Scoperte, per caso, forme di vita estrema sotto la banchisa antartica (VIDEO)
Molto al di sotto le banchise di ghiaccio dell’Antartide, c’è vita stabile e non prevista
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Durante un’indagine esplorativa in Antartide, un team di ricercatori britannici, irlandesi, australiani, neozelandesi e statunitensi guidato dal British Antarctic Survey (BAS) ha trivellato in profondità 900 metri di ghiaccio nella banchisa di Filchner-Ronne, nel mare di Weddell sud-orientale, a una distanza di 260 km dall’oceano aperto, raggiungendo il mare in completa oscurità e con temperature di -2,2° C. Si tratta di condizioni estrene nelle quali finora erano stati osservati pochissimi animali. Ma il nuovo studio “Breaking All the Rules: The First Recorded Hard Substrate Sessile Benthic Community Far Beneath an Antarctic Ice Shelf” pubblicato su Frontiers in Marine Science dal team di ricerca sui risultati delle indagini sotto la banchisa di Filchner-Ronneè il primo a scoprire l’esistenza di animali stanziali – come spugne e potenzialmente diverse specie precedentemente sconosciute – attaccati a un masso sul fondo del mare».
Il principale autore dello studio, Huw Griffiths del British Antarctic Survey, sottolinea che «Questa scoperta è uno di quei fortunati incidenti che spinge le idee in una direzione diversa e ci mostra che la vita marina antartica è incredibilmente speciale e straordinariamente adattata a un mondo ghiacciato. La nostra scoperta solleva molte più domande che risposte, ad esempio come ci sono arrivate? Cosa stanno mangiando? Da quanto tempo sono lì? Quanto sono comuni questi massi ricoperti di vita? Sono le stesse specie che vediamo fuori dalla banchisa di ghiaccio o sono nuove specie? E cosa accadrebbe a queste comunità se la piattaforma di ghiaccio collassasse?»
Le banchise di ghiaccio galleggianti rappresentano il più grande habitat inesplorato dell’Oceano Antartico: coprono più di 1,5 milioni di km2 della piattaforma continentale antartica ma, attraverso 8 trivellazioni precedenti, ne è stata studiata una superficie grande quanto un campo da tennis. Al BAs ricordano che «Le attuali teorie sulla vita che potrebbe sopravvivere sotto le piattaforme di ghiaccio suggeriscono che tutta la vita diventa meno abbondante man mano che ci si allontana dall’acqua aperta e dalla luce solare». Studi precedenti hanno trovato in questi habitat alcuni piccoli spazzini mobili e predatori, come pesci, vermi, meduse o krill. Ma, addentrandosi ancora di più all’interno sotto la banchisa glaciale, gli organismi filtratori – che dipendono dal rifornimento di cibo che viene dalla superficie marina – avrebbero dovuto essere tra i primi a scomparire. Quindi, quando il team di geologi ha trivellato il ghiaccio per raccogliere campioni di sedimenti, colpendo una roccia invece del fango sul fondo dell’oceano sottostante, i ricercatori si sono trovati di fronte a qualcosa di inaspettato. James Smith, un geologo del BAS che ha fatto parte del team di trivellazione, spiega: « Ci aspettavamo di recuperare un nucleo di sedimenti da sotto la piattaforma di ghiaccio, quindi è stata una sorpresa quando abbiamo colpito il masso e abbiamo visto dal filmato che c’erano animali che ci vivevano sopra».
Si tratta della prima registrazione in assoluto di una comunità di substrato duro che vive in profondità sotto una banchisa di ghiaccio ed è qualcosa che sembra andare contro tutte le teorie precedenti su quali tipi di vita potrebbero sopravvivere in questo tipo di habitat. Date le correnti d’acqua nella regione, i ricercatori calcolano che «Questa comunità potrebbe trovarsi fino a 1.500 km a monte della fonte di fotosintesi più vicina».
E’ noto che ci sono degli organismi marini che raccolgono sostanze nutritive dalle fusioni glaciali o sostanze chimiche dalle emissioni di metano dal fondale marino, ma i ricercatori non ne sapranno di più su questi organismi finché non avranno gli strumenti per raccogliere campioni, il che rappresenta già una sfida significativa in sé.
Secondo Griffiths, «Per rispondere alle nostre domande dovremo trovare un modo per avvicinarci a questi animali e al loro ambiente – e questo è sotto i 900 metri di ghiaccio, a 260 km di distanza dalle navi dove si trovano i nostri laboratori. Questo significa che come scienziati polari dovremo trovare modi nuovi e innovativi per studiarli e rispondere a tutte le nuove domande che abbiamo».
Il team internazionale di scienziati conclude facendo notare che «Inoltre, con il cambiamento climatico e il collasso di queste piattaforme di ghiaccio, sta scadendo il tempo per studiare e proteggere questi ecosistemi».