L’influenza del bracconaggio sulla selezione di elefanti senza zanne
Il fatto che la graduale sparizione delle zanne in popolazioni decimate da questa pratica sembri curiosamente riguardare solo le femmine ha trovato ora una spiegazione grazie a un nuovo studio genetico, che chiama in causa una pressione evolutiva esercitata dagli esseri umani
di Rachel Nuwer/Scientific American
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Nel 1989, quando Joyce Poole, etologa che si occupava di elefanti, ha iniziato a effettuare studi su tre popolazioni di elefanti dell’Africa orientale per capire l’impatto che il bracconaggio pesante stava avendo su di loro, ha subito notato diverse tendenze nette. C’era un enorme squilibrio nel rapporto tra i sessi, con pochissimi maschi adulti. In molte famiglie mancavano le femmine anziane e molte di quelle femmine non avevano zanne.
Le osservazioni di Poole – che pochi mesi dopo sarebbero state usate per sostenere il divieto del commercio internazionale di avorio – erano allarmanti, ma per lo più avevano senso. I bracconieri, si sapeva, davano la priorità agli elefanti con le zanne più grandi. Poiché le zanne crescono continuamente durante la vita di un elefante, e poiché le zanne dei maschi pesano circa sette volte quelle delle femmine, i maschi più vecchi tendevano a essere uccisi per primi, seguiti dai maschi più giovani e poi dalle femmine più vecchie. Aveva anche senso che la mancanza di zanne – una caratteristica che si trova naturalmente in una minoranza di animali in Africa – fosse apparentemente selezionata in modo artificiale, perché i bracconieri non avevano motivo di sparare a un animale del genere.
Quello che però Poole trovava sconcertante era che la mancanza di zanne non sembrava riguardare i maschi, nonostante il fatto che fossero gli obiettivi principali dei bracconieri. “È qualcosa che mi ha lasciato perplessa per molto tempo”, afferma l’etologa, cofondatrice e direttrice scientifica di ElephantVoices, un’organizzazione no profit per la scienza e la conservazione. “Quante più uccisioni c’erano, tante più erano le femmine senza zanne. Ma perché non c’erano maschi senza zanne?”.
Più di trent’anni dopo, potrebbe finalmente avere la sua risposta. La mancanza di zanne, secondo un nuovo articolo pubblicato su “Science”, può essere attribuita in gran parte a una mutazione dominante sul cromosoma X, un cambiamento genetico che spiega anche lo squilibrio tra i sessi osservato da Poole. Nelle femmine, le mutazioni in un gene chiave su uno dei loro cromosomi X sembra essere responsabile della mancanza di zanne. Invece nei maschi, che non hanno un altro cromosoma X funzionante, quella mutazione sembra causare la morte del feto.
“Si tratta di un bellissimo studio che di sicuro diventerà un esempio da manuale di come l’intenso sfruttamento umano della fauna selvatica può cambiare rapidamente il mondo naturale”, afferma Jeffrey Good, genetista evolutivo dei mammiferi all’Università del Montana, non coinvolto nella ricerca. “Solo pochi anni fa, una conoscenza genetica così profonda di complessi cambiamenti evolutivi in grandi animali liberi sarebbe stata irraggiungibile”.
Shane Campbell-Staton della Princeton University, co-autore principale del nuovo lavoro, ha dedicato la sua carriera a studiare i modi in cui gli esseri umani forzano tali cambiamenti evolutivi in tutto l’albero della vita. Gli esempi vanno dai classici casi delle falene Biston betularia del Regno Unito che hanno cambiato il loro colore dominante delle ali da bianco a nero durante la rivoluzione industriale, o delle lucertole che ora stanno evolvendo zampe più lunghe e piedi con più presa per correre su edifici di città lisci.
In genere, però, studi del genere si concentrano su piccole creature che hanno popolazioni di grandi dimensioni e rapidi cambi generazionali perché i cambiamenti che subiscono sono più facili da osservare in tempo reale. Ciò ha lasciato una notevole lacuna nella letteratura scientifica che il nuovo studio aiuta a colmare. “Questo studio è tra i primi a dimostrare che l’uccisione selettiva di grandi vertebrati può avere un impatto diretto sul cambiamento evolutivo”, afferma Fanie Pelletier, ecologista dell’Università di Sherbrooke, in Quebec, coautrice di un articolo di commento pubblicato sullo stesso numero di “Science”.
Gli elefanti non erano una scelta ovvia per Campbell-Staton, che finora si è concentrato soprattutto sulle lucertole. Ma si è trovato coinvolto nel mistero degli elefanti senza zanne quando ha visto un video su YouTube che riguardava questo fenomeno. Il video si concentrava sul parco nazionale di Gorongosa, in Mozambico, che ha subito un bracconaggio particolarmente pesante durante la guerra civile mozambicana, dal 1977 al 1992. La popolazione di elefanti di Gorongosa è diminuita di circa il 90 per cento, da più di 2500 individui nel 1972 a meno di 250 nel 2000. Come altri luoghi che avevano subito un intenso bracconaggio, le femmine di elefanti di Gorongosa mostravano una proporzione insolitamente elevata di assenza di zanne.
Campbell-Staton era perplesso come lo era stata Poole, e presto ha iniziato una collaborazione con lei e altri ecologi che si occupano di elefanti. I ricercatori dovevano prima determinare se fosse effettivamente la selezione del bracconaggio ad aver portato a un numero sproporzionato di esemplari senza zanne o se fosse solo un caso fortuito emerso con il crollo della popolazione.
Poole, che è tra i coautori del nuovo articolo, ha setacciato vecchi filmati di storia naturale e video amatoriali per stimare la prevalenza di zanne prima della guerra. Per determinare la prevalenza del tratto dopo la fine del conflitto, ha usato una banca dati di singoli elefanti che lei, suo marito e il loro partner di ricerca Petter Granli, anch’egli coautore del nuovo studio, avevano già realizzato per studiare il comportamento e la comunicazione degli elefanti.
Il gruppo ha scoperto che la frequenza di assenza di zanne è aumentata da circa il 18,5 per cento prima della guerra al 50,9 per cento dopo. In simulazioni di popolazione, i ricercatori hanno confermato che è estremamente improbabile che l’assenza di zanne sia cambiata così drasticamente solo per caso. Le femmine senza zanne, hanno scoperto, erano sopravvissute con un tasso che era circa cinque volte superiore a quello delle loro controparti con le zanne durante il conflitto.
Usando la banca dati di Poole, i ricercatori hanno ulteriormente confermato che non sono mai stati osservati elefanti femmine con due zanne che hanno avuto un cucciolo senza zanne, con una sola eccezione. Le madri senza zanne, d’altra parte, avevano più o meno la stessa percentuale di figlie con o senza zanne (o, in alcuni casi, con una sola zanna). Questo schema ha suggerito ai ricercatori un’origine genetica legata al sesso per quello che stavano vedendo.
Il rapporto tra i sessi nella prole delle madri senza zanne indicava anche che la genetica alla base del fenomeno poteva essere letale per i maschi. Invece di avere figli maschi e femmine in proporzione uguale, le madri senza zanne davano alla luce figlie femmine circa due terzi delle volte.
Dopo aver fatto queste osservazioni, Campbell-Staton ha deciso che era il momento di ricorrere un’analisi dell’intero genoma per individuare i potenziali fattori genetici. Tuttavia, raccogliere i dati per permettere questo passo finale cruciale si è rivelato più difficile del previsto. “Dovevamo girare in macchina per Gorongosa, individuare un elefante, vedere se aveva le zanne o no, aspettare che defecasse e poi raccogliere il suo DNA”, ricorda. “Sembrava abbastanza semplice, eccetto per il fatto che abbiamo dovuto guidare tutto il giorno, ogni giorno per una settimana senza vedere un solo elefante.”
Fortunatamente, un altro gruppo di ricerca stava portando avanti un progetto di fissaggio di collari per rintracciare gli elefanti matriarcali. Campbell-Staton e il suo primo autore, Brian Arnold di Princeton, sono riusciti a unire le forze con gli altri ricercatori per prelevare campioni di sangue da 18 femmine – alcune con le zanne e alcune senza – che avrebbero soddisfatto i requisiti genomici per il progetto.
Usando questi campioni, hanno identificato regioni candidate nel genoma che, quando mutate, sembravano spiegare la mancanza di zanne e la sua apparente letalità maschile. Uno dei geni, AMELX, è noto da decenni di ricerca di base nei topi e negli esseri umani perché svolge un ruolo nello sviluppo dei denti dei mammiferi. Inoltre, le alterazioni nella stessa regione del cromosoma X negli esseri umani sono associate a una sindrome che di solito causa l’aborto dei feti maschi nel secondo trimestre. Le femmine che sono affette dalla sindrome sopravvivono, ma tipicamente hanno una morfologia dentale alterata. In particolare, spesso mancano gli incisivi laterali superiori, l’equivalente anatomico delle zanne negli elefanti.
“Lo studio mostra che la prole di elefante maschio senza zanne non è vitale, il che significa che il declino della popolazione è accentuato”, sottolinea Pelletier. “Non solo gli animali muoiono a causa del bracconaggio, ma c’è anche un ulteriore declino perché muore la metà della prole maschile dalle madri senza zanne che sopravvivono”.
Good concorda sul fatto che i risultati sono allarmanti. “Il rapido aumento della frequenza di un allele che causa una malattia grave che uccide i maschi è sorprendente e racconta l’intensità soverchiante del bracconaggio durante i conflitti civili”, afferma. “Questi cambiamenti sono avvenuti a un costo enorme per la salute genetica complessiva di queste popolazioni in declino.”
In definitiva, dice Campbell-Staton, lo studio “parla della pervasività dell’impronta antropica come spinta evolutiva”.
Ma c’è anche qualche buona notizia. Poiché il bracconaggio a Gorongosa è stato eliminato con sforzi di conservazione sostenuti, il numero di piccoli elefanti nati senza zanne ha iniziato a diminuire. Come i ricercatori hanno notato nel loro studio, la generazione nata dopo la guerra ha avuto una frequenza del 33 per cento di assenza di zanne, rispetto a una frequenza del 51 per cento per la generazione che è sopravvissuta alla guerra. La natura, almeno in questo caso, sembra correggere se stessa. “Le zanne offrono un vantaggio a coloro che le hanno e sono selezionate naturalmente”, conclude Poole. “Se continuiamo a preservare questi elefanti, il tasso di mancanza di zanne diminuisce a ogni generazione”.