Gli incendi boschivi australiani hanno provocato una gigantesca fioritura di fitoplancton nel Sud Pacifico
La crescita del fitoplancton ha rimosso tanto carbonio quanto quello rilasciato dai mega-incendi
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Gli incendi boschivi australiani dell’estate 2019/2020 hanno avuto effetti di vasta portata: hanno emesso 715 milioni di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera e il loro fumo ha fatto diventare marroni i ghiacciai della Nuova Zelanda, ha attraversato l’Oceano Pacifico e a raggiunto e oltrepassato il Sud America.
Ora il nuovo studio “Widespread phytoplankton blooms triggered by 2019–2020 Australian wildfires”, pubblicato su Nature da un team internazionale di ricercatori rivela che, a migliaia di chilometri di distanza, nell’Oceano Antartico tra la Nuova Zelanda e il Sud America, «Il fumo ha anche prodotto una fioritura di fitoplancton più vasta di tutta l’Australia». Secondo il team guidato da Weiyi Tang della Princeton University e della Duke University e da Joan Llort dell’University of Tasmaniae del Barcelona Supercomputing Centre, «Questa fioritura è stata diversa da qualsiasi altra misura presa prima in quest’area».
Uno degli autori dello studio, Peter Strutton dell’Australian Research Council Centre of Excellence for Climate Extremes (ARC CLEX) e dell’ Institute for Marine and Antarctic Studies (IMAS), «La fioritura del fitoplancton in questa regione è stata senza precedenti nei 22 anni di registrazione satellitare ed è durata circa quattro mesi. Quello che lo ha reso più straordinario è che la parte della stagione in cui è apparsa la fioritura è di solito il punto stagionale più basso del fitoplancton, ma il fumo degli incendi australiani ha completamente ribaltato questa situazione».
Per capire in che modo gli incendi potessero essere responsabili della fioritura, il team di ricercatori ha tracciato il percorso del fumo utilizzando misurazioni satellitari e terrestri, quindi ha combinato i dati satellitari con boe autonome di profilazione distribuite in tutta la regione per confermare l’aumento della concentrazione di fitoplancton nell’oceano.
Gli scienziati dell’ARC CLEX dicono che «La ragione per cui il fumo ha portato alla massiccia fioritura di fitoplancton può essere trovata nei vasti pennacchi di aerosol degli incendi boschivi, che hanno raggiunto un’altitudine di 16 km e hanno modificato i venti stratosferici, trasportando il fumo su vaste distanze prima che si stabilisse nell’Oceano Antartico. Quel fumo includeva concentrazioni basse ma significative di ferro, che è vitale per la fotosintesi e la crescita del fitoplancton».
I ricercatori hanno stimato che il fumo dei mega-incendi australiani abbia depositato tre volte più ferro nell’oceano di quanto ce ne sia normalmente nell’area interessata dalla ricaduta, e il fitoplancton ha reagito rapidamente».
«L’accelerazione della crescita del fitoplancton quando gli incendi hanno preso piede in Australia è stata così rapida da avvenire solo poche settimane, e in alcuni casi solo di giorni, dopo gli incedi – dice un altro autore dello studio, Jakob Weis, dell’ IMAS/CLEX – Questo è avvenuto anche quando l’impatto del fumo è stato avvertito a singhiozzo piuttosto che apparire come una pioggia costante di fumo sull’oceano. Ad esempio, abbiamo scoperto che in quella parte dell’oceano, in un solo giorno, l’8 gennaio, gli incendi hanno depositato il 25% del black carbon e del ferro di tutto gennaio».
Una delle conseguenze della rapida crescita del fitoplancton è che le gigantesche fioriture di fitoplancton assorbono la CO2 durante il rocesso fotosintetico ed è questo è il motivo per cui la fertilizzazione dell’oceano con il ferro è stata spesso suggerita per promuovere la crescita del fitoplancton come metodo per combattere il cambiamento climatico.
La crescita del fitoplancton ha rimosso quantità significative di carbonio dall’atmosfera: approssimativamente quanto quella rilasciata dagli incendi. Ma i ricercatori avvertono che «Il sequestro permanente di carbonio da parte del fitoplancton può essere influenzato da una miriade di fattori, ed è stato impossibile determinare se il carbonio sia sceso nelle profondità dell’oceano al termine della fioritura, una condizione necessaria perché avesse un impatto climatico permanente».
Strutton conclude: «Con l’aumento dei rischi di incendi boschivi in alcune aree e il potenziale impatto sul clima, questa ricerca dimostra che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alle conseguenze degli incendi su scala globale. Abbiamo bisogno di una rappresentazione molto più completa degli incendi nei modelli climatici e di studi mirati per comprendere la loro influenza sugli ecosistemi marini».