Dove vanno a cadere cenere e lapilli durante le eruzioni esplosive dell’Etna.
di Michele Prestifilippo e Simona Scollo
ingvvulcani.com
In questi giorni siamo tutti pronti a controllare il tremore vulcanico dal sito dell’INGV Osservatorio Etneo, in attesa di assistere ad un’altra spettacolare fontana di lava dell’Etna, sperando che questa volta la caduta delle ceneri vulcaniche e dei lapilli risparmi le abitazioni. Se è vero che l’Etna, per chi lavora all’Osservatorio Etneo, ha fatto dimenticare per un po’ le preoccupazioni relative all’emergenza COVID, e ha riacceso gli animi di tutti gli appassionati della nostra montagna, non si può negare che il deposito di ceneri e lapilli al suolo sta creando diversi disagi alla popolazione.
I rischi sono molteplici, a partire da quelli per esempio legati all’aviazione: le ceneri vulcaniche e i lapilli sono molto pericolosi perché non solo possono causare l’abrasione del parabrezza della cabina di pilotaggio ma, nel caso peggiore, possono causare lo spegnimento dei motori degli aerei. Le ceneri riducono la visibilità lungo le strade, irritano gli occhi e le vie respiratorie.
Una volta deposte al suolo le ceneri vulcaniche rimangono pericolose: la loro presenza riduce la tenuta di strada delle automobili e facilita gli incidenti stradali. Per tale motivo, infatti, ormai è una consuetudine il divieto di spostamento dei mezzi a due ruote e il limite di velocità di percorrenza degli autoveicoli a 30 km/h, da parte delle ordinanze dei sindaci. Inoltre la ricaduta dei frammenti di grandi dimensioni (maggiore di 5 cm) può avvenire anche in zone facilmente accessibili ai turisti, causando delle volte la rottura dei parabrezza delle auto e/o danni alle persone, escursionisti e guide.
I modelli di dispersione di ceneri vulcaniche e lapilli
Come fare per mitigare questi rischi? Attraverso modelli matematici è possibile simulare il trasporto delle ceneri vulcaniche e dei lapilli dal cratere fino a terra. Questi modelli hanno però bisogno di alcuni dati di input. Tra quelli più importanti ci sono l’altezza della colonna eruttiva, la massa eruttata e la distribuzione granulometrica dei frammenti vulcanici. I modelli, calibrati e validati su alcune eruzioni dell’Etna avvenute in passato, permettono di individuare, in prima approssimazione, l’area che sarà interessata dalla ricaduta al suolo e la distribuzione in atmosfera.
Scenari eruttivi
Anche quando l’Etna non è in eruzione, l’Osservatorio Etneo simula giornalmente due ipotetici scenari eruttivi, in modo da avere delle stime sempre pronte di quello che possiamo aspettarci nel momento in cui si verifica un nuovo evento eruttivo. Il primo scenario presuppone una colonna vulcanica ben alimentata e potente, alta fino a 12 km sul livello del mare (“Strong Plume Scenario”). Il secondo scenario è relativo invece ad un evento di dimensioni più ridotte, con una colonna fino a 6 km (“Weak Plume Scenario”).
La distribuzione della cenere in atmosfera dipende in larga misura dalla direzione e dall’intensità dei venti dominanti. I modelli di dispersione che usiamo giornalmente all’Osservatorio Etneo utilizzano le previsioni meteorologiche per ricavare la direzione e la velocità del vento alle diverse quote e nei diversi momenti della giornata. I risultati di queste simulazioni vengono automaticamente inviati al Dipartimento di Protezione Civile (DPC). In Figura 1 è mostrato il risultato della simulazione del giorno 12/03/2021 alle ore 09:00, con a fianco un’immagine della nube eruttiva dello stesso giorno.
Ricaduta dei frammenti di grosse dimensioni
Un altro modello numerico ci permette di valutare l’area che potrebbe essere raggiunta dai frammenti vulcanici di grosse dimensioni (diametro maggiore di 5 cm) (Figura 2). Anche queste simulazioni sono basate su scenari eruttivi ipotetici che sono simulati giornalmente all’Osservatorio Etneo e sono ad oggi visualizzate in Sala Operativa. Gli scenari di riferimento per queste simulazioni sono basati sulle eruzioni dell’11 Gennaio 2011 e del 23 Novembre 2013. Nella Figura 2 è mostrato un esempio dei risultati ottenuti durante l’evento parossistico del 12/03/2021.
Infine, all’interno del progetto VAMOS SEGURO, finanziato dal Programma Operativo Italia Malta 2007-2013, viene simulata giornalmente un’eruzione che perdura nel tempo (18 ore) la cui colonna eruttiva raggiunge un’altezza massima di 6.5 km.
Queste simulazioni sono facilmente accessibili a tutti, attraverso il sito dell’Osservatorio Etneo.
Verso le simulazioni in tempo quasi reale
Naturalmente, nessuna eruzione dell’Etna corrisponde esattamente agli scenari ipotetici che abbiamo descritto: ogni eruzione è diversa sia per intensità che per durata. Lo scenario simulato può quindi essere differente dall’eruzione in corso. Proprio per questo, negli ultimi tempi, l’INGV sta raffinando un sistema che simuli la dispersione e la ricaduta della cenere vulcanica e lapilli in tempo quasi reale, senza necessariamente rifarsi ad uno scenario precostituito, ma utilizzando i dati forniti dalle osservazioni del fenomeno in corso. Questo tipo di approccio è possibile solo attraverso un monitoraggio costante dei principali parametri che caratterizzano l’eruzione, che sono utilizzati dai modelli e che maggiormente influenzano il fenomeno di dispersione delle ceneri e dei lapilli.
Tra quelli più semplici da misurare, c’è sicuramente l’altezza della colonna eruttiva. La quota raggiunta dalla nube vulcanica è un dato particolarmente importante e con rilevanti conseguenze per il traffico aereo. L’Osservatorio Etneo misura questo dato attraverso l’utilizzo di telecamere visibili calibrate e dati satellitari. La quota raggiunta della nube eruttiva, così come la sua direzione di propagazione, viene inserita anche all’interno dei VONA (Volcano Observatory Notice for Aviation), che sono messaggi sintetici e codificati, in lingua inglese, prodotti dagli osservatori vulcanologici di tutto il mondo a tutela dell’aviazione. Ogni volta che le condizioni eruttive cambiano in modo significativo viene emesso un nuovo VONA.
Oggi, per ottenere una simulazione più precisa, i dati di input dei modelli sono inseriti dopo la fine dell’evento eruttivo. Forse un giorno, non molto lontano, riusciremo ad inserire questi dati direttamente, in modo automatico, all’interno dei modelli senza (o quasi) l’intervento umano.