Al via il Galileo Project, a caccia di civiltà aliene

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Al via il Galileo Project, a caccia di civiltà aliene

Sarà guidato dall’astrofisico Avi Loeb, già raccolti 2 milioni di dollari
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A caccia di alieni con il Galileo Project: è l’obiettivo del nuovo progetto guidato dall’astrofisico Avi Loeb, dell’università di Harvard e noto anche al grande pubblico per i suoi studi sul misterioso intruso del Sistema Solare Oumuamua, e per la Breakthrough Initiatives che intende lanciare sonde verso i più vicini pianeti extrasolari. L’operazione è nata da contributi liberi ha raccolto finora quasi 2 milioni di dollari, ma l’annuncio del programma è stato accolto con un certo scetticismo da una parte della comunità scientifica.

Ci sono elementi che offrono indizi interessanti da vari fronti e “non possiamo più ignorare la possibile esistenza di civiltà tecnologiche extraterrestri”: è questo in sintesi il concetto che anima il nuovo ambizioso progetto promosso da Loeb. Gli indizi a cui si fa riferimento sono in particolare l’enigmatico oggetto celeste Oumuamua, un asteroide o cometa dalla strana forma a sigaro e con certezza il primo oggetto mai osservato proveniente dall’esterno del Sistema Solare, ma da Loeb ritenuto una probabile sonda aliena, e il recente rapporto sui fenomeni aerei non identificati (UAP) pubblicato dal governo Usa.

Nulla di questo è una prova, mettono in chiaro i ricercatori del Galileo Project, ma “vogliamo eliminare le nebbie attraverso un’analisi trasparente e scientifica”, ha detto Frank Laukien, co-responsabile del progetto e amministratore delegato dell’azienda Bruker, che produce strumentazioni scientifiche. Il progetto punta così a realizzare una rete di piccoli telescopi in tutto il pianeta per identificare eventuali sonde aliene: un sistema di allerta rapida per intercettare eventuali visitatori come Oumuamua, accanto a un sistema di Intelligenza Artificiale per monitorare i movimenti anomali di oggetti in orbita nel Sistema Solare.

“Non possiamo più ignorare la possibile esistenza di Civiltà tecnologiche extraterrestri”, spiegano sul sito di Galileo Project i ricercatori coinvolti, una squadra di alto livello scientifico, tra cui docenti delle università di Cambridge, California, Chicago, Princeton e del Caltech. Non ci sono vere prove a indicare l’esistenza di civiltà aliene in visita al nostro pianeta ma considerando i tanti pianeti extrasolari ormai già individuati e i recenti avvistamenti come quello di Oumuamua, di chiara provenienza extrasolare, e gli inspiegabili velivoli osservati dai militari statunitensi, i ricercatori si dicono convinti della necessità di realizzare una struttura capace di capire meglio questi fenomeni.

“Quello che si sta proponendo non ha nulla di particolarmente complicato: si tratterebbe di una rete di telescopi, che oggi costerebbero circa mezzo milione di dollari l’uno, per realizzare una rete civile che riconosca eventuali oggetti volanti non identificati”, ha spiegato all’ANSA Giancarlo Genta, professore emerito di Costruzione di Macchine al Politecnico di Torino. Si pensa anche a una rete per velivoli in atmosfera, una per controllare eventuali sonde in orbita terrestre e una per identificare per tempo l’arrivo di oggetti dall’esterno del Sistema Solare”.

Genta ha osservato inoltre che “Loeb è comunque uno scienziato di grande valore e negli ultimi anni si è dedicato a progetti di grande impatto, ad esempio con òa Breakthrough Initiatives”. Lo stesso Genta in questi anni è stato coinvolto in alcuni di questi progetti e ha scritto vari articoli sul tema della ricerca di vita aliena. 

Intanto il programma sta facendo discutere la comunità scientifica, in buona parte attendista, altri come Adam Frank dell’università di Rochester che spiega su Science che con la nuova rete saremmo pronti a un eventuale nuovo Oumuamua, altri ancora molto critici, come Alan Fitzsimmons della Queen’s University di Belfast, che senza mezzi termini bolla il progetto come ‘stupidaggine’. “Personalmente credo che difficilmente si avranno risultati di qualche tipo – ha concluso Genta – ma certo… non si sa mai!”

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