Il contributo dell’aviazione al riscaldamento globale è maggiore di quanto si pensasse
Gli aerei hanno finora contribuito per il 4% al riscaldamento globale osservato dal 1850, ma questa percentuale sta aumentando rapidamente
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Lo studio “Quantifying aviation’s contribution to global warming”, pubblicato recentemente su Environmental Research Letters da un team di ricercatori dell’università di Oxford, Manchester Metropolitan University e TFC Rutherford Appleton Laboratory, rivela che L’aviazione è responsabile di un riscaldamento globale maggiore di quanto risulta prendendo in considerazione solo la sua impronta di carbonio.
Secondo la nuova ricerca finanziata da agenzie governative britanniche e da Horizon 2020 dell’Unione europea, «L’aviazione potrebbe consumare fino a un sesto del budget delle temperature rimanente necessario per limitare il riscaldamento a 1,5˚ C entro il 2050» e suggerisce che «Se le emissioni del settore non devono aumentare ulteriormente il riscaldamento, le emissioni prodotte dall’industria aeronautica devono essere ridotto ogni anno.
Dato che è ampiamente riconosciuto che l’aviazione è un settore difficile da decarbonizzare, questo studio punta a stimolare la discussione sulla “quota equa” dell’aviazione nel futuro riscaldamento globale. Per quantificare il contributo all’aumento delle temperature da parte delle emissioni storiche dell’aviazione, i ricercatori britannici hanno sviluppato una tecnica semplice, includendo sia gli impatti CO2 che non CO2. Nonostante un contributo del solo 2,4% al emissioni globali di CO2, l’aviazione ha finora contribuito per il 4% al riscaldamento globale osservato dal 1850 e questa percentuale sta aumentando rapidamente. Inoltre, al ritmo attuale, l’aviazione da sola si mangerebbe il 17% del margine del budget di temperatura che ci rimane prima di raggiungere i 2° C di riscaldamento globale.
Dallo studio emerge che per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, le emissioni del trasporto aereo dovrebbero diminuire di circa il 2,5% all’anno (con i combustibili fossili), ma avverte che che per il momento non esiste nessun piano d’azione credibile e che la prospettiva per i prossimi 30 anni è essenzialmente la continuazione dell’insostenibile trend attuale.
Uno degli autori dello studio, Miles Allen della School of Geography dell’università di Oxford, fa notare che «Qualsiasi aumento delle emissioni ha un impatto sproporzionato, causando molto riscaldamento. Tuttavia, ogni calo ha un impatto sproporzionato anche nella direzione opposta. Quindi la buona notizia è che non abbiamo bisogno di interrompere immediatamente i voli per evitare che l’aviazione causi un ulteriore riscaldamento, ma abbiamo chiaramente bisogno di un cambiamento fondamentale di direzione e di un’innovazione radicale per il futuro».
Valutando le rispettive influenze delle emissioni di CO2, NOx e scie di condensazione, lo studio spera di informare strategie e piani futuri e i ricercatori ricorda che «L’industria aeronautica ha iniziato solo di recente ad affrontare l’effetto di riscaldamento dei voli e questo studio è tempestivo per quantificare tale impatto. Le soluzioni discusse in questo studio, come il passaggio a combustibili alternativi, presentano un chiaro percorso per ridurre al minimo il riscaldamento, ma richiederanno tempo per essere implementate. A breve termine, ci sono azioni che l’industria può intraprendere proprio ora».
Uno degli autori dello studio, Simon Proud, del National Centre for Earth Observation di Oxford e del STFC Rutherford Appleton Laboratory, sottolkinea che «Un divieto di rifornimento di carburante, quando gli aerei trasportano più carburante del necessario, e quindi bruciano carburante extra, per risparmiare il costo del rifornimento a destinazione, ridurrebbe le emissioni di CO2 nella sola Europa di quasi un milione di tonnellate».
Sono state discusse altre soluzioni, tra cui un controllo del traffico aereo più efficiente e la riduzione al minimo dei modelli di attesa negli aeroporti.