Le super-tempeste solari mettono a rischio il mondo iper-connesso
I brillamenti solari capaci di scatenare enormi tempeste geomagnetiche si sono scoperti meno rari di quanto finora creduto. E dato che oggi un simile evento devasterebbe i sistemi satellitari, i collegamenti Internet e banche dati elettroniche, occorre trovare modi per proteggerci
di Jonathan O’Callaghan/Scientific American
www.lescienze.it
Di tanto in tanto, la nostra stella produce immensi brillamenti di particelle e radiazioni che possono portare il caos sulla Terra. Per più di 150 anni, gli scienziati che studiano queste eruzioni e il modo in cui influenzano il nostro pianeta si sono concentrati su un singolo esempio, apparentemente un caso limite più unico che raro: l’evento di Carrington del 1859. In quell’occasione, un’eruzione del Sole colpì la Terra, pompando abbastanza energia nel campo magnetico del nostro pianeta da scatenare un’enorme tempesta geomagnetica che creò bellissime aurore ma provocò anche incendi di natura elettrica nelle linee telegrafiche.
La nostra infrastruttura elettronica a quel tempo era così primitiva che la tempesta fu vista come uno strano inconveniente minore. Ma insieme a un’altra tempesta di forza comparabile nel 1921, i ricercatori oggi riconoscono l’evento di Carrington come un minaccioso avvertimento di catastrofi future. Entrambe le tempeste, tuttavia, impallidiscono in confronto a un evento antico scoperto nel 2012: una megatempesta storica di proporzioni gigantesche che si verificò intorno al 775 d.C., e che fu probabilmente da 10 a 100 volte più forte. “Fu davvero stupefacente”, dice Nicolas Brehm del Politecnico di Zurigo (ETH). “Non pensavamo che potesse avvenire qualcosa di questa portata.”
La minaccia delle tempeste solari
L’antica megatempesta è stata così forte che gli scienziati pensavano che potesse provenire da un superflare che eruttasse dal Sole una volta ogni 10.000 anni, in un evento migliaia di volte più potente di un normale brillamento (flare) solare. Un superflare del genere che ci investisse oggi avrebbe probabilmente conseguenze devastanti per la società moderna, connessa a livello globale. Fortunatamente, sono eventi rari, giusto?
Forse no. I ricercatori che indagano gli annali geochimici della storia recente della Terra hanno ora trovato prove di altri due eventi simili.
Eventi non così rari
In un preprint disponibile su “Research Square” e sottoposto a “Nature Communications”, un gruppo di ricercatori diretto da Brehm rivela la possibile scoperta di due eventi solari spaventosamente intensi. Uno si è verificato nel 7176 a.C., quando le società nomadi di cacciatori-raccoglitori hanno ceduto il passo agli insediamenti agrari, e l’altro nel 5259 a.C., quando il pianeta è emerso dagli ultimi spasimi della sua ultima era glaciale.
I ricercatori ritengono che entrambi gli eventi siano stati almeno altrettanto forti di quello del 775 d.C., rendendo i tre forse i più forti brillamenti solari conosciuti tra quelli documentati. Negli ultimi dieci anni, gli scienziati sono stati a caccia di altri eventi estremi come quello dell’VIII secolo. Il gruppo di Brehm è stato il primo a trovarne qualcuno: “È un grande risultato”, dice Fusa Miyake dell’Università di Nagoya, in Giappone, che nel 2012 ha effettuato lo studio che ha rivelato l’evento del 775. Gli scienziati ora si riferiscono a questi superflare come a “eventi di Miyake”.
Per andare così indietro nel tempo, i ricercatori si basano su analisi chimiche di campioni provenienti dalle calotte polari, e da alberi antichi conservati in paludi sommerse o in cima alle montagne. Quando le particelle solari colpiscono la nostra atmosfera, possono infatti produrre forme radioattive instabili di vari elementi che si accumulano in questi luoghi.
Nel caso del carbonio, l’attività solare può formare il carbonio-14, che è assorbito dagli anelli degli alberi durante la loro crescita. Poiché ogni anello corrisponde a un singolo anno di crescita, questo dà una data incredibilmente precisa di eventuali picchi causati da un aumento dell’attività solare: più carbonio-14 è presente in un campione, più particelle solari stavano colpendo la nostra atmosfera in un dato momento. Questi anelli “ci permettono di ricostruire i modelli di radiocarbonio nel tempo”, dice Charlotte Pearson del Laboratory of Tree-Ring Research all’Università dell’Arizona, coautrice dello studio. “Una dei fattori chiave che guida queste fluttuazioni è l’attività del Sole.”
Le carote di ghiaccio permettono una misurazione simile, anche se leggermente meno accurata, grazie alla misurazione delle loro concentrazioni di berillio-10 e cloro-36. Presi insieme, questi metodi possono fornire un resoconto molto preciso degli eventi storici. Abbiamo i dati degli anelli degli alberi per la maggior parte dell’Olocene, l’epoca geologica attuale, iniziata circa 12.000 anni fa. Esaminarli alla ricerca di eventi come i picchi di carbonio-14 richiede però molto tempo. Esaminare un solo anno richiede tipicamente settimane di analisi e di correlazioni incrociate di più campioni di anelli degli alberi. “Ci sono da esaminare i 12.000 anni dell’Olocene, e noi ne abbiamo controllato il 16 per cento”, dice Alexandra Bayliss, responsabile della datazione scientifica allo Historic England e coautrice dell’articolo. “È una questione di tempo e denaro.”
Brehm e il suo gruppo hanno avuto un po’ di fortuna nel loro studio. Per l’evento del 7176 a.C., le prove preliminari di un picco di berillio-10 sono state osservate per la prima volta nelle carote di ghiaccio. I ricercatori hanno poi eseguito un controllo con gli anelli degli alberi e hanno visto un corrispondente picco di carbonio-14. Per l’evento del 5259 a.C., Bayliss aveva notato che c’era un vuoto nei dati archeologici intorno a questo periodo. Studiando i dati sul carbonio-14 negli anelli degli alberi di quell’epoca, il gruppo ha scoperto un altro picco: “Abbiamo trovato questo enorme aumento” per entrambe le date, dice Brehm, ognuna simile in grandezza ai picchi trovati da Miyake nei campioni che hanno confermato l’evento del 775 d.C.
Dopo l’articolo di Miyake del 2012, gli scienziati erano inizialmente incerti su che cosa potesse causare questi picchi. Alcuni pensavano addirittura che gli eventi solari fossero improbabili. Uno studio del 2013 diretto da Brian Thomas della Washburn University, tuttavia, ha mostrato che i brillamenti solari erano il probabile colpevole. “Alcuni suggerivano [che il picco 775]potesse essere dovuto a una supernova o anche a un lampo di raggi gamma”, dice Thomas, che non è stato coinvolto nell’ultimo lavoro di Brehm e colleghi: “Ma sono troppo rari per causare questo tipo di frequenza”. Picchi così grandi e frequenti, sostiene, erano più probabilmente il risultato di una maggiore attività solare, forse accompagnata da una tempesta geomagnetica simile all’evento di Carrington, ma molto più potente. “L’evento di Carrington non è nemmeno rilevabile” negli anelli degli alberi e nelle carote di ghiaccio, nota Bayliss, e questo suggerisce che era minuscolo in confronto agli altri.
Anche così, l’esatta correlazione tra i picchi di particelle solari e l’intensità di qualsiasi tempesta geomagnetica di accompagnamento rimane poco chiara: “Un grande evento di particelle è spesso associato a una tempesta geomagnetica, ma non deve necessariamente esserlo”, dice Thomas. Può anche essere che le tempeste geomagnetiche come l’evento di Carrington non causino affatto picchi di carbonio-14, spiegando la sua assenza dai dati degli anelli degli alberi e delle carote di ghiaccio. Abbiamo indizi, tuttavia, che almeno l’evento del 775 è stato accompagnato da una potente aurora, registrata in Cina, indicando una forte tempesta geomagnetica accanto a questo enorme afflusso di particelle solari. “L’ipotesi più affidabile è che tutti questi eventi fossero grandi tempeste geomagnetiche”, dice Thomas.
Se questo collegamento è corretto, allora suggerisce che solo negli ultimi 10.000 anni la Terra è stata investita da almeno tre superflare solari. (Una prova in più potrebbe essere trovata nei quattro quinti dei dati sugli anelli degli alberi che devono ancora essere analizzati per i picchi di carbonio-14.) “Che ce ne fosse stato solo uno negli ultimi 10.000 anni non sembrava davvero realistico – dice Pearson – ma fino a quel punto poteva comunque trattarsi solo di un caso isolato. Ora ne abbiamo trovati altri due: forse questo non ci sorprende, ma può essere preoccupante.”
La preoccupazione maggiore è che se un tale evento accadesse oggi, potrebbe essere devastante per i satelliti in orbita e le infrastrutture a terra. Nel marzo 1989 una tempesta geomagnetica ha causato un blackout di 12 ore in Quebec quando ha sovraccaricato la rete elettrica dell’intera provincia, nonostante fosse molto più debole dell’evento di Carrington. Oggi una tempesta geomagnetica risultante da un evento di Miyake avrebbe probabilmente effetti molto più diffusi, compresi guasti potenzialmente catastrofici alla rete elettrica e ai satelliti.
Grandi rischi per un mondo iperconnesso
Sangeetha Abdu Jyothi, dell’Università della California a Irvine, ha recentemente calcolato che una tempesta del livello dell’evento di Carrington oggi potrebbe causare una “apocalisse Internet”: le particelle energetiche di una tempesta del genere potrebbero mettere fuori uso i cavi sottomarini tra i paesi, interrompendo il traffico Internet mondiale per settimane o addirittura mesi. Solo negli Stati Uniti, un simile disastro potrebbe costare sette miliardi di dollari al giorno, stima Abdu Jyothi.
Qualcosa di più forte, come un evento di Miyake, potrebbe causare danni così grandi che sarebbero quasi incalcolabili. “Per qualcosa su scala Carrington, potremmo recuperare, perché i nostri dati non sarebbero cancellati”, dice Abdu Jyothi. “Con qualcosa 10 o 100 volte più forte, non lo so. Non credo che qualcuno l’abbia simulato. Sospetto che causerebbe una significativa perdita di dati. Potremmo perdere tutti i nostri registri, informazioni bancarie e informazioni sanitarie critiche e non avere nulla a cui tornare.”
Per il momento la possibilità che la nostra civiltà globale subisca una nuova era oscura da un evento di Miyake sembra remota. Ma alcune stime suggeriscono che le probabilità di un evento di livello Carrington possano arrivare fino al 12 per cento nel prossimo decennio. Possiamo prepararci a qualcosa di questo livello monitorando l’attività solare e spegnendo i satelliti e le reti elettriche prima dell’arrivo di un superflare e della conseguente tempesta geomagnetica. Ma da qualcosa di molto più forte, un evento di Miyake, potrebbe essere più difficile proteggersi.
Mentre continuiamo a trovare prove di ulteriori eventi estremi negli anelli degli alberi antichi e nelle carote di ghiaccio, la prospettiva che uno di essi possa verificarsi nel prossimo futuro non dovrebbe essere ignorata. “Stiamo iniziando a capire che il Sole può essere molto più energetico e attivo di quanto pensassimo”, dice Thomas. “Quando si studiavano questi superflare su altre stelle, una delle discussioni era se anche il Sole potesse generarli. Da queste registrazioni storiche, sembra che il Sole sia in grado di farlo. Ci sono molte ragioni di preoccuparsi.”
————————-
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 13 settembre 2021. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)