Assessment (AIDA, traducibile in “valutazione dell’impatto e della deflessione di un asteroide”), a dimostrazione che i pericoli provenienti dal cielo sono presi veramente sul serio. Perché tutti quanti, come Abraracourcix, capo del villaggio gallico di Asterix, abbiamo la paura che il cielo ci cada sulla testa. Ma, come egli stesso afferma per darsi coraggio: “Che cada è certo, ma di sicuro non domani”. E con DART speriamo di dimostrare che se un asteroide volesse davvero caderci addosso, saremo comunque in grado di evitarlo anche domani.