‘Oumuamua è un frammento di un pianeta nano?
C’è chi ci ha visto una navicella aliena e chi una cometa interstellare: un nuovo studio ha mostrato come in realtà ‘Oumuamua potrebbe essere un frammento di un corpo planetario extrasolare simile a Plutone. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Geophysical Research: Planets
di Luca Nardi
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Era il 2017 quando l’osservatorio hawaiiano Pan-Starrs scovò 1I/2017 U1, il primo oggetto interstellare scoperto all’interno del nostro sistema planetario. Un oggetto dalla forma piatta che correva a 87,3 chilometri al secondo dopo aver passato il punto più vicino al Sole della sua orbita. Già a quel tempo la sua traiettoria iperbolica lo stava conducendo all’esterno del Sistema solare, dal quale si allontanerà senza far più ritorno. L’oggetto venne poi nominato ‘Oumuamua, parola hawaiiana che significa “messaggero che viene da lontano”
Fin dall’inizio non è stato del tutto chiaro di che tipo di oggetto si trattasse. ‘Oumuamua ha infatti alcune caratteristiche simili alle comete e altre simili agli asteroidi: per esempio non ha una chioma, ma durante il perielio ha ricevuto un’accelerazione non-gravitazionale come quella che ottengono le comete quando espellono gas dalla loro superficie. Nonostante inizialmente si sia stimata una forma allungata a sigaro, successive analisi hanno mostrato come ‘Oumuamua sia più che altro un tozzo pancake rotolante. Probabilmente non doveva essere così piatto quando è entrato nel Sistema solare: per ottenere la spinta osservata, l’oggetto interstellare deve aver perso fino al 95 per cento della sua massa durante l’incontro ravvicinato con il Sole.
Una coppia di studi pubblicati su Jgr Planets da Alan Jackson e Steven Desch dell’università dell’Arizona sembra ora suggerire che ‘Oumuamua non sia né un asteroide né una cometa ma un frammento di un corpo planetario simile a Plutone. Si sarebbe quindi formato nell’equivalente extrasolare della Fascia di Kuiper, quella regione ricca di corpi planetari ghiacciati che da noi si trova oltre l’orbita di Nettuno. Il suggerimento viene dalla sua composizione: l’oggetto interstellare poteva infatti essere fatto perlopiù di azoto solido, come la superficie di Plutone o di Tritone, e potrebbe essere stato strappato dalla superficie del corpo planetario cui apparteneva circa mezzo miliardo di anni fa. Se così fosse, ogni aspetto della sua orbita e della sua struttura avrebbe una spiegazione: la forma schiacciata e la bassa densità, la spinta non-gravitazionale, la perdita di materiale, i conti quadrerebbero lasciando sempre meno spazio a ipotesi inusuali come quella della navicella aliena.
«Questa ricerca è eccitante perché abbiamo probabilmente risolto il mistero di cosa sia ‘Oumuamua», dice Steven Desch, «e questo significa anche che abbiamo per la prima volta osservato un frammento di un pianeta simile a Plutone in un altro sistema solare». Nonostante la grande evoluzione delle tecniche e delle tecnologie per la scoperta di pianeti extrasolari, non abbiamo infatti ancora la possibilità di osservare oggetti piccoli come i pianeti nani orbitanti attorno ad altre stelle, quindi il fatto che un frammento di uno di loro ci abbia fatto visita è un bel vantaggio per lo studio dei sistemi planetari.
Per saperne di più:
- Leggi su Jgr Planets l’articolo “1I/‘Oumuamua as an N2 ice fragment of an exo‐Pluto surface: I. Size and Compositional Constraints”, di A. Jackson e S. Desch
- Leggi su Jgr Planets l’articolo “1I/‘Oumuamua as an N2 ice fragment of an exo‐pluto surface II: Generation of N2 ice fragments and the origin of ‘Oumuamua”, di S. Desch e A. Jackson