Il rapporto del Pentagono sugli UFO tra sensazionalismi e necessità di accurato rigore scientifico
La conclusione del rapporto in via di pubblicazione è che la grande maggioranza degli eventi esaminati non è dovuta ai programmi a tecnologia avanzata sviluppati dagli Stati Uniti. E allora, che cosa sta succedendo?
di Leonard David/Scientific American
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Da più di dieci anni, il Department of Defense degli Stati Uniti cataloga e indaga riservatamente su decine e decine di bizzarri episodi – nella maggior parte dei casi, da parte di unità della Marina militare statunitense – in cui navi e aviogetti incontrano o sono inseguiti da oggetti volanti non identificati (UFO). A partire dal 2017, video e resoconti di testimoni oculari di questi strani avvistamenti hanno trovato modo di arrivare al pubblico, fino a spingere il Congresso a chiedere al Pentagono di redigere un rapporto che riassuma tutto quello che risulta noto al governo degli Stati Uniti sui cosiddetti fenomeno aerei non identificati (UAP in inglese: un termine alternativo, meno carico di preconcetti e controversie, per “UFO”).
Una versione non classificata del rapporto, prodotta sotto gli auspici di un gruppo del Pentagono denominato UAP Task Force, dovrebbe essere resa nota, secondo le attese, nel corso di questo mese. Al momento della costituzione della task force, il Department of Defense ha diffuso una dichiarazione in cui si precisa il motivo della sua esistenza: “L’incolumità del personale e la sicurezza delle operazioni sono tra le nostre massime preoccupazioni. Il Department of Defense e le forze armate trattano ogni incursione di aeromobili non autorizzati nelle zone delle nostre esercitazioni o nel nostro spazio aereo designato con grande serietà, ed esaminano ogni segnalazione in merito. Fra queste sono esaminate le incursioni che sono inizialmente riportate come UAP quando l’osservatore non è in grado di identificare immediatamente ciò che sta osservando”.
L’ipotesi “alieni”
Nel frattempo, tutte queste stranezze erano state oggetto di una notevole attenzione da parte dei mezzi di comunicazione, dalla prima pagina del “New York Times” a un lungo articolo della rivista “The New Yorker”, e ad ampi servizi in programmi televisivi di grande ascolto in prima serata, come 60 Minutes. E non sono mancati, in tutto questo, i continui proclami (“ve l’avevamo detto”) di un considerevole contingente di fedeli del culto degli UFO, che insistono a dichiararsi convinti che – UFO, UAP, o comunque le si voglia chiamare – le elusive entità che sembrano scivolare nei nostri cieli siano proprio navi spaziali aliene, che stanno facendo visita alla Terra da un molto tempo.
Queste idee profondamente diffuse fra la gente, unite all’impressione di una ripresa dell’interesse per le indagini su questi incidenti ai massimi livelli del governo, possono dar luogo alle ipotesi più stupefacenti. Siamo forse alla vigilia della formale rivelazione – basata su prove irrefutabili – che l’umanità non è sola e che anzi viene osservata da civiltà extraterrestri? O magari può darsi che gli UAP siano semplicemente roba nostra, dovuti a rivoluzionari e clandestini progressi tecnologici di altri paesi che oggi sfidano lo spazio aereo statunitense o forse agli stessi Stati Uniti nel quadro di un qualche segretissimo programma rivolto a individuare i difetti delle difese nazionali? C’è da perdere la testa.
Anche se la pubblicazione della versione non classificata del rapporto della task force non dovrebbe avvenire prima del 25 giugno, il “New York Times” ha esposto una sommaria anteprima del suo contenuto in un articolo del 3 giugno. Citando anonimi alti funzionari che conoscono bene il contenuto del rapporto, l’articolo dice che il documento non dà una spiegazione di che cosa siano gli UAP e non fornisce alcuna prova che possa collegarli a presunte visite di alieni, malgrado siano stati presi in considerazione oltre 120 incidenti avvenuti negli ultimi vent’anni. La più ferma fra le conclusioni del rapporto, pare, è che la grande maggioranza degli episodi UAP e delle sorprendenti manovre osservate non è stata causata da programmi a tecnologia avanzata degli Stati Uniti.
Infine, stando all’articolo del “New York Times”, nel rapporto finale c’è un “allegato classificato” con informazioni ritenute inadatte alla pubblica diffusione, il che lascia spazio più che sufficiente perché gli irriducibili sostenitori degli UFO restino convinti che il governo degli Stati Uniti nasconda la verità.
Non c’è nessuna “Grande rivelazione”
Andrew Fraknoi, astronomo del Fromm Institute for Lifelong Learning all’Università di San Francisco, dà voce alla sensazione, largamente condivisa fra gli scienziati, che i mezzi di comunicazione stiano dedicando troppo spazio, da decenni, alle sensazionali affermazioni di chi pretende che certe vaghe luci nel cielo siano in realtà navi spaziali. “Ultimamente, c’è stato un turbine di pubblicità fuorviante sugli UFO [basata sulle segnalazioni dei militari]. Un sobrio esame di queste affermazioni rivela che qui c’è molto meno di quanto sembri a prima vista”, dice Fraknoi. Quando ci sono dati sufficienti (in molte segnalazioni recenti, si può sostenere, non ce ne sono), gli avvistamenti di UFO possono essere sostanzialmente sempre ricondotti a fenomeni terrestri o celesti, come luci da veicoli di fabbricazione umana e spazzatura spaziale in fase di rientro, aggiunge.
Non ci saranno “grandi rivelazioni”, dice Robert Sheaffer, uno fra i massimi indagatori scettici in materia di UFO. “Non ci sono alieni qui sulla Terra, e dunque il governo non può ‘svelare’ quello che non ha. Qualcuno pensa che sugli UFO, o UAP, il governo ne sappia di più del pubblico, ma è chiaro che sull’argomento ne sanno di meno, non di più, dei nostri migliori esperti civili.”
Il Department of Defense impiega analisti fotografici e altri esperti tecnici di grande competenza, “nessuno dei quali, ovviamente, è stato consultato in questa commedia degli errori”, dice Sheaffer. “Il Pentagono è già stato messo abbastanza in imbarazzo dall’[evidente]incompetenza della sua Task Force UAP.” Dice ancora che è tempo di mettere un freno a questa “scatenata sciocchezza” e di assicurare che le conclusioni del rapporto della task force siano dettate da veri esperti e non da “personaggi pretenziosi e ignari di tutto che non sanno neppure riconoscere un’immagine sfocata quando ce l’hanno davanti”.
Questioni reali
Mick West, scettico autore di saggi e articoli scientifici, si è assunto il compito di analizzare la raffica di video sugli UAP rilasciati dalle forze armate statunitensi, indagando costantemente sulla possibilità che alcuni degli eventi siano semplici miraggi dovuti a difetti di sistemi radar installati da poco, o a vari tipi di ben noti artefatti visivi regolarmente osservati nelle fotocamere. Malgrado il lavoro che ha fatto per smontare le recenti affermazioni, West sostiene che le segnalazioni di misteriosi velivoli che seguono mezzi militari vanno prese decisamente sul serio.
“In primo luogo, c’è un insieme di questioni molto reali che si possono raggruppare sotto l’etichetta UAP, o UFO”, dice West. “Ogni volta che qualcosa di non identificato si presenta in uno spazio aereo soggetto a restrizioni c’è un problema reale che bisogna risolvere.” Ci sono state molte segnalazioni di droni in volo su zone interdette o nelle vicinanze, osserva. “Sappiamo che droni sono stati usati in attacchi terroristici, e che i droni saranno senz’altro un fattore significativo nei futuri conflitti”, continua West. “Quindi dobbiamo capire come identificare queste cose e mitigare i relativi rischi.”
Un altro problema reale è che a volte i piloti vedono cose che non riescono a identificare prontamente, dice West, e che anzi potrebbero identificare in modo erroneo. A prescindere da che cosa sia effettivamente ciò che osserva il pilota, questo è un problema. “Se c’è qualcosa che è difficile identificare, come un nuovo tipo di drone, allora dobbiamo trovare il modo di farlo”, dice. “Se i piloti fanno errori, bisogna capire perché.”
“Chi pretende rivelazioni sugli alieni invade il campo delle questioni che riguardano gli UAP”, dice West. I seguaci del culto prendono normali video di eventi che sono semplicemente non identificati, dice, e li inquadrano a modo loro come prove dell’esistenza di tecnologie straordinarie, il che ovviamente va inteso come “tecnologie aliene”, anche se i sostenitori di questa ipotesi non lo dicono esplicitamente. Ciò coltiva l’attenzione dei media, sempre pronti a cadere nella trappola, che a loro volta creano un circolo vizioso: più interesse del pubblico, ancor maggiore interesse dei media, e infine pressione perché i politici “facciano qualcosa”.
“E intanto i militari restano fermi sul no comment, perché è quello che fanno sempre. Le questioni militari sono considerate classificate per definizione, e non c’è nulla che li obblighi a dare chiarimenti”, dice West. Lui, alla fine, spera che il rapporto in uscita presenti quello che pensano persone serie che finalmente si decidano a fare un passo per chiarire che cosa sta e che cosa non sta succedendo.
“Mi attendo molte discussioni e molte informazioni sui problemi reali legati agli oggetti volanti non identificati. Ma non prevedo che gli appassionati degli UFO vi troveranno molto di soddisfacente”, dice West.
Aspettare e vedere
Una persona che intende “aspettare e vedere” il rapporto in arrivo è Ravi Kumar Kopparapu, planetologo ricercatore al Goddard Space Flight Center della NASA. La storia dello studio scientifico degli UAP negli Stati uniti non si limita agli spezzoni video recentemente resi noti, e questo deve metterci in guardia dalla tentazione di fare di tutta l’erba un fascio, dice. Per di più, la questione non riguarda i soli Stati Uniti e non si esaurisce con le osservazioni delle forze armate statunitensi.
“È possibile che non ci sia una spiegazione unica per tutte le osservazioni di questo tipo. Quello che vorrei suggerire è di non saltare subito alle conclusioni quando saranno resi pubblici i risultati del rapporto”, dice Kopparapu. “Il rapporto sarebbe estremamente utile se i dati che lo informano fossero resi pubblicamente disponibili in modo da permettere ad altri esperti e scienziati di guardarli e, si spera di arrivare a un’opinione scientifica condivisa sulla natura di alcuni degli eventi ancora inspiegati. Altrimenti, continueranno sempre a esserci teorie complottistiche che velano, e impediscono, un’appropriata indagine scientifica sui fenomeni UAP.”
Simile è l’atteggiamento di Mark Rodeghier, direttore scientifico del Center for UFO Studies, il quale dice che nelle future indagini scientifiche va data la massima priorità possibile al carattere aperto del lavoro. “Non sappiamo se quello degli UFO sia un problema di intelligence, dovuto a potenze straniere avversarie, ma dalla sua lunga storia sappiamo senz’altro che è assolutamente un problema scientifico che merita seria attenzione”, dice. “In un campo troppo a lungo ignorato, sminuito e ridicolizzato, il governo e la comunità scientifica devono mettersi a studiare gli UFO in modo trasparente e, soprattutto, con grande apertura mentale.”
Indagine scientifica cercasi
Avi Loeb, astrofisico della Harvard University, dice che la significatività del rapporto della Task Force UAP dipenderà dai dati che rivelerà, cosa che resta per al momento in gran parte ignota. “Ma concentrarsi così sulle segnalazioni passate è un errore”, dice. “Sarebbe prudente andare avanti con i nostri migliori strumenti, piuttosto che esaminare i resoconti del passato. Invece di puntare l’attenzione su documenti che riflettono tecnologie vecchie di decenni in mano a testimoni privi di competenze scientifiche, sarebbe assai meglio mettere in campo strumenti di registrazione allo stato dell’arte, come telecamere o sensori audio, nei siti da cui provenivano le osservazioni, e cercare segnali insoliti.”
Loeb va anzi un passo più in là, e dice di essere disposto a contribuire a dipanare la matassa della saga degli UAP/UFO. “Personalmente, sarei contento di guidare un’indagine scientifica sulla natura di queste segnalazioni e di consigliare il Congresso in base ai risultati”, dice. “La cosa potrebbe prendere la forma di una commissione nominata a livello federale o di una spedizione finanziata privatamente. La sua finalità più importante sarebbe quella di iniettare nel dibattito rigore scientifico e credibilità.”
La storia si ripete
Per alcuni studiosi di grande esperienza, come William Hartmann, ricercatore emerito al Planetary Science Institute di Tucson, in Arizona, il polverone che oggi si sta sollevando a proposito di un influente rapporto governativo sugli UFO è una conferma del fatto che, a lungo andare, il vecchio si ripresenta sempre come nuovo.
Hartmann è stato consulente fotografico e coautore del rapporto del progetto UFO dell’Università del Colorado intitolato Scientific Study of Unidentified Flying Objects. Finanziata dall’Aviazione militare degli Stati Uniti tra il 1966 e il 1968, l’indagine è stata diretta dal fisico Edward Condon, e ha avuto un effetto molto scoraggiante per la prosecuzione degli studi scientifici. Lo studio sistematico degli UFO, concludevano Condon e colleghi, semplicemente non è un campo in cui si possano fruttuosamente perseguire scoperte scientifiche di grande portata e “probabilmente non è giustificabile con l’aspettativa di far progredire la scienza”.
Riflettendo sul lavoro allora svolto per il progetto – detto anche Commissione Condon – Hartmann dice che nessuna delle prove fotografiche da lui esaminate permetteva di affermare che ci fosse qualcosa di straordinario nei fenomeni osservati. “Abbiamo dimostrato che alcuni [dei casi], come certe classiche foto che ancora vengono messe in giro, erano falsificate”, dice. “Questo fatto da solo rende estremamente difficile applicare vere e proprie tecniche scientifiche perché sappiamo che alcuni dati, non necessariamente tutti, fra quelli che ci sono trasmessi sono stati attentamente costruiti per ingannarci. Non è esattamente come nell’astronomia, in cui possiamo dare per certo che i fotoni che passano per il telescopio in cima al Mauna Kea, alle Hawaii, non sono stati messi lì da qualcuno che vuole burlarsi di noi.”
“Per dirlo in un altro modo: se uno pensa che potrebbe esserci una vera nave spaziale aliena in mezzo a un mucchio di foto che gli viene dato, ma sa che alcune di quelle foto sono state falsificate, diventa molto difficile dimostrare che una singola foto fra tutte dimostri che c’è stata una visita degli alieni”, dice Hartmann. “Io pretenderei di vedere svariate foto ben chiare o vari avvistamenti da parte di testimoni che non si conoscono fra loro, provenienti da più città diverse, con osservazioni da direzioni diverse, prima di entusiasmarmi in modo particolare.”
E aggiunge che dopo l’esperienza fatta nel lavoro della commissione non è mai riuscito a sfuggire alla “sensazione che nell’atmosfera potrebbero esserci dei fenomeni elettromagnetici che ancora non comprendiamo”.
La verità è là fuori
Sarah Scoles è l’autrice di un libro da poco pubblicato dal titolo They are already here: UFO culture and why we see saucers. Anche se ancora restano da vedere tutti i dettagli del rapporto, la sua sensazione è che non sarà tanto rivelatore come qualcuno spera che sia.
“In più occasioni, nel XX secolo, le forze armate hanno intrapreso studi sugli UFO, in larga misura con lo scopo di determinare se le cose che la gente stava vedendo rappresentassero un pericolo per la sicurezza nazionale”, dice Scoles. “E questo rapporto non sembra poter essere un nuovo punto di partenza, perché si tratta di una versione aggiornata al XXI secolo della stessa cosa.”
Detto questo, la sensazione di Scoles è che un’analisi priva di pregiudizi dei dati disponibili potrebbe far luce sulla reale frequenza delle osservazioni di fenomeni UAP, e forse sui caratteri e magari anche le identità degli avvistamenti. “Uno dei problemi delle ricerche sugli UFO/UAP è che spesso in termini di rigore non somigliano molto alla classica ricerca scientifica”, dice.
Il rapporto della task force potrebbe quantificare e analizzare una grossa fetta di dati, spera Scoles, partendo dal necessario retroterra di conoscenza delle dotazioni e capacità dei sensori, delle attuali capacità militari nazionali ed estere e così via. Se così fosse, sarebbe un gradito cambiamento rispetto ai precedenti studi di alto profilo, conclude.
Dove ci porta tutto questo? La verità, ovviamente, è da qualche parte là fuori, che compaia o meno fra le pagine del rapporto della Task Force UAP. Ma sembra che ci siano poche probabilità che il governo degli Stati Uniti la conosca, e tanto meno che venga a raccontarla a noi.
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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” l’8 giugno 2021. Traduzione di Alfredo Tutino, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)