Le spiagge di Israele invase da una marea nera di catrame: “il più grave disastro ecologico degli ultimi anni”

0

Le spiagge di Israele invase da una marea nera di catrame: “il più grave disastro ecologico degli ultimi anni”

Gravi danni all’ambiente marino e costiero israeliano: morti numerosi uccelli, pesci e tartarughe marine
www.greenreport.it

Il danno ambientale causato dal gigantesco spiaggiamento di catrame che dal 17 febbraio interessa circa 170 km della costa israeliana sembra essere ingentissimo.  La Israel Nature and Parks Authority lo ha definito «Il più grave disastro ecologico degli ultimi anni, e vedremo altre sue conseguenze». L’authority ambientale israeliana sta valutando i danni e le loro conseguenze, «Per capire le esigenze e determinare le priorità per il trattamento del pericolo. Purtroppo nel fine settimana abbiamo appreso che i problemi sul campo sono tanti, e dureranno a lungo. L’ evento non è ancora finito e il catrame continua ad arrivare sulle coste. Su 190 km di spiaggia in Israele, 170 km sono stati colpiti dal disastro ecologico, da Rosh Hanikra a Zikim. Le riserve naturali colpite dalla marea nera sono: Shakmona, Habonim, Rosh Hanikra, Tel Dor, Palmachim, Nitzanim, Zik Gedor, Hasharon Beach». Il catrame viene segnalato anche su alcune spiagge del sud del Libano.

Secondo  The Jerusalem Post , il primo ministro israeliano  Benjamin Netanyahu ha annunciato che il suo governo discuterà al più presto quanto investire per la pulizia delle spiagge e ha detto di essersi messo in contatto con il governo dell’Egitto per promuovere nuove norme per combattere l’inquinamento navale.

Dopo aver visitato il 21 febbraio l’area colpita insieme alla ministro dell’ambiente  Gila Gamliel, Netanyahu si è detto  «Molto colpito dallo spirito civico dei cittadini che sono venuti a pulire le spiagge, rappresentano un esempio e un modello. Dobbiamo proteggere le nostre spiagge, il nostro Paese, il nostro ambiente».

Ma la Israel Nature and Parks Authority  ha avvertito i volontari: «Per la complessità della missione e per la paura che il materiale possa essere dannoso per la salute, torniamo a chiedere di non agire autonomamente e, assolutamente, di non andare in spiaggia con bambini e animali. Siamo pronti a ricevere il vostro aiuto, ma se lo farete in modo tale da garantire la vostra salute e se la vostra condotta sarà conforme alle direttive dei professionisti: dove è urgente trattare, come prelevare al meglio il catrame, e soprattutto come e dove intervenire in modo che l’inquinamento non si diffonda». Le spiagge israeliane sono state tutte chiuse alla balneazione per permettere le operazioni di bonifica da parte di tecnici, soldati e volontari.

Il catrame vischioso proviene però da una fonte ancora sconosciuta e il 20 febbraio è arrivata sulla costa israeliane una vera e propria marea nera, peggiorando drammaticamente una situazione già difficile.

Le autorità israeliane ritengono che probabilmente quello che sta avvenendo sia colpa di una petroliera transitata di fronte alle coste del Paese. La Gamliel ha assicurato che «Israele sta facendo di tutto per localizzare la nave. Il nostro dovere morale nei confronti dell’opinione pubblica e dell’ambiente è individuare i responsabili dell’evento. Il nostro obiettivo è aprire la stagione balneare in tempo. Dobbiamo guardare al futuro: questo episodio e altri incidenti in tutto il mondo ci insegnano quanto sia necessario sbarazzarsi di combustibili inquinanti e passare alle energie rinnovabili». Non male per un Paese che sta contendendosi ferocemente con i Paesi vicini – a partire da Libano, Turchia e Palestina – i confini marini per sfruttare le risorse di idrocarburi nel Mediterraneo orientale.

La Gamliel  ha evidenziato che «Questo è un rischio di una portata che non vedevamo da anni. Stiamo facendo di tutto per trovare i responsabili della distruzione e ci stiamo preparando per il difficile e lungo compito di bonificare le spiagge e prevenire ulteriori lesioni agli animali. Lo sversamento è uno straziante crimine contro l’ambiente e l’ecosistema. Ho ordinato che la cura degli animali lesionati sia la massima priorità della risposta».

In un’intervista concessa il 21 febbraio a The Jerusalem Post,  Colin Price, della Porter School of environmental studies dell’università di Tel Aviv, ha detto: «Penso che la tempesta che abbiamo avuto pochi giorni fa abbia amplificato l’effetto che vediamo oggi sulle spiagge. I forti venti e le onde enormi sono riusciti a spingere tutto il catrame e il petrolio sulle spiagge. Senza la tempesta, avrebbe potuto essere meno dannoso e una parte maggiore della fuoriuscita potrebbe essere rimasta in mare. Mentre i danni a breve termine sono già evidenti e includono l’impatto diretto su tartarughe marine, uccelli, pesci e spiagge, a lungo termine, il danno potrebbe essere meno evidente. Potrebbero volerci anni per tornare alla normalità. Molti animali e piante rischiano di essere colpiti, lungo le dune delle spiagge, così come negli stagni di acqua bassa».

Edo Bar-Zeev, un microbiologo ambientale dell’università Ben-Gurion,  è molto preoccupato: «In termini di ecologia acquatica, credo che le immagini che stiamo vedendo siano abbastanza evidenti. E’ orribile per la vita marina. Continueremo a trovare questa sostanza sulle spiagge israeliane per un bel po’, e il catrame continuerà a rilasciare il carbonio che contiene nell’oceano».

Tra le vittime della n marea nera si contano molte tartarughe marine, pesci e uccelli, mentre la balenottera comune di 17 metri trovata spiaggiata  nel sud di Israele, visto lo stato di decomposizione,  sarebbe morta prarecchi giorni prima dell’incidente petrolifero.

Yaniv Levy, direttore del National Sea Turtle Rescue Center dell’Israel Nature and Parks Authority, ha detto al Washington Post  che «Senza cure, nessuna delle tartarughe ce l’avrebbe fatta. Sono arrivate con il catrame su tutta la testa e su gran parte del corpo. Hanno il catrame negli occhi, nella bocca, nelle narici e nel sistema digerente. Siamo stati in grado di rimuoverne il 99%».

Mentre i rischi per la salute pubblica sono ancora in fase di valutazione, Bar-Zeev ha però assicurato che «La situazione non dovrebbe influire sull’acqua potabile prodotta dagli impianti di desalinizzazione che operano lungo la costa israeliana. Non prevedo, in ogni caso, che la sostanza oleosa passerà nella nostra acqua potabile. Il procedimento di osmosi inversa impiegato per desalinizzare l’acqua di mare filtra quasi tutto. Tuttavia, lo sversamento potrebbe ancora causare problemi operativi agli impianti. In molti casi, l’inquinamento organico diffuso nell’acqua blocca il sistema di desalinizzazione. Questo potrebbe quindi diventare un problema, ma ancora una volta, non è un problema di salute».

Intanto il ministero della protezione dell’ambiente (MoEP) israeliano ha dovuto smentire di aver ricevuto in anticipo un avvertimento su una fuoriuscita di petrolio avvenuta a circa 50 Km dalle sue coste, al di fuori delle acque territoriali israeliane. E quindi ha confermato che «Non avevamo alcuna conoscenza preliminare del disastro del catrame che ha rovinato le spiagge israeliane da quando il catrame ha iniziato a spiaggiarsi il 17 febbraio. Nessun altro Paese del Medio Oriente ha ricevuto alcun avvertimento».

Il ministero della protezione ambientale ricorda che «Israele è parte della Convenzione di Barcellona, ​​secondo la quale i Paesi e le navi sono obbligati a segnalare qualsiasi evento insolito a tutti gli organismi competenti. Pertanto, Israele avrebbe dovuto essere informato della perdita di petrolio quando si è verificata. Anche ad oggi, tuttavia, tale rapporto non è pervenuto alle autorità israeliane. Una volta che il MoEP ha calcolato le possibili date in cui si è verificata la perdita di petrolio, secondo la direzione e l’intensità della fuoriuscita, ha contattato il Regional Marine Pollution Emergency Response Center (REMPEC), che aiuta gli stati del Mediterraneo in merito alle convenzioni marittime internazionali relative alla prevenzione e risposta all’inquinamento provocato dalle navi. Ha chiesto a REMPEC e all’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) di utilizzare sistemi satellitari per aiutarla a identificare la nave all’origine della fuoriuscita. Gli europei hanno identificato diverse possibili località da cui proveniva il petrolio e il MoEP ha utilizzato tali informazioni per identificare 10 navi come potenziali sospette. Attualmente sta lavorando per trovare chi è responsabile del disastro e agirà contro quella persona o quelle persone. Delle 10 navi sospette, due hanno effettivamente attraccato al porto di Ashdod. Gli ispettori MoEP hanno effettuato un’ispezione a sorpresa su una delle navi che si trovava ancora ad Ashdod, ma è stata esclusa come possibile fonte. Il MoEP è in contatto con organismi internazionali. Una volta identificata la nave responsabile, contatterà le autorità competenti e intraprenderà azioni legali».

Share.

Leave A Reply