Trovati i reattori affondati dal primo sottomarino nucleare sovietico K-19
Gli esperti si dividono sulla pericolosità delle scorie della guerra fredda affondate dall’Unione sovietica
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Una spedizione russa alla ricerca di scorie radioattive, intenzionalmente affondate dalla marina militare sovietica, ha individuato dove è stato scaricato il compartimento del reattore del K-19, il primo sottomarino atomico sovietico dotato di missili nucleari balistici. I ricercatori del ministero dei servizi di emergenza russo e dell’istituto Shirshov di studi oceanici dell’Accademia delle scienze russa hanno localizzato il compartimento del reattore nella baia di Abromisov nel Mare di Kara, al largo della costa nord-occidentale della Russia.
In un’intervista a Ecology of Russia, il direttore dell’istituto Shirshov, Alexei Sokov, ha spiegato che «Il nostro compito è trovare, mappare e misurare il livello di pericolo. Se l’inquinante si trova sul fondo, allora è necessario organizzare il monitoraggio, per garantire che il contenimento non collassi. Se collassa, questo comporterà sicuramente problemi ambientali».
Il ritrovamento del reattore del K-19 arriva in un momento di forte preoccupazione per i sottomarini dell’era sovietica che sono affondati accidentalmente, o sono stati affondati intenzionalmente, nelle acque artiche durante la Guerra Fredda. pEr questo l’ONG ambientalista norvegese/russa Bellona ha esortato gli 8 Paesi dell’Arctic Council e la presidenza di turno russa a recuperare quei sottomarini e altre decine di parti e scorie altamente radioattive abbandonati in mare dalla Marina militare sovietica.
Il K-19, che i marinai chiamano “Hiroshima”, venne varato nel 1959 e ubì numerosi incidenti radioattivi che costarono la vita a molti membri del suo equipaggio. Dopo un ultimo incidente nel 1961 i due compartimenti del reattore furono estratti dallo scafo del sottomarino, anche se combustibile esaurito che contenevano non era stato caricato.
Bellona spiega che «I reattori sono stati messi fuori servizio a Severodvinsk riempiendoli con un conservante a base di furfurale, che si prevedeva sigillasse il combustibile nucleare esaurito contro l’acqua di mare per un massimo di 500 anni. Nel 1965, dopo che i compartimenti del reattore furono sigillati così, vennero scaricati nell’oceano. Lo stesso sottomarino K-19, una volta dotato di un nuovo propulsore, continuò le attività fino al 1990».
Al tempo dell’Unione Sovietica, il Mare di Kara e le baie della remota Novaja Zemlja erano le aree dove venivano scaricati i reattori nucleari e i sottomarini nucleari obsoleti. E’ stato solo all’inizio degli anni 2000, grazie al sostegno finanziario di partner stranieri – come Stati Uniti, Germania, Francia, Italia, Canada, Giappone, Norvegia e altri – che la Russia ha cominciato a costruire strutture di stoccaggio speciali per contenere i rischi di radiazioni navali .
L’ecologa russa Anna Ridiger ha detto a Lenta.ru che «Le discariche di rifiuti radioattivi sul fondo del Mare di Kara non rappresentano un grande rischio ambientale, poiché l’area è abitata solo da un piccolo numero di specie biologiche. Il Mare di Kara è sempre stato una discarica. Un cimitero per tutto ciò che si può immaginare. Nessuno ha pensato se fosse ecologico o meno, hanno semplicemente scaricato lì, dove c’è meno biota. Non ci sono praticamente risorse, il mare è freddo. La scoperta del compartimento del reattore del K-19 non è nulla di sorprendente. Ma quello che sceglieranno di farne ora sarà interessante».
Ma altri la ppensano diversamente sulla pericolosità di queste scorie nucleari, anche se la Ridiger sembra essere molto fiduciosa nella tecnologia nucleare sovietica: «I sarcofagi per i rifiuti radioattivi ai vecchi tempi erano davvero di alta qualità ed erano ben sigillati».
Il capitano Igor Kudrin pensa invece che il materiale che c’è in fondo al mare sia estremamente pericoloso, «Motivo per cui è attualmente in corso una spedizione per individuare tali oggetti affondati. Una volta che le protezioni del reattore crollano, la corrosione è inevitabile, quindi le correnti sottomarine trasporteranno i rifiuti nucleari in diverse regioni, il che può avere conseguenze estremamente negative».
Però gli esperti concordano sul fatto che i reattori affondati non subiranno danni che potrebbero portare a un’esplosione nucleare: «Sono state prese misure di sicurezza prima che fossero affondati ed è semplicemente fisicamente impossibile creare condizioni favorevoli a un’esplosione. Anche quando un sottomarino nucleare affonda accidentalmente, l’equipaggio prende tutte le misure per spegnere il reattore. Per questo esistono griglie di compensazione e protezioni di emergenza che bloccano le reazioni nucleari nel reattore. E poi, dopo lunghissimi periodi, solo quando le barriere protettive dell’impianto del reattore vengono distrutte, le sostanze radioattive possono entrare nell’acqua di mare».
Gundarov è sorpreso che la scoperta dei reattori del K-19 abbia ricevuto così tanta attenzione: «Tutti i luoghi di tali affondamenti sono segnati sulle mappe che sono state pubblicate molto tempo fa. L’associazione ecologica internazionale Bellona nei suoi rapporti ha indicato i luoghi in cui sono stati affondati i nostri sottomarini nucleari. Quindi, tutto questo era un segreto di Pulcinella».
Ma Andrei Zolotkov, a capo di Bellona Murmansk, fa notare che «Il fatto che le coordinate degli oggetti sepolti siano note non significa che si trovino effettivamente nel punto specificato. Ci sono casi in cui le coordinate degli oggetti affondati nei golfi del Mare di Kara non corrispondevano alla realtà e talvolta indicavano persino la terra. Ora le spedizioni sono impegnate a confermare le posizioni degli oggetti più pericolosi, a metterli su una mappa e a formare un registro speciale dei pericoli sottomarini potenzialmente pericolosi. E poi verranno prese le decisioni su cosa farne. Penso che alcuni verranno ripescati e smaltiti, mentre alcuni rimarranno affondati sul fondale per un periodo sconosciuto. Queste decisioni verranno prese non appena verranno ricevute informazioni affidabili sulle condizioni tecniche dell’oggetto affondato e sulla base dei risultati di un’indagine completa di ingegneria e sulle radiazioni».