I vulcani sono una valvola di sicurezza a lungo termine per il clima della Terra
Purtroppo la natura, però, non ci salverà dal cambiamento climatico: le emissioni antropiche sono circa 150 volte maggiori delle emissioni di CO2 vulcaniche
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Lo studio “Global chemical weathering dominated by continental arcs since the mid-Palaeozoic”, pubblicato su Nature Geoscience da un team internazionale di ricercatori guidato da Thomas Gernon della School of Ocean and Earth Science dell’università di Southampton, ha scoperto che estese catene di vulcani hanno causato sia l’emissione che della rimozione della CO2 atmosferica e che questo ha stabilizzato le temperature sulla superficie terrestre.
Il team di ricercatori britannici, francesi, australiani e canadesi ha studiato l’impatto combinato dei processi nella Terra solida, negli oceani e nell’atmosfera negli ultimi 400 milioni di anni e spiega che «La degradazione naturale e la dissoluzione delle rocce sulla superficie terrestre è chiamata alterazione chimica. E’ di fondamentale importanza perché i prodotti degli agenti atmosferici (elementi come calcio e magnesio) vengono scaricati attraverso i fiumi negli oceani, dove formano minerali che bloccano la CO2. Questo meccanismo di feedback regola i livelli di CO2 atmosferica e, a sua volta, il clima globale, nel tempo geologico».
Gernon aggiunge: «A questo proposito, l’erosione della superficie terrestre funge da termostato geologico. Ma i controlli sottostanti si sono rivelati difficili da determinare a causa della complessità del sistema Terra».
Uno degli autori dello studio, Eelco Rohling dell’ Australian National University, (ANU), sottolinea che «Molti processi della Terra sono interconnessi e ci sono alcuni importanti ritardi tra i processi e i loro effetti. Comprendere l’influenza relativa di specifici processi all’interno della risposta del sistema Terra è stato quindi un problema irrisolvibile».
Per svelare questa complessità, il team ha costruito una nuova “rete terrestre”, incorporando algoritmi di apprendimento automatico e ricostruzioni della tettonica a placche, riuscendo così a identificare le interazioni dominanti all’interno del sistema Terra e come si sono evolute nel tempo e a scoprire che «Gli archi vulcanici continentali sono stati il fattore più importante dell’intensità degli agenti atmosferici negli ultimi 400 milioni di anni».
Oggi, gli archi continentali comprendono catene di vulcani, ad esempio nelle Ande in Sud America e nell’area delle Cascades negli Usa, che subiscono tassi erosivi tra i più elevati e veloci sulla Terra. «Poiché le rocce vulcaniche sono frammentate e chimicamente reattive – spiegano gli scienziati – vengono rapidamente erose dalle intemperie e scaricate negli oceani.
Martin Palmer, un geochimico dell’università di Southampton e coautore dello studio, evidenzia che «E’ un atto di equilibrio. Da un lato, questi vulcani hanno pompato grandi quantità di CO2 che hanno aumentato i livelli di CO2 nell’atmosfera. D’altra parte, questi stessi vulcani hanno contribuito a rimuovere quel carbonio attraverso rapide reazioni di invecchiamento».
Lo studio mette in dubbio una vecchia convinzione secondo la quale, da decine a centinaia di milioni di anni, la stabilità climatica della Terra riflette un equilibrio tra l’erosione del fondo marino e gli interni continentali. Per Gernon, «L’idea di un tale tiro alla fune geologico tra le masse continentali e il fondo marino come motore dominante dell’erosione della superficie terrestre non è supportata dai dati. Purtroppo, i risultati non significano che la natura ci salverà dal cambiamento climatico. Oggi, i livelli di CO2 atmosferica sono più alti che mai negli ultimi 3 milioni di anni e le emissioni causate dall’uomo sono circa 150 volte maggiori delle emissioni di CO2 vulcaniche. Semplicemente, gli archi continentali che sembrano aver salvato il pianeta nel profondo passato non sono presenti nella scala necessaria per aiutare a contrastare le attuali emissioni di CO2».
Ma i risultati del team forniscono ancora spunti critici su come la società potrebbe gestire l’attuale crisi climatica: «L’erosione delle rocce potenziata artificialmente, in cui le rocce vengono polverizzate e diffuse sul terreno per accelerare i tassi di reazione chimica, potrebbe svolgere un ruolo chiave nella rimozione sicura della CO2 dall’atmosfera». I risultati del team suggeriscono che «Questi schemi possono essere implementati in modo ottimale utilizzando materiali vulcanici calcareo-alcalini (quelli contenenti calcio, potassio e sodio), come quelli che si trovano negli ambienti dell’arco continentale».
Ma Gernon conclude che anche questo tipo di geoingegneria «Non è affatto una soluzione proiettile d’argento per la crisi climatica: abbiamo urgente bisogno di ridurre le emissioni di CO2 in linea con i percorsi di mitigazione dell’IPCC, punto e basta. La nostra valutazione dei feedback sugli agenti atmosferici su lunghi tempi può aiutare a progettare e valutare schemi di invecchiamento potenziato su larga scala, che è solo uno dei passaggi necessari per contrastare il cambiamento climatico globale».