L’inquinamento dei conquistadores raccontato dal ghiaccio delle Ande
Nei ghiacciai del Sud America le tracce delle sostanze inquinanti rilasciate nell’atmosfera dagli invasori provenienti dal Vecchio Continente
di Col Mario Giuliacci
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Nel ghiaccio del nevaio perenne del Quelccaya, nelle Ande peruviane a oltre 5000 metri di quota, un gruppo di ricercatori della Ohio State University ha trovato le prove del massiccio inquinamento atmosferico prodotto da… i conquistadores spagnoli! In effetti, in base ai risultati del loro studio, pubblicato già qualche anno fa sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, emerge che ben prima dell’inizio dell’era industriale i conquistatori provenienti dal Vecchio Continente contribuirono a inquinare su grande scala l’aria del Sud America.
L’inquinamento conservato nel ghiaccio
Gli studiosi hanno trovato conferma dell’impatto degli invasori sulla qualità dell’aria della regione estraendo porzioni di ghiaccio antico che si è accumulato nel corso di secoli sulle regioni andine, riuscendo a ricostruire, grazie all’utilizzo di uno spettrometro di massa, le concentrazioni delle diverse sostanze presenti nell’atmosfera della regione dal 800 d.C. fino ai giorni nostri. Grazie all’attenta analisi di tutti questi dati, gli studiosi hanno così scoperto che tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XIX secolo, ovvero durante tutto il periodo in cui gli spagnoli dominarono su gran parte del Sud America, nel ghiaccio rimasero intrappolate quantità insolitamente alte di piombo! Ma in che modo i conquistatori europei hanno in quinato l’atmosfera della regione con questo metallo pesante altamente tossico?
Le miniere che hanno sporcato l’atmosfera
I ricercatori sono convinti che il piombo rilasciato nell’atmosfera provenisse dalle miniere di argento di Potosi, nell’odierna Bolivia, oltre 700 chilometri più a sud del ghiacciaio in cui sono state trovate le tracce dell’antico inquinamento. In effetti i conquistatori spagnoli, dopo aver occupato il territorio degli Inca, costrinsero migliaia e migliaia di indigeni a lavorare nelle miniere della regione di Potosi, ai tempi la più grande sorgente di argento del Mondo, e già a partire dal 1572 introdussero una tecnologia di raffinazione responsabile dell’improvviso aumento delle concentrazioni atmosferiche di piombo. Il processo di raffinazione utilizzato dagli spagnoli prevedeva infatti la macinazione del minerale grezzo, in cui è presente in quantità importanti anche il piombo, in una polvere molto fine, che poi veniva mischiata al mercurio per ottenere l’amalgama d’argento. L’attività di raffinazione produsse quindi dense nubi di polvere molto fine e con importante presenza di piombo, che poi i venti trasportarono attraverso tutto il continente, depositandola anche nei ghiacciai più alti delle Ande, dove le sue tracce si sono conservate fino ai giorni nostri. Tracce di inquinamento antico che, con modalità simili, si possono scovare anche in Europa, in Groenlandia, dove in alcuni strati di ghiaccio antico, risalente anche a 2000 anni fa e oltre, è possibile trovare addirittura le tracce del piombo immesso nell’atmosfera dalle miniere utilizzate nell’antichità dai Greci e dai Romani.
Fonte Articolo: Col. Mario Giuliacci