L’eredità “al plutonio” dei test nucleari britannici in Australia (VIDEO)
Le particelle di plutonio provenienti dai test delle bombe sono più complesse di quanto si pensasse in precedenza
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In seguito alle 9 bombe nucleari testate dalla Gran Bretagna tra il 1955 e il 1963 in aree remote della South Australia come Maralinga, più di 100 kg di uranio (U) e plutonio (Pu) altamente tossici sono stati dispersi sotto forma di minuscole particelle radioattive “calde”. Gli scienziati dicono che queste particelle radioattive sono rimaste nel suolo fino ad oggi, più di 60 anni dopo i test nucleari. Ma finora si aveva una conoscenza limitata di come il Pu venisse rilasciato nell’ambiente da queste particelle “calde”, finendo per essere assorbito dalla fauna selvatica che vive nell’area di Maralinga.
Ma ora, il nuovo studio “The nature of Pu-bearing particles from the Maralinga nuclear testing site, Australia”, pubblicato su Scientific Reports e da un team di ricercatori australiani, britannici, statunitensi e sloveni guidato dalla Monash University, avverte che «Le particelle sono in realtà più complesse e varie di quanto si pensasse in precedenza. Ciò significa che anche i processi che rilasciano lentamente Pu nell’ambiente sono molto più complessi e vari».
La principale autrice dello studio, l’australiana Megan Cook della School of Earth, Atmosphere and Environment della Monash University, sottolinea che «Tra il 1953 e il 1963, gli inglesi fecero esplodere 9 bombe nucleari e condussero centinaia di test nucleari nell’entroterra della South Australia con la conseguente contaminazione radioattiva e il cover-up che continuano a perseguitarci».
Secondo un’altra autrice della ricerca, Vanessa Wong, anche lei della della Monash University, «I risultati del nostro studio cambiano profondamente la nostra comprensione della natura delle particelle calde a Maralinga, nonostante il fatto che quelle fossero alcune delle particelle meglio studiate in qualsiasi parte del mondo».
Per decifrare la composizione fisica e chimica delle particelle, il team di ricerca ha utilizzato il sincrotrone della Diamond Light Source di Oxford, nel Regno Unito. Alla Monash University hanno sezionato alcune delle particelle calde utilizzando un fascio di ioni di dimensioni nanometriche e hanno ulteriormente caratterizzato la complessa composizione di queste particelle fino a dimensione nanometrica con dettagli infinitesimali.
I ricercatori hanno così dimostrato che «La complessità delle particelle calde è derivata dal raffreddamento di fusioni polimetalliche a migliaia di gradi Celsius nella nube dell’esplosione durante la loro formazione».
L’autrice corrispondente, Barbara Etschmann della Monash University, spiega che «Abbiamo scoperto che le particelle contenevano composti di plutonio-uranio-carbonio a bassa valenza che sono tipicamente altamente reattive, tuttavia, erano stati stabilizzate nella matrice delle particelle calde per quasi 60 anni».
Solo tra il 1950 e il 1988 ci sono stati più di 230 incidenti con armi nucleari registrati, di cui almeno 10 con rilascio documentato di particelle radioattive nell’ambiente. Gli scienziati avvertono che «I rischi di tali incidenti stanno aumentando da quando sono stati cancellati trattati internazionali come l’Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty».
Con la sua suggestiva canzone Maralinga (pubblichiamo il video) il cantautore australiano Paul Kelly ha evidenziato la difficile situazione dell’entroterra dell’Australia meridionale dove si sono svolti i test nucleari britannici.
Un altro autore dello studio, Joël Brugger, conclude: «Comprendere il destino delle particelle calde nell’ambiente unico dell’outback australiano è fondamentale per proteggere l’Australia in caso di incidenti nucleari nella regione e per restituire tutta la terra ancestrale interessata dai test britannici ai proprietari tradizionali Anangu delle terre di Maralinga Tjarutja».