Perché è importante mantenere il riscaldamento globale sotto 1.5°C
L’Accordo di Parigi del 2015 ha come obiettivo quello di mantenere l’innalzamento della temperatura media globale del nostro pianeta sotto i 2°C. In particolare ha lo scopo di guidare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale sotto 1.5°C rispetto i livelli preindustriali. Sembrano valori di temperatura di piccola entità, eppure realizzare l’obiettivo significa limitare i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici.
di I. Hunstad
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Il dato di fatto secondo cui molti ghiacciai stanno fondendo a ritmi che non hanno precedenti è noto a tutti. Nonostante questo, soprattutto al di fuori della comunità scientifica, c’è ancora chi preferisce negare l’evidenza. Ne è un esempio il fatto che non tutte le Nazioni hanno adottato l’accordo di Parigi del dicembre 2015, il cui obiettivo centrale include il proseguimento degli sforzi per mantenere il riscaldamento globale sotto 1.5°C. Per questo motivo è doveroso, soprattutto da parte degli scienziati, confermare instancabilmente sulla base di dati, che il cambiamento climatico esiste e rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e il pianeta.
In particolare grande attenzione deve essere rivolta alla fusione dei ghiacci. Le parti ghiacciate del pianeta (la criosfera) infatti hanno un ruolo fondamentale nel regolare il clima. Questa enorme massa di ghiaccio regola il bilancio termico della Terra e gran parte della circolazione oceanica. Influenza il clima di tutta la Terra grazie al candore della superficie che riflette quasi completamente i raggi solari verso lo spazio (albedo > 80 %) con un trascurabile apporto di calore.
I segnali di cambiamento della criosfera
La criosfera è costituita dalle regioni sulla superficie della Terra dove l’acqua si presenta in forma solida (ghiaccio marino e di acqua dolce, manto nevoso, permafrost). I suoi cambiamenti influenzano la vita di milioni di persone e di molti ecosistemi direttamente e indirettamente. La neve stagionale e quella perenne coprono circa 45 milioni di kmq. I ghiacciai e le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide coprono 15 milioni di kmq. Insieme coprono circa il 40% della superficie terrestre.
Una delle conseguenze del riscaldamento globale che stiamo osservando è quello che gli scienziati chiamano “amplificazione artica” o amplificazione polare. Il fenomeno è ben visibile nella figura seguente in cui vengono riportate le variazioni di temperatura calcolate sul periodo 2006-2015 rispetto ai valori preindustriali. Come è evidente le regioni soggette ad un riscaldamento maggiore rispetto ad ogni altra parte del pianeta sono proprio quelle che contengono la maggior quantità di ghiaccio.
Il livello del mare aumenta
La fusione dei ghiacciai e delle due calotte glaciali in Groenlandia e in Antartide contribuisce per più della metà all’innalzamento del livello marino attualmente misurato.
L’altra metà è causata dall’espansione termica perché l’oceano, come tutti i fluidi, scaldandosi si espande. Questo fenomeno rappresenta un problema per tutte le persone che risiedono lungo le coste anche se vivono molto lontano dall’Artico. E’ quindi questo un problema che riguarda tutti.
L’International Panel on Climate Change (IPCC) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Le stime dell’IPCC sull’innalzamento del livello medio del mare affermano che questo aumenterà di circa 1 metro entro il 2100. Questo nell’ipotesi secondo cui l’umanità continui ad emettere gas a effetto serra ai ritmi attuali.
Per capire la portata del problema, se la calotta glaciale Antartica fondesse completamente l’oceano si innalzerebbe di circa 60 m, mandando sotto l’acqua le città costiere di tutto il pianeta. Questa animazione, creata da Alex Kuzoian per Business Insider, mostra efficacemente cosa succederebbe se tutto il ghiaccio terrestre fondesse. Città come Venezia, Londra, Miami, Calcutta, Shangai sparirebbero ingoiate dall’acqua.
Cambiamento climatico indotto
Quando si parla di cambiamenti climatici, spesso si sente utilizzare il termine punto di non ritorno per riferirsi a quella situazione che renderebbe questi fenomeni irreversibili, ma questo non è il termine utilizzato in ambito scientifico. Gli scienziati del IPCC hanno infatti introdotto il termine cambiamento climatico indotto. Questa espressione sta ad indicare che il riscaldamento dovuto alle emissioni antropogeniche dal periodo preindustriale ad oggi ha indotto una variazione nel clima che comunque persisterà per un periodo lungo (secoli) e continuerà a influenzare il sistema climatico.
La causa del cambiamento climatico indotto sta nell’inerzia termica dell’oceano e nei lenti processi sia nella criosfera che sulla superficie terrestre. Per questo il clima continuerà a cambiare anche se da questo momento in poi l’umanità fosse capace di mantenere le emissioni di gas serra nell’atmosfera al livello odierno. In un certo senso è il prezzo da pagare per i danni fatti nel secolo e nei decenni passati.
Quale futuro?
Partendo da questi presupposti, per quanto riguarda il futuro, l’IPCC studia diversi scenari di impatto sulla vita del pianeta legati a quanto gas serra l’umanità deciderà di immettere ancora nell’atmosfera, da oggi in poi. Il primo scenario prevede nessuna mitigazione della produzione di gas serra, con una crescita delle emissioni agli stessi ritmi attuali (RCP8.5). Un secondo scenario è quello in cui c’è invece una forte mitigazione e si suppone che vengano messe in atto iniziative di controllo sulle emissioni (RCP4.5).
Gli studi fatti dal IPCC dicono che le attività umane hanno già causato un riscaldamento globale di circa 1.0°C rispetto ai livelli preindustriali. Se l’immissione di gas serra in atmosfera dovesse continuare al tasso attuale (scenario RCP8.5) è probabile che non riusciremo a mantenere il riscaldamento globale sotto 1.5°C e che raggiungeremo il valore limite già tra il 2030 e il 2052.
Se questo avvenisse le manifestazioni del cambiamento climatico, già evidenti negli eventi meteorologici e climatici, diventerebbero sempre più estremi così come aumenterebbe ulteriormente il livello del mare.
È chiaro che i rischi legati al clima per i sistemi naturali e umani dipendono dall’entità e dalla rapidità del riscaldamento, dalla localizzazione geografica, dai livelli di sviluppo e vulnerabilità e dalle scelte di adattamento e mitigazione percorse dai governi.
Perché è necessario e persino vitale tenere il riscaldamento globale al di sotto di 1.5°C?
Perché per variazioni di temperatura inferiori a 1.5° C l’adattamento sarebbe meno difficile e la possibilità di sopravvivenza di specie a rischio aumenterebbe. Il nostro mondo subirebbe impatti meno negativi sull’intensità e la frequenza degli eventi estremi, sulle risorse, sugli ecosistemi, sulla biodiversità, sulla sicurezza alimentare, sulle città, sul turismo e sulla rimozione del carbonio.
La relazione speciale dell’IPCC del 2020 sull’oceano e la criosfera afferma che il cambiamento climatico causerà fino all’80% di perdita di ghiacciai in alcune regioni entro il 2100.
I livelli di anidride carbonica sono molto più alti di quanto non siano stati sul pianeta Terra nell’ultimo milione di anni. Questo significa che il nostro clima è in una fase di cui non abbiamo alcuna esperienza storica per costruire statistiche solide su eventi estremi. Quindi, dobbiamo monitorare con grande accuratezza quello che sta succedendo ora per poi modellare meglio gli scenari futuri.
A questo scopo l’Unione Europea ha lanciato una flotta di satelliti con il programma Copernicus chiamati Sentinel. Queste costellazioni satellitari aiutano a sviluppare modelli e L’ARTICOLO CONTINUA QUI