La crisi climatica sta modificando gli incendi, lungo il Mediterraneo e non solo
Wwf: «Dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell’Europa mediterranea, con vere e proprie tempeste di fuoco». Solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali
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Dalla Siberia all’Europa mediterranea, dal Canada alla California, la crisi climatica anche quest’anno sta contribuendo ad alimentare incendi feroci. E non sarà l’ultima volta.
«La frequenza, l’estensione e l’intensità degli incendi sono aumentati enormemente nell’ultimo secolo – documentano dal Wwf – la stagione degli incendi sta diventando più estrema e più lunga, nella misura del 15% negli ultimi 50 anni, alimentata da lunghi periodi di caldo estremo e poca pioggia».
Gli ambientalisti del Panda parlano dei «mega fires (o addirittura gigafires)», ovvero roghi sempre più grandi per dimensione del fronte delle fiamme, per superficie bruciata, per velocità di propagazione e per temperatura raggiunte: «Solo negli Stati Uniti, negli ultimi 40 anni il numero degli incendi è aumentato del 1000%». Ma anche lungo le coste del Mare nostrum non va molto meglio, come testimoniano i gravi incendi in corso non solo in Italia ma anche in Grecia o Turchia.
Ad Achaia, nella penisola del Peloponneso, più di 3.000 ettari di pinete e uliveti sono bruciati, dopo che l’ondata di caldo che ha colpito la Grecia ha inaridito la vegetazione favorendo gli incendi e rendendo più difficile il lavoro dei soccorritori. È allarme anche in Turchia, dove oltre 100 incendi sono scoppiati a fine luglio sulle coste dell’Egeo e del Mediterraneo così come nelle aree interne. E in Italia?
Dall’inizio del 2021 al 14 luglio scorso, l’Effis (European forest fire information system) ha registrato nel nostro Paese 157 incendi con superficie maggiore di 30 ettari – mentre la media annua tra il 2008 e il 2020 si attesta a 66 –, e in totale sono 26.931 quelli bruciati.
Poi a fine luglio sono arrivati gli incendi in Sardegna, che da soli sono bastati a radere al suolo altri 20mila ettari e a far evacuare 1500 persone; la cronaca di questi giorni prosegue documentando l’avanzata delle fiamme soprattutto in Sicilia (a Gela e Caltanissetta sono bruciate anche aree protette e siti Natura 2000, nel catanese l’oasi Wwf del Simeto), in Calabria, in Abruzzo.
«A partire dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell’Europa mediterranea, superando per dimensione e portata i grandi incendi. Si tratta dei mega-incendi, che generano vere e proprie tempeste di fuoco – spiegano dal Wwf – Determinante è inoltrel’aumento significativo delle temperature medie globali provocate dal cambiamento climatico».
Con gravi impatti anche sotto il profilo economico, dato che in Europa si stimano in circa 3 miliardi di euro l’anno i danni prodotti dagli incendi boschivi. Danni cui la crisi climatica partecipa in modo determinante, ma la mano dell’uomo soffia sul fuoco anche in altri modi.
Come ricordano dal Wwf, gli incendi nel Mediterraneo «hanno essenzialmente una componente umana: in media, l’uomo è responsabile del 96% degli incendi, che possono essere accidentali, causati da negligenza o generati intenzionalmente. Solo il 4% degli incendi è dovuto a cause naturali. Il progressivo abbandono delle aree rurali e il conseguente recupero della vegetazione spontanea creano condizioni estremamente favorevoli al diffondersi delle fiamme. L’aumento degli usi non agricoli dello spazio rurale – ricreazione, trasporto, vacanza, sub-urbanizzazione – facilitano l’innesco di fuochi accidentali e non»