Il ghiacciaio del Calderone si è diviso in due glacionevati. In 25 anni superficie ridotta del 65% e – 9 metri di spessore

0

Il ghiacciaio del Calderone si è diviso in due glacionevati. In 25 anni superficie ridotta del 65% e – 9 metri di spessore

Legambiente: è un laboratorio naturale per comprendere al meglio i cambiamenti climatici e gli effetti ambientali delle attività umane
www.greenreport.it

Dal 2000, il “ghiacciaio” del Calderone in Abruzzo si è suddiviso in due glacionevati, uno superiore e  uno inferiore, ricoperti del solo detrito a fine estate. Dal monitoraggio effettuato nella terza tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente, è emerso che «Al di sotto del detrito, il massimo spessore di ghiaccio residuo è risultato dalle misure dei ricercatori pari a circa 25m, con una diminuzione complessiva di spessore di circa 9m negli ultimi 25 anni. Nello stesso arco di tempo la superficie glaciale – che nel 1994 risultava ancora superiore a 6 ettari – si è ridotta di oltre il 65%, arrivando a misurare ormai poco più di due ettari. Come per tutti gli altri ghiacciai italiani anche sul Calderone il segnale dell’inquinamento è risultato molto evidente con, ad esempio, anche  la presenza di tracce di Cesio radioattivo a seguito dell’esplosione del reattore di Cernobyl nel 1986».

Vanda Bonardoresponsabile Alpi Legambiente, ha ricordato che «Il Calderone è un corpo glaciale situato al centro degli Appennini, vicinissimo al mare, dal comportamento anomalo rispetto a quelli alpini Apparentemente insignificante, tuttavia questo glacionevato,  ancora oggi nonostante i riverberi della crisi climatica qui ancora più rilevanti e immediati,  ci offre servizi ecosistemici  di grande importanza. Non solo per il fatto che le sue acque di fusione costituiscono un rifornimento costante e indispensabile per il rifugio Carlo Franchetti, prossimo al Calderone  e alimentano gli ecosistemi situati a quote più alte. La sua importanza è soprattutto dovuta  al suo curioso comportamento, unico nel panorama europeo. Questa sua capacità di risposta veloce ai cambiamenti climatici ci fornisce dati utilissimi per  capire come si evolverà il clima nei prossimi anni. Una presenza ricca di informazioni scientifiche e al contempo elemento culturale fondamentale per lo sviluppo di questo bellissimo territorio».

I due glacionevati del Calderone rispondono alle oscillazioni climatiche in modo molto più veloce rispetto ai ghiacciai presenti sulle Alpi. La sua posizione del “ghiacciaio” al centro dell’area mediterranea e la ridotta distanza dal mare rendono particolarmente intensi gli effetti dal punto di vista meteorologico che si manifestano con gli elevati apporti nevosi a cui si contrappongono le sempre più frequenti ondate di calore africane con le sabbie in sospensione che favoriscono in maniera molto ingente i fenomeni di fusione. La sopravvivenza del glacialismo nella conca del Calderone è legata all’effetto protettivo svolto dalle alte pareti delle cime che la racchiudono e dalla copertura detritica costituita dal detrito calcareo che con la sua colorazione chiara favorisce la riflessione dei raggi solari. Tuttavia, come molti altri apparati glaciali delle Alpi, anche il Calderone ha subito una frammentazione che ha portato alla suddivisione nei due glacionevati citati in precedenza.

Marco Giardino,segretario del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) ha sottolineato che «La quarta tappa della carovana dei ghiacciai sul Gran Sasso  ha rivelato che anche il piccolo e fragile corpo glaciale appenninico del Calderone contiene preziose informazioni per ricostruire l’evoluzione climatico ambientale. Anzi, i dati raccolti e presentati dagli operatori glaciologici hanno dimostrato che qui i cambiamenti sono registrati con maggiore sensibilità e rapidità rispetto ai ghiacciai alpini. Ciò dimostra quanto sia importante proseguire la capillare azione di monitoraggio del Comitato Glaciologico svolta a livello nazionale sin dal 1911».

Durante la tappa del Calderone è stato organizzato al Gran Sasso Science Institute (GSSI) l’incontro Il Gran Sasso alla sfida dei cambiamenti climatici – La tutela e la valorizzazione ecosostenibile della montagna”. In base alle ricerche di Massimo Pecci, referente del CGI, studioso del ghiacciaio dal 1994, che ha accompagnato la Carovana Carovana dei ghiacciai «Questo apparato glaciale reagisce ai cambiamenti climatici in modo del tutto peculiare. Un anno di particolari condizioni favorevoli o sfavorevoli produce un suo effetto misurabile in un arco di tempo di risposta stimato in circa 8 anni, a differenza dei ghiacciai alpini che normalmente reagiscono su tempi più lunghi. Di conseguenza, l’apparato si comporta da sensibile indicatore della crisi climatica in atto. Per la continuità delle misure e per l’ampio spettro delle ricerche svolte, ha rappresentato e rappresenta un ideale laboratorio naturale per comprendere al meglio i delicati equilibri climatici e gli effetti ambientali delle attività umane».

Anche i bilanci di massa pubblicati annualmente dal CGI evidenziano per il Calderone, «pur nella generale tendenza alla perdita di massa e alla riduzione, un comportamento del ghiacciaio altalenante e quindi non assimilabile a quello di buona parte degli apparati glaciali alpini».

Enrico Stagnini, direttore di Legambiente Abruzzo, ha concluso: «Il monitoraggio di un ghiacciaio rappresenta un simbolo che deve richiamare l’attenzione sulla tutela dell’ambiente a livello globale. E’ infatti impossibile tutelare un solo ecosistema senza tutelare tutto ciò che a esso è collegato. E quindi fondamentale agire adesso, adottando le misure di contrasto e di adattamento ai cambiamenti climatici sfruttando le misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza nell’ottica di uno sfruttamento eco sostenibile delle risorse ambientali. Riproporre vecchie idee sul nucleare, oltre ad essere anacronistico, è lontano dagli obiettivi che ci siamo proposti di riduzione dei gas climalteranti. Bisogna contare sulle rinnovabili e sulle nuove tecnologie del risparmio energetico».

Share.

Leave A Reply