Falso allarme: non erano segnali alieni quelli provenienti da Proxima Centauri
Nel 2019 un segnale radio promettente aveva messo in fibrillazione gli astronomi. E anche se analisi più approfondite hanno poi rivelato che si trattava dell’interferenza di un qualche dispositivo terrestre, questi tipi di segnali sono utili palestre per la ricerca in questo ambito
di Alexandra Witze/Nature
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Un segnale radio rilevato da un telescopio australiano nel 2019, che sembrava provenire dalla stella più vicina al Sole, non è stato prodotto dagli alieni, riferisce un gruppo di ricercatori in due articoli pubblicati su “Nature Astronomy” (1,2).
“È un’interferenza radio prodotta da qualche tecnologia umana, probabilmente sulla superficie della Terra”, spiega Sofia Sheikh, astronoma dell’Università della California (UC) a Berkeley e coautrice di entrambi gli articoli.
Ma il disturbo, rilevato dal Breakthrough Listen – un progetto ambizioso, finanziato privatamente con 100 milioni di dollari nell’ambito della ricerca di intelligenza extraterrestre (SETI) – sembrava abbastanza intrigante in un primo momento da indirizzare gli astronomi in una ricerca lunga quasi un anno per capire le sue origini. È stata la prima volta che i dati di Breakthrough Listen hanno dato il via a una ricerca dettagliata e l’esperienza mette gli scienziati in una posizione migliore per studiare le future rilevazioni candidate.
“È davvero prezioso per noi poter fare queste prove”, dichiara Jason Wright, astronomo della Pennsylvania State University a University Park. “Abbiamo bisogno di questi segnali candidati in modo da poter imparare come trattarli, cioè come dimostrare che sono extraterrestri o prodotti dagli esseri umani.”
Misteriosi segnali
Dal 2016, Breakthrough Listen ha usato telescopi in tutto il mondo per ascoltare possibili trasmissioni da civiltà aliene. Il programma ha raccolto milioni di segnali radio di origine sconosciuta, quasi tutti rapidamente classificabili come provenienti da interferenze radio sulla Terra, da fonti come torri di telefonia mobile o radar di aerei.
Il segnale del 2019 era diverso. È stato rilevato dal radiotelescopio Parkes Murriyang da 64 metri nel sud-est dell’Australia e proveniva dalla direzione di Proxima Centauri – la stella più vicina al Sole, che si trova a soli 1,3 parsec (4,2 anni luce) da noi. Proxima Centauri è di estremo interesse per i ricercatori SETI, non solo perché è vicina. La stella ha infatti almeno due pianeti, uno dei quali orbita alla giusta distanza per la presenza di acqua liquida sulla sua superficie – un prerequisito per l’esistenza della vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra. Un’iniziativa gemella di Breakthrough Listen, nota come Breakthrough Starshot, mira a inviare in futuro una piccola sonda su questo pianeta per cercarvi la vita.
Il misterioso segnale è stato individuato l’anno scorso da Shane Smith, uno studente universitario dell’Hillsdale College in Michigan, che stava lavorando come stagista di ricerca per Breakthrough Listen. Smith stava setacciando i dati che il Parkes aveva raccolto nell’arco di sei giorni in aprile e maggio dell’anno precedente. Il telescopio aveva fatto osservazioni in direzione di Proxima Centauri per 26 ore. Non era a caccia di alieni in quel momento: stava monitorando i brillamenti sulla superficie della stella, che potrebbero compromettere le possibilità di vita sui pianeti vicini.
I dati includevano più di quattro milioni di segnali dalle vicinanze della stella, ma Smith ha notato un segnale vicino ai 982 megahertz che sembrava provenire dalla stella stessa ed è durato per circa cinque ore. “Ero entusiasta di trovare un segnale che corrispondeva a tutti i criteri di ricerca, ma sono rimasto subito scettico: ho pensato che ci dovesse essere qualche spiegazione semplice”, racconta Smith. “Non avrei mai pensato che il segnale avrebbe causato tanta eccitazione.”
Smith ha condiviso le informazioni con il suo supervisore, Danny Price, che le ha postate su un canale Slack di Breakthrough Listen, e il gruppo ha iniziato a indagare seriamente. “Il mio primo pensiero era che ci potesse essere un’interferenza: credo sia un atteggiamento sano essere scettici”, aggiunge Price, astronomo della UC Berkeley e scienziato del progetto Breakthrough Listen, in Australia. “Ma dopo un po’ ho iniziato a pensare: questo è esattamente il tipo di segnale che stiamo cercando.”
Il segnale, chiamato BLC1 per “Breakthrough Listen candidate 1”, è stato il primo a superare tutti i test di screening iniziali del programma per escludere ovvie fonti di interferenza. “Per un attimo mi sono chiesto ‘e se fosse…?'”, ricorda Sheikh.
Lei, Price e un folto gruppo di colleghi hanno iniziato a lavorare sulle possibili spiegazioni, dai satelliti non catalogati alle trasmissioni da veicoli spaziali planetari. In Australia, la banda di radiofrequenza intorno a 982 megahertz è principalmente riservata agli aerei, ma i ricercatori non hanno potuto identificare alcun aereo presente nella zona e che potesse spiegare il segnale – e certamente non uno che dura cinque ore.
Nel novembre 2020, e nel gennaio e aprile di quest’anno, i ricercatori hanno puntato il telescopio Parkes verso Proxima Centauri per vedere se potevano raccogliere il segnale di nuovo. Non ci sono riusciti.
Alla fine, il gruppo ha individuato altri segnali nei dati originali che somigliavano molto al segnale a 982 megahertz ma erano a frequenze diverse. Questi segnali erano stati scartati dall’analisi automatica del gruppo come interferenze terrestri. Ulteriori analisi hanno dimostrato che BLC1 e questi segnali “somiglianti” erano tutti interferenze da una fonte sconosciuta. I segnali si modulavano e confondevano l’un l’altro, proprio come un amplificatore di chitarra modula e distorce una nota di chitarra, ed è questo che ha reso così difficile identificare BLC1 come interferenza.
Origini terrestri
Poiché il segnale non è riapparso nelle osservazioni del 2020 e del 2021, potrebbe provenire da un’attrezzatura elettronica malfunzionante che è stata spenta o riparata, dice Sheikh. Il gruppo sospetta che l’attrezzatura fosse relativamente vicina al Parkes, forse entro poche centinaia di chilometri. La deriva della frequenza del segnale è compatibile con oscillatori a cristallo poco costosi come quelli comunemente usati nei computer, nei telefoni e nelle radio, dice Dan Werthimer, astronomo di SETI presso la UC Berkeley, specializzato nell’elaborazione dei segnali.
Lavorando con un altro studente, Sheikh sta ora usando algoritmi di apprendimento automatico per capire a quale frequenza l’apparecchiatura interferente stesse trasmettendo, il che potrebbe aiutare a rintracciare la sua fonte. Un mistero persistente è perché il segnale sembrava apparire solo quando il telescopio era puntato su Proxima Centauri. Potrebbe trattarsi solo di una sfortunata coincidenza, se la cadenza dell’interferenza ha riprodotto quella con cui il telescopio stava guardando la stella.
Le interferenze radio hanno già tormentato altre ricerche astronomiche, come quando i segnali tremolanti raccolti a Parkes si sono rivelati il risultato di persone che riscaldavano il pranzo al microonde. Il famoso segnale “Wow!”, rilevato nel 1977 da un radiotelescopio in Ohio, era un potente segnale lampeggiante così intrigante che lo scienziato osservatore scarabocchiò “Wow!” ai margini della stampa del computer – ma la sua origine non poté mai essere rintracciata.
Le ricerche sugli alieni sono diventate molto più sofisticate da allora, nota Sheikh. “Con una rilevazione che appariva solo quando si puntava alla fonte, molti gruppi presumevano che fosse fatta, si stappava lo champagne e si chiudeva”, spiega. “Quando la tecnologia cambia, anche il modo in cui esaminiamo i segnali deve cambiare – e questo non si era verificato fino a BLC1.” Uno degli articoli di “Nature Astronomy” presenta una lista di controllo dettagliata per aiutare gli astronomi a determinare se il loro segnale provenga effettivamente da alieni o no.
“L’universo ci dà un pagliaio”, conclude Ravi Kopparapu, planetologo del Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland. “È nostro dovere trovare l’ago dentro di esso, e assicurarci che sia effettivamente un ago quello che abbiamo trovato.”