Nel 2020 uccisi 227 difensori dell’ambiente. L’anno peggiore di sempre (VIDEO)

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Nel 2020 uccisi 227 difensori dell’ambiente. L’anno peggiore di sempre (VIDEO)

Il Paese più pericoloso per gli ambientalisti è la Colombia, seguono Messico e Filippine. 226 omicidi nei Paesi in via di sviluppo. Sotto accusa imprese e governi
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Secondo il rapporto “Last Line on defence – The industries causing the climate crisis and attacks against land and environmental defenders” di Global Witness,  per idifensori dell’ambiente il 2020 è stato l’anno peggiore mai registrato e più della metà degli attacchi mortali contro di loro è avvenuta in soli tre paesi: Colombia, Messico e Filippine.

Infatti, sottolinea Global Witness, «Per il secondo anno consecutivo, la Colombia ha registrato il maggior numero di omicidi nel 2020, con 65 difensori della terra e dell’ambiente uccisi. Questi, nonostante le speranze suscitate dall’accordo di pace del 2016 hanno avuto luogo nel contesto di attacchi diffusi ai difensori dei diritti umani e ai leader della comunità in tutto il Paese, Le popolazioni indigene sono state particolarmente colpite e la pandemia di Covid è servita solo a peggiorare la situazione». I lockdown ufficiali hanno portato i difensori a essere presi di mira nelle loro case e il governo di destra colombiano ha diminuito le misure di protezione per comunità e leader sociali.

Nel Messico governato per la prima volta dalla sinistra, nel 2020 l’ONG ha documentato 30 attacchi letali contro difensori della terra e dell’ambiente, con un aumento del 67% rispetto al 2019. Global Witness  fa notare che «Il disboscamento è collegato a quasi un terzo di questi attacchi e metà di tutti gli attacchi nel Paese sono stati diretti contro le comunità indigene. L’impunità per i crimini contro i difensori rimane incredibilmente alta: fino al 95% degli omicidi non si conclude con un procedimento giudiziario».

Nelle Filippine del presidente neofascista Duterte, il deterioramento della situazione dei diritti umani continua nonostante la crescente condanna internazionale. Il rapporto fa notare che «L’opposizione alle industrie dannose viene spesso accolta con violente repressioni da parte della polizia e dell’esercito. Secondo i nostri dati, oltre la metà degli attacchi letali era direttamente collegata all’opposizione dei difensori ai progetti di estrazione mineraria, disboscamento e dighe». Gli anni del governo Duterte sono stati caratterizzati da un drammatico aumento delle violenze contro i difensori dell’ambiente: «Dalla sua elezione nel 2016 fino alla fine del 2020, sono stati uccisi 166 difensori del territorio e dell’ambiente, un aumento scioccante per un Paese che era già un luogo pericoloso per difendere l’ambiente».

Nei casi in cui i difensori sono stati attaccati perché proteggevano particolari ecosistemi, il 70% stava lavorando per difendere le foreste del mondo dalla deforestazione e dallo sviluppo industriale. In Brasile e Perù, quasi tre quarti degli attacchi registrati si sono verificati nella regione. Quasi il 30% degli attacchi era collegato allo sfruttamento delle risorse (disboscamento, estrazione mineraria e agroindustria su larga scala), dighe idroelettriche e altre infrastrutture. Tra le cause degli assassinii degli ambientalisti, il disboscamento, con 23 casi,  è stato il settore legato al maggior numero di omicidi. Il Messico, con 9 casi nel 2020, ha visto un forte aumento degli omicidi legati al disboscamento e alla deforestazione.

Global Witness  evidenzia che «Proprio come gli impatti della crisi climatica, gli impatti della violenza contro i difensori del territorio e dell’ambiente non si fanno sentire in modo uniforme in tutto il mondo. Il Sud del mondo sta subendo le conseguenze più immediate del riscaldamento globale su tutti i fronti e nel 2020 tutte le 227 uccisioni di difensori registrate, tranne una, sono avvenute nei Paesi del Sud del mondo. Il numero sproporzionato di attacchi contro le popolazioni indigene è continuato, con oltre un terzo di tutti gli attacchi mortali rivolti alle popolazioni indigene, anche se le comunità indigene costituiscono solo il 5% della popolazione mondiale. Le popolazioni indigene sono state anche il bersaglio di 5 delle 7 uccisioni di massa registrate nel 2020».

Come negli anni precedenti, nel 2020 quasi 9 vittime su 10 degli attacchi letali  erano uomini. Ma le ambientaliste devono affrontare forme di violenza specifiche di genere, compresa la violenza sessuale. Le donne devono far fronte spesso a una doppia sfida: la lotta pubblica per proteggere la loro terra e la lotta meno visibile per difendere il loro diritto di parlare all’interno delle loro comunità e famiglie.

Commentando il rapporto, lo scrittore Bill McKibben, considerato l’ambientalista statunitense più influente, ha detto che «I difensori sono a rischio perché si trovano a vivere sopra o vicino a qualcosa che alcune società richiedono. Quella richiesta – la richiesta del massimo profitto possibile, la tempistica più rapida possibile, l’operazione più economica possibile – sembra tradursi alla fine nella comprensione che il piantagrane deve fare una brutta fine».

Il rapporto conferma questa convinzione: «Molte imprese si impegnano in un modello economico estrattivo che privilegia in modo schiacciante il profitto rispetto ai diritti umani e all’ambiente. Questo inspiegabile potere aziendale è la forza sottostante che non solo ci ha portato sull’orlo della crisi climatica, ma che ha continuato a perpetuare l’uccisione dei difensori. In troppi Paesi, ricchi di risorse naturali e biodiversità essenziale per il clima, le imprese operano con quasi totale impunità. Poiché l’equilibrio del potere è a favore delle corporation, è raro che qualcuno venga arrestato o portato in tribunale per aver ucciso dei difensori. Quando avviene, di solito è chi preme il grilletto, quelli che detengono le pistole, non quelli che potrebbero essere altrimenti implicati, direttamente o indirettamente, nel crimine».

Ma l’impunità delle imprese è coperta dai governi che non fermano la violenza: «I governi sono stati fin troppo disposti a chiudere un occhio e fallire nel loro mandato fondamentale di sostenere e proteggere i diritti umani denuncia Global Witness  –  Non riescono a proteggere i difensori del territorio e dell’ambiente, in molti casi perpetrando direttamente violenze contro di loro, e in altri complici con il businessi». A peggiorare ulteriormente le cose è arrivata la poandemia di Covid-19 e gli Stati di tutto il mondo, dagli Usa  al Brasile, dalla Colombia e alle Filippine, la hanno utilizzata per rafforzare le misure draconiane di controllo sui cittadini, chiudendo gli spazi civici. Il rapporto fa notare che «Esiste un chiaro legame tra la disponibilità di spazio civico e gli attacchi contro i difensori: le società più aperte e tolleranti vedono pochissimi attacchi, mentre nelle società ristrette gli attacchi sono molto più frequenti. La maggior parte degli omicidi ha avuto luogo in Stati con libertà civiche limitate»- Nelle sue raccomandazioni finali il rapporto sottolinea che «Con l’intensificarsi della crisi climatica, aumenta anche il suo impatto sulle persone, compresi i difensori del territorio e dell’ambiente. Un’azione significativa per il clima richiede la protezione dei difensori e viceversa. Senza un cambiamento significativo, questa situazione potrebbe solo peggiorare: poiché più terra viene espropriata e più foreste vengono abbattute nell’interesse dei profitti a breve termine, continueranno a peggiorare sia la crisi climatica che gli attacchi contro i difensori».

Ma  «I governi possono invertire le sorti della crisi climatica e proteggere i diritti umani proteggendo la società civile e approvando leggi che ritengano le società responsabili delle loro azioni e profitti – ricorda il rapporto –  I legislatori hanno fatto troppo affidamento sull’autodichiarazione aziendale e sui meccanismi aziendali volontari. Di conseguenza, le imprese continuano a causare e a e contribuire alle violazioni dei diritti umani e ai danni ambientali e a beneficiare delle, in particolare oltre confine».

Inoltre, l’Onu e i suoi Stati membri, «Devono riconoscere formalmente il diritto umano a un ambiente sicuro, sano e sostenibile, garantire che gli impegni per rispettare l’Accordo di Parigi integrino le protezioni dei diritti umani e attuare le raccomandazioni del Relatore speciale sui difensori dei diritti umani e l’UN Working Group on Business and Human Rights». Gli Stati«Devono garantire che le politiche nazionali proteggano i difensori del territorio e dell’ambiente e che aboliscano la legislazione utilizzata per criminalizzarli, richiedano alle aziende di condurre la due diligence sui diritti umani e sull’ambiente nelle loro operazioni globali e devono indagare e perseguire tutti gli attori coinvolti nella violenza e altre minacce contro i difensori».

Attualmente, la Commissione europea prepara pubblicare una normativa vincolante in materia di due diligence, compresa un’iniziativa sulla governance aziendale sostenibile per Global Witness, «Deve garantire che questa iniziativa richieda a tutte le imprese che operano nell’Ue, comprese le istituzioni finanziarie, di identificare e affrontare i diritti umani e i danni ambientali lungo le loro catene del valore. Questa legislazione deve includere solidi regimi di responsabilità e sanzioni per ritenere le companies responsabili per non averlo fatto».

Infine, «Le  imprese e gli investitori devono pubblicare e attuare efficaci sistemi di due diligence per identificare e prevenire le violazioni dei diritti umani e i danni ambientali lungo le loro catene di approvvigionamento e attività, adottare e attuare una posizione di tolleranza zero per le rappresaglie e gli attacchi ai difensori del territorio e dell’ambiente e fornire efficaci risarcimenti quando si verificano impatti e danni negativi sui diritti umani e sull’ambiente».

Malungelo Xhakaza, figlia dell’ambientalista sudafricana assassinata Fikile Ntshangase, ha detto: «La gente a volte mi chiede cosa farò, se rimarrò qui e terrò viva la battaglia di mia madre. Sono troppo orgogliosa di lei per lasciarla morire. Conosco i pericoli, tutti conosciamo i pericoli. Ma ho deciso di restare. Mi unirò alla lotta»

Il rapporto di Global Witness conclude: «I difensori sono la nostra ultima linea di difesa contro il crollo climatico. Possiamo trarre conforto dal fatto che, anche dopo decenni di violenza, le persone continuano a difendere la loro terra e il nostro pianeta. In ogni storia di lotta contro il furto delle corporation e il land grabbing, contro l’inquinamento mortale e contro il disastro ambientale, c’è la speranza che possiamo cambiare le sorti di questa crisi e imparare a vivere in armonia con il mondo naturale. Fino a quando non lo faremo, la violenza continuerà».

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