Il ghiacciaio della Marmolada ridotto del 90% in 100 anni
Arpav: «Che i ghiacciai delle Dolomiti siano in ritiro è sotto gli occhi di tutti, segnale di qualcosa che sta cambiando nel nostro ambiente»
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La crisi climatica si sta mangiando il ghiacciaio della Marmolada, la regina delle Dolomiti, come del resto sta accadendo al resto dei ghiacciai alpini italiani, che nell’ultimo secolo hanno perso il 50% della loro area.
Ma sulla Marmolada l’incedere del clima che cambia è particolarmente evidente, come mostrano le ultime misurazioni annuali realizzate dei geografi e glaciologi dell’Università di Padova, a cui partecipa anche l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (Arpav).
«Le misure – afferma Aldino Bondesan, coordinatore delle campagne glaciologiche per il Triveneto – si svolgono andando a registrare la posizione delle fronti glaciali rispetto a dei segnali noti. Accanto a queste, oggi vengono impiegate tecnologie all’avanguardia che consentono di esplorare l’interno del ghiacciaio e quindi determinare i volumi in gioco. Nel caso della Marmolada, quello che registriamo è che il volume perduto in cent’anni arriva quasi al 90%, è un dato estremamente significativo».
Un trend che anche quest’anno non ha accennato a invertirsi, nonostante le apparenze. «Nonostante la candida apparenza dovuta a nevicate tardoestive e un’annata tra le più nevose degli ultimi trent’anni – spiega Mauro Varotto, responsabile delle misurazioni per il Comitato glaciologico italiano – il ghiacciaio della Marmolada continua la sua inesorabile ritirata: le misure effettuate in questi giorni sui nove segnali frontali registrano infatti un arretramento medio di oltre sei metri rispetto allo scorso anno».
«Che i ghiacciai delle Dolomiti siano in ritiro è sotto gli occhi di tutti, segnale di qualcosa che sta cambiando nel nostro ambiente», conclude il tecnico ricercatore di Arpav Mauro Valt (in coda all’articolo riportiamo il suo videointervento, ndr).
A cambiare è il clima, in Italia in modo particolarmente rapido dato che rispetto al 1880 la temperatura media nazionale è aumentata di quasi 2,4°C, molto più velocemente della media mondiale intorno a +1°C. Eppure nel nostro Paese rinnovabili e decarbonizzazione sono al palo: a fine 2019 le emissioni nazionali di CO2 italiane erano pressoché paragonabili a quelle registrate nel 2014 – di fatto, cinque anni di stallo – e lo stesso vale per le rinnovabili, le cui installazioni sempre dal 2014 crescono col contagocce.