Nel cuore delle stelle massicce
L’analisi delle oscillazioni di un gruppo di 24 stelle massicce registrate dalla sonda Kepler della Nasa ha permesso di indagare il mescolamento di elementi chimici che avviene al loro interno, che permette a questi astri di approvvigionarsi di nuovo combustibile dagli strati più esterni. I risultati dello studio mostrano un processo molto vario, senza una chiara dipendenza dalla massa o dall’età della stella
di Giuseppe Fiasconaro
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Un team di scienziati guidati dal Kavli Institute for Theoretical Physics dell’Università della California ha studiato i processi all’opera nel cuore delle stelle massicce. Gli astronomi si riferiscono comunemente a queste stelle come alle fabbriche chimiche dell’universo. A differenza di quelle di massa più piccola, sono infatti capaci di forgiare la stragrande maggioranza degli elementi di cui siamo costituiti e di rilasciarli successivamente nel cosmo attraverso le spettacolari esplosioni di supernova.
Come le stelle di piccola massa, queste stelle trascorrono la maggior parte della loro esistenza a fondere nei loro nuclei l’idrogeno in elio. Solo in queste ultime, tuttavia, si verifica un processo di mescolamento di materia che rimuove efficacemente l’elio dal nucleo rimpiazzandolo con l’idrogeno presente negli involucri esterni della stella. Ciò consente un continuo approvvigionamento di combustibile che permette a questi astri di produrre altri elementi della tavola periodica.
Gli astronomi ritengono che questo mescolamento sia prodotto da vari fenomeni fisici. La rotazione stellare, il movimento di una stella sul proprio asse di rotazione e le onde di pressione (onde ‘p’) nel plasma prodotte dai turbolenti moti convettivi – movimenti di materia generati dalla enorme quantità di energia rilasciata nel ciclo carbonio-azoto-ossigeno; una delle reazioni nucleari che avvengono all’interno delle stelle massicce – sono tra questi.
May Gade Pedersen, post-doc presso il Kavli Institute for Theoretical Physics, e i suoi colleghi hanno ora studiato questo processo di mescolamento interno di elementi chimici in un campione molto ampio di stelle. Lo hanno fatto attraverso l’astrosismologia, una tecnica che studia le oscillazioni stellari e la propagazione delle onde sismiche e che consente agli astronomi di indagare l’interno di una stella, proprio come i geologi sfruttano i terremoti per sondare le profondità della Terra. «Lo studio delle oscillazioni stellari sfida la nostra comprensione della struttura e dell’evoluzione stellare», dice Pedersen. «Queste oscillazioni ci consentono di sondare direttamente gli interni stellari e fare confronti con le previsioni dei nostri modelli».
Sebbene gli scienziati abbiano già utilizzato questa tecnica in passato, il suo utilizzo in questa ricerca segna la prima volta che essa è applicata per un gruppo così ampio di stelle contemporaneamente, spiegano i ricercatori.
Il gruppo di stelle in questione è un campione di 26 stelle di classe B, astri da tre a otto volte più massicce del Sole, che si espandono e si contraggono ritmicamente su scale temporali che vanno da 12 ore a 5 giorni. Stelle che, benché non esploderanno tutte come supernove, condividono la struttura interna con le ben più massicce stelle di classe O. Lo studio delle oscillazioni delle stelle di classe B permette dunque di far luce anche sul funzionamento interno di stelle di massa superiore.
Le oscillazioni, particolarmente sensibili alle condizioni vicino al nucleo stellare, sono state identificate dal telescopio Kepler della Nasa (dal 2018 in pensione), che ha osservato la stessa porzione di cielo per quattro anni consecutivi, un periodo abbastanza lungo di acquisizione dati che ha permesso di monitorare accuratamente le pulsazioni. Utilizzando questi dati, il team di ricercatori è stato in grado di trarre informazioni sul mescolamento di materia.
I risultati dello studio, pubblicato su Nature Astronomy, mostrano che il processo di mescolamento non dipende dalla massa o dall’età della stella. «Il mescolamento all’interno delle stelle è stato ora misurato da osservazioni e risulta essere vario nel nostro campione, con alcune stelle che non hanno quasi nessun segno di mescolamento mentre altre rivelano livelli un milione di volte superiori», spiega Pedersen. «La diversità di comportamento non risulta essere correlata alla massa o all’età della stella» continua la ricercatrice. «Piuttosto, è principalmente influenzata dalla rotazione interna, anche se questo non è l’unico fattore in gioco».
«Questi risultati astrosismici», aggiunge Pedersen, «consentono finalmente agli astronomi di migliorare la teoria del mescolamento interno di stelle massicce, che finora è rimasta non calibrata dalle osservazioni provenienti direttamente dalle loro profondità».
Il gruppo ha adesso in programma di utilizzare i dati del satellite della Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della Nasa per studiare le associazioni OB, gruppi che comprendono da 10 a più di 100 stelle con masse che arrivano fino a 120 volte quelle del Sole. Stelle nate dalla stessa nube molecolare e con età simili che offrono interessanti opportunità per studiare il mescolamento di elementi chimici nelle stelle di grande massa. «Le oscillazioni stellari non solo ci consentono di studiare il mescolamento interno e la rotazione delle stelle, ma permettono di determinare anche altre proprietà stellari, come massa ed età», conclude Pedersen. «Sebbene questi siano due dei più importanti parametri, sono anche alcuni dei più difficili da misurare».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “Internal mixing of rotating stars inferred from dipole gravity modes” di May G. Pedersen, Conny Aerts, Péter I. Pápics, Mathias Michielsen, Sarah Gebruers, Tamara M. Rogers, Geert Molenberghs, Siemen Burssens, Stefano Garcia e Dominic M. Bowman