Prima degli incendi l’Europa ha subito il secondo luglio più caldo di sempre

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Prima degli incendi l’Europa ha subito il secondo luglio più caldo di sempre

Copernicus: «Le ondate di calore predispongono particolarmente il terreno alla diffusione di incendi nel caso in cui vengano appiccati»
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Il luglio che si è chiuso da pochi giorni è stato il terzo più caldo registrato a livello globale – con uno scarto minimo (0,1°C) sui record del 2019 e 2016 –, ma in Europa ha meritato il secondo posto sul podio della crisi climatica, con ondate di calore si sono verificate dai Baltici al Mediterraneo orientale.

È quanto documenta Copernicus, il programma di punta per l’osservazione della Terra offerto dall’Unione europea, che ha prodotto questi risultati usando miliardi di misurazioni da satelliti, navi, aerei e stazioni metereologiche nel mondo.

Quello che ci ha appena lasciati è stato dunque un mese prodromico per gli enormi incendi che si stanno sviluppando in particolare nell’area mediterranea, in quanto «le ondate di calore in queste aree predispongono particolarmente il terreno alla diffusione di incendi nel caso in cui vengano appiccati. Di fatto, gli incendi non sono dovuti solo a condizioni calde e secche, quanto più da una combinazione di diversi fattori tra cui l’attività dell’uomo».

È bene ricordare, infatti, che nell’area mediterranea in media  l’uomo è responsabile del 96% degli incendi, che possono essere accidentali, causati da negligenza o generati intenzionalmente. Questa responsabilità umana s’intreccia però in modo netto con la crisi climatica in corso, a sua volta legata alle emissioni climalteranti antropiche. E la catena degli eventi non si ferma qui.

«Stiamo monitorando da vicino l’intensità degli incendi in Turchia e nell’area del Mediterraneo e gli impatti che questi stanno avendo sull’atmosfera – spiega Mark Parrington, senior scientist di Copernicus – È particolarmente importante osservare da vicino questi incendi ad alta intensità poiché il fumo che emettono può avere un impatto sulla qualità dell’aria a livello locale e sottovento. I nostri dati forniscono informazioni pressoché in tempo reale sull’intensità degli incendi e sugli impatti su scala più ampia, come ad esempio gli effetti che le loro emissioni di fumo hanno sulla qualità dell’aria».

Gli scienziati di Copernicus riferiscono infatti che «gli incendi boschivi stanno emettendo grandi quantità di fumo inquinante nell’atmosfera», in particolare Pm2.5, che in Italia mietono già 58.600 vite l’anno a causa degli alti livelli d’inquinamento atmosferico.

Un rischio che la crisi climatica sta contribuendo a esacerbare: «Le ondate di calore stanno intensificando ulteriormente il pericolo di incendi in quest’area», sottolineano da Copernicus.

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