I Paesi europei ad alto reddito sono quelli che inquinano più i mari: l’Italia la peggiore dopo la Turchia
Quasi tutti i rifiuti di plastica che arrivano in mare provengono da piccoli fiumi, torrenti e canali di scarico, non dai grandi fiumi
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Lo studio “Floating macrolitter leaked from Europe to the ocean”, pubblicato su Nature Sustainability da un team internazionale di ricercatori guidato dall’Universidad de Cádiz rivela che i Paesi europei scaricano in mare più di 600 milioni di macrorifiuti galleggianti (oggetti superiori a 2,5 cm) in un solo anno.
I ricercatori dell’università spagnola ricordano che «Attraverso i fiumi, le principali vie di ingresso per i rifiuti che vengono trasferiti dalla terra al mare, la plastica è diventata il principale materiale osservato che raggiunge gli oceani. Infatti, 8 oggetti su 10 sono fatti di plastica, comprese le plastiche monouso come bottiglie, contenitori (come gli involucri per alimenti) e borsine. Inoltre, quasi il 40% dei rifiuti galleggianti sono pezzi di plastica (frammenti di altri oggetti più grandi), il che significa che molti iniziano a frammentarsi nei bacini fluviali, prima di raggiungere il mare».
Lo studio dimostra che la Turchia, un Paese eurasiatico considerato ormai a reddito medio-alto, è il principale contribuente (17%) dell’emissione di plastica nei mari europei. Mentre è stato riscontrato che i Paesi ad alto reddito condividono il 64% del carico totale annuo di rifiuti scaricati in mare, con Italia (11%9, Regno Unito (8%), Spagna (8%) e Grecia (75) che sono i maggiori inquinatori del mare europeo dopo la Turchia.
Il principale autore dello studio, Daniel González del Departamento de Biología, Instituto Universitario de Investigación Marina dell’ Universidad de Cádiz, sottolinea che «I nostri risultati mostrano che i Paesi che presumibilmente hanno le migliori strategie di gestione dei rifiuti non sono in grado di impedire alla plastica di raggiungere i loro corsi d’acqua e mari. Questo si verifica in uno scenario in cui i Paesi ad alto reddito stanno alleviando la pressione sui loro sistemi di gestione esportando plastica in Paesi terzi».
Le misure per ridurre l’inquinamento da plastica si sono concentrate su articoli come cannucce, cotton fioc e agitatori per bevande, che sono relativamente facili da sostituire. Ma i ricercatori dicono che queste azioni, pur benvenute, non affrontano il problema più serio: la plastica degli imballaggi da cibo e bevande da asporto. Un tipo di plastica che viene spesso gettata via all’aperto, dopo essere stato utilizzato solo per un tempo molto breve, e alla quale dovrebbe essere data la priorità.
Dopo che nel 2017 la Cina ha proibito l’importazione di plastica, è stata proprio la Turchia a diventare una delle principali destinazioni per i rifiuti di plastica dei Paesi europei. Recentemente, diverse associazioni ambientaliste hanno denunciato che una parte significativa delle esportazioni di plastica del Regno Unito viene smaltita e bruciata in Turchia, invece di essere riciclata.
Mentre i Paesi ad alto reddito producono la maggior parte dei rifiuti di plastica pro capite, esportarli è un modo comune per smaltire rifiuti di plastica di bassa qualità. González. Sottolinea che «Data l’incapacità dei Paesi ricchi di gestire la loro plastica, le strategie dovrebbero mirare principalmente alla riduzione del consumo di plastica e alla riduzione della produzione di rifiuti».
In Europa, circa il 70% del carico di rifiuti rilasciato nell’oceano viene convogliato attraverso i numerosi “piccoli” bacini costieri (cioè bacini fluviali inferiori a 100 km2). Gli autori dello studio dicono che questo si verifica sulla base di due argomenti: «Innanzitutto, per i 32 Paesi europei ed eurasiatici presi in esame nello studio si considerano, per la prima volta, le immissioni di rifiuti provenienti da 23.000 di questi bacini di dimensioni limitate, collegati a piccoli fiumi, torrenti e torrenti intermittenti che vengono attivati dalle piogge. L’emissione di plastica dai bacini inferiori a 100 km2, molti dei quali densamente popolati, non era stata stata considerata nei modelli precedenti. Secondo, a differenza di quanto suggerito finora, le misurazioni effettuate mostrano come i grandi fiumi siano meno efficienti nel trasferire i rifiuti galleggianti nell’oceano rispetto ai piccoli bacini».
Un bel problema, visto che, anche in Italia, tutte le recenti iniziative si rivolgono a “fermare” la plastica che arriva dai grandi fiumi.
Lo studio si basa sul più grande database sui contributi di macrorifiuti galleggianti dei fiumi esistente fino ad oggi. Sono stati effettuati più di 700 campionamenti in 42 fiumi di 11 Paesi del continente europeo, dai grandi fiumi (come il Danubio, il Rodano, la Vistola e il Duero) ai piccolissimi torrenti. In Europa, i grandi fiumi sono fortemente regolati idraulicamente, il che altera il loro flusso naturale. I ricercatori spagnoli ricordano che «Il Danubio, ad esempio, ha più di 700 dighe e sfioratori sui suoi principali affluenti, rendendo difficile il trasporto di macrorifiuti a valle fino alla costa».
Lo studio ha anche evidenziato il problema dei rifiuti della pesca, come reti e cime di plastica, che sono il più grande problema in mare aperto. Reti e lenze abbandonate e scartate possono essere mortali per la fauna marina
Come dimostra il nuovo studio, al quale hanno partecipato scienziati di 28 diverse istituzioni, «La grande mobilità e persistenza dei rifiuti di plastica suggerisce di porre l’accento sull’evitare la fuga di questi materiali nell’ambiente».
La responsabile del team di ricerca, Carmen Morales dell’Universidad de Cádiz, ha detto a BBC News; «E’ stato scioccante scoprire che borse, bottiglie, contenitori per alimenti e posate insieme agli involucri rappresentano quasi la metà degli oggetti creati dall’uomo su scala globale. Li abbiamo trovati nei fiumi, sui fondali profondi, sulle coste e galleggianti al largo delle nostre coste».
I ricercatori suggeriscono tre possibili strategie per affrontare il problema: sostituisci la plastica per i cibi e le bevande da asporto con materiali più facilmente degradabili; Introdurre divieti normativi sulle plastiche che possono essere evitate, come i sacchetti e le borsine; prendi in considerazione schemi di deposito-rimborso per incoraggiare gli acquirenti a restituire i prodotti da asporto.
Gonzalez ha concluso: «E’ necessaria un’azione per incoraggiare i consumatori a ridurre il consumo di plastica. Dobbiamo agire dal punto di vista dei cittadini e anche dal lato politico».