Gli ingredienti delle creme solari stanno diventando letali per gli organismi di acqua dolce (e per gli interi ecosistemi)

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Gli ingredienti delle creme solari stanno diventando letali per gli organismi di acqua dolce (e per gli interi ecosistemi)

di Francesca Biagioli
www,greenme.it

Sappiamo che, quando ci esponiamo al sole, abbiamo bisogno di una crema solare che ci protegga dai raggi ultravioletti. Ma quali conseguenze ha sull’ambiente l’utilizzo di questi prodotti che spesso contengono filtri controversi? Uno studio recente conferma la pericolosità delle creme solari non solo per gli organismi di acqua marina ma anche per quelli d’acqua dolce.

Ricerche scientifiche hanno più volte analizzato le conseguenze per l’ambiente dell’utilizzo di alcuni filtri solari comunemente contenuti nelle creme. Da tempo è noto il fatto che questi ingredienti sono pericolosi per l’ecosistema marino e c’è stata anche una piccola isola del Pacifico che ha deciso di mettere al bando le creme solari proprio per tutelare la barriera corallina.

Ma, mentre gli scienziati hanno più volte evidenziato che i filtri UV possono danneggiare le barriere coralline e avvelenare i pesci di acqua salata, fino ad ora poco si sapeva sugli effetti di queste sostanze relativamente agli organismi che vivono in ambienti di acqua dolce.

A dare una risposta a questo dubbio è uno studio del 2020 dei ricercatori dell’Università di Alberta, in Canada, che hanno scoperto come l’esposizione a lungo termine ai filtri ultravioletti (UV ), ossia gli ingredienti della protezione solare che bloccano o assorbono la luce UV, sia letale per alcuni organismi che vivono nell’acqua dolce e questo potrebbe andare ad influenzare interi ecosistemi.

I risultati del loro studio, pubblicato su Science of The Total Environment, sono arrivati in seguito all’esame degli effetti dei filtri UV sulle pulci d’acqua (Daphnia magna), piccoli crostacei acquatici che si trovano spesso negli habitat di acqua dolce.

Le pulci d’acqua sono un organismo acquatico emblematico da esaminare, a causa del ruolo fondamentale nella catena alimentare, diversi pesci utilizzano infatti questi invertebrati come principale fonte di cibo. Sono anche particolarmente sensibili ai fattori di stress ambientale e non è quindi un caso che siano state scelte per questa ricerca.

Per il loro esperimento, gli scienziati hanno monitorato le pulci d’acqua esposte a tre filtri UV (avobenzone, oxybenzone e octocrylene) valutando la situazione a 48 ore (esposizione acuta) e a due settimane (esposizione cronica).

Le pulci erano esposte ai singoli filtri UV o ad una miscela che conteneva le stesse concentrazioni di tutti e tre i filtri UV.

I ricercatori non hanno riscontrato alcun cambiamento significativo nelle pulci d’acqua dopo l’esposizione di 48 ore alla miscela di filtri UV. Tuttavia, il gruppo ha notato un piccolo cambiamento nel modo in cui le pulci hanno risposto agli stimoli luminosi.

L’esposizione ai filtri UV per un periodo di due settimane, invece, si è rivelata più distruttiva e dannosa per le pulci. In particolare, l’esposizione cronica alla miscela di filtri UV ha portato ad un aumento del 50% della mortalità dopo cinque giorni e ad un aumento del 100% della mortalità dopo sette giorni.

Questi risultati offrono informazioni su come la contaminazione da parte dei filtri UV potrebbe influenzare interi ecosistemi di acqua dolce, ha affermato l’autore principale Aaron Boyd. Capire come mai non è difficile: dato che le pulci d’acqua sono una parte importante della catena alimentare, gravi perdite per la loro popolazione a causa dei filtri UV potrebbe esporre le specie che le utilizzano come cibo al rischio di morire di fame.

Come ha sottolineato Boyd:

La perdita di una popolazione di Daphnia metterebbe tutte le specie che dipendono da loro a rischio di fame e in determinate condizioni potrebbe causare il collasso dell’ecosistema locale.

La buona notizia, ha spiegato Boyd, è che le pulci sono state in grado di recuperare la loro capacità di nuotare in acqua una volta rimossa la contaminazione.

Queste sostanze chimiche hanno vita breve nell’ambiente quindi, se rimuoviamo le fonti di inquinamento, c’è una ragionevole possibilità per gli organismi in quegli ambienti di riprendersi, ha detto.

Qual è la soluzione? Semplice, smettere di utilizzare i filtri dannosi.  Sono necessarie comunque ulteriori ricerche per comprendere meglio l’impatto a lungo termine dei filtri UV e soprattutto per trovare filtri  non tossici per l’ambiente.

Fonti: Science of The Total Environment / Science Daily

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